Il 16 aprile fonti di stampa hanno riportato la notizia secondo cui i vertici militari italiani si sarebbero risentiti a causa della direttiva emanata il giorno precedente dal ministero dell’Interno e che riguarda la nave Mare Jonio, della Ong Mediterranea.
Il problema, che ha spinto gli ambienti della Difesa a parlare di "ingerenze", starebbe nel fatto che la direttiva del Viminale - in cui in sostanza si intima di far rispettare alla Mare Jonio gli ordini delle autorità italiane - è stata indirizzata, oltre che alle forze di polizia che dipendono dal Ministero dell’Interno, anche alle forze armate che dipendono dal Ministero della Difesa.
Salvini ha risposto alle polemiche dichiarando, il 16 aprile sera: "Siamo tranquillissimi perché il Viminale è la massima autorità per la sicurezza interna. Quindi la direttiva sui porti è doverosa, oltre che legittima".
Verifichiamo dunque qual è la situazione, a chi è stata inviata la direttiva e se il Ministero dell’Interno ha in qualche modo travalicato le proprie prerogative.
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A chi è indirizzata la direttiva?
Vediamo i destinatari della direttiva (il cui testo è disponibile qui). Questa è stata indirizzata ai vertici della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della Marina militare, della Guardia costiera "e, per conoscenza, al Capo di Stato Maggiore della Difesa".
Come spiega il sito dei Carabinieri: "Le funzioni di mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica risalgono unitariamente alla responsabilità esclusiva del Ministro dell’Interno, quale Autorità nazionale di pubblica sicurezza". Il Ministero dell’Interno in particolare coordina i compiti e le attività delle forze di polizia.
Queste, sempre secondo quanto riporta l’Arma dei Carabinieri, sono: "La Polizia di stato, struttura civile ad ordinamento speciale, dipendente organicamente dal Ministero dell’Interno; l’Arma dei Carabinieri; il Corpo della Guardia di Finanza, struttura militare dipendente dal Ministero dell’Economia e delle Finanza".
Dunque, non dipendono dal Viminale, ma sono comunque state oggetto della direttiva in questione, la Marina militare - che dipende dal Ministero della Difesa -, la Guardia costiera - che è un corpo specialistico della Marina militare ma dipende dal Ministero dei Trasporti -, e il Capo di Stato maggiore, carica ricoperta dal generale Enzo Vecciarelli dal 6 novembre 2018. A quest’ultimo però la direttiva è stata inviata "per conoscenza".
Ma si è trattato dunque di uno sconfinamento da parte di Salvini?
Le norme del testo unico sull’immigrazione
Come fatto trapelare da fonti del Viminale citate dalla stampa, la scelta di Salvini di dare ordini anche alla Marina militare e alla Guardia costiera sarebbe coperta da alcune disposizioni del Testo unico sull’immigrazione (d.lgs. 286/1998). In particolare gli articoli 11 e 12.
Il Testo unico stabilisce infatti che "Il Ministro dell’Interno (...) emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana" (art. 11, co. 1 bis).
Dunque Salvini aveva in effetti la facoltà di emanare direttive per coordinare i controlli sulla frontiera marittima.
La stessa legge prevede anche che "Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis" (art. 12, co. 9 ter). Cioè per fermare, ispezionare ed eventualmente sequestrare navi "di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti".
Quindi, ricapitolando, sembrerebbe che Salvini abbia esercitato una facoltà che gli è concessa dalla legge (emanare direttive per il controllo della frontiera marittima) per chiedere alla Marina militare di svolgere un compito legittimo.
Ma allora perché ha suscitato una reazione così piccata da parte degli ambienti della Difesa?
Il parere dell’esperto
Abbiamo provato a contattare il Ministero guidato da Elisabetta Trenta per avere chiarimenti, ma senza fortuna. Abbiamo allora chiesto un parere a un esperto di diritto marittimo, l’ammiraglio Fabio Caffio.
"Il ministro dell’Interno ha agito legittimamente, quello che c’è scritto nella direttiva è inconfutabile", spiega Caffio. "Il problema è probabilmente la forma, la direttiva aveva uno stile troppo impositivo considerato che era rivolta anche ai vertici della Difesa. Penso - conclude l’ammiraglio - che, banalmente, sia necessario che le autorità di vertice dei vari ministeri coinvolti si parlino e si coordinino meglio. Ma siamo comunque di fronte a una tempesta in un bicchier d’acqua".
Conclusione
Dai documenti in nostro possesso, e in base alla legge, non risulta una violazione delle prerogative altrui da parte del ministro Salvini. L’esperto da noi sentito, l’ammiraglio Caffio, concorda su questa interpretazione.
Non abbiamo però potuto approfondire ulteriormente le ragioni del malcontento degli ambienti della Difesa, se siano eventualmente giustificate da altre norme o circolari che possono esserci sfuggite. Restiamo quindi a disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento, precisazione o integrazione che vorranno inviarci dal Ministero di via XX Settembre.
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