Il 26 dicembre si è giocata la partita di campionato Inter-Napoli nello stadio di San Siro, a Milano. I padroni di casa hanno vinto 1-0, con un goal di Lautaro nei minuti di recupero. La squadra ospite era rimasta in inferiorità numerica a causa dell’espulsione del difensore senegalese Kalidou Koulibaly, a più riprese bersaglio di cori razzisti da parte di settori della tifoseria interista.
Koulibaly è stato espulso per doppia ammonizione. La Gazzetta dello Sport riporta così l’accaduto: “Il gigante della difesa napoletana ferma Politano (beccandosi il giallo) e poi viene sommerso dai ‘buuuu’ della curva Nord. Il franco-senegalese reagisce con un applauso, non chiaro se rivolto a Mazzoleni [il direttore di gara, n.d.R.] per il giallo o al pubblico per i cori razzisti. E l’arbitro lo espelle”.
L’allenatore del Napoli, Carlo Ancelotti, ha commentato i cori razzisti e l’episodio dell’espulsione al termine della partita dichiarando: “Abbiamo chiesto alla procura federale la sospensione [della partita, n.d.R.] per tre volte, tre volte hanno fatto gli annunci, e dopo è chiaro che il giocatore non era lucidissimo”.
Rispondendo poi a una domanda se allora non ci sia una soluzione di fronte a questi cori, Ancelotti ha affermato: “Una soluzione c’è. Io credo che le partite si possano interrompere. Però vogliamo sapere quando si deve interrompere, dopo tre, dopo quattro, dopo cinque annunci, oppure, se non si sa, ci fermiamo noi la prossima volta”.
Vediamo dunque di capire quali siano le regole per interrompere una partita in seguito a cori razzisti.
Le regole Figc
Le regole in questione fanno parte delle decisioni ufficiali della Figc (Federazione Italiana Giuoco Calcio) a corredo del regolamento dello sport del calcio, la traduzione italiana delle norme del gioco redatte per la prima volta nel 1863 dalla Football Association (Fa), e che dal 1886 fino ad oggi vengono aggiornato annualmente dall’Ifab (International Football Association Board).
Nella parte che riguarda la tutela dell’ordine pubblico in occasione delle gare, si legge che “le Società hanno l’obbligo di adottare tutti i provvedimenti idonei ad impedire che […] durante la gara si verifichino cori, grida ed ogni altra manifestazione espressiva di discriminazione per motivi di razza, di colore, di religione, di lingua, di sesso, di nazionalità, di origine territoriale o etnica”.
Più oltre si legge che è “il responsabile dell’ordine pubblico dello stadio, designato dal Ministero dell’Interno”, che rileva comportamenti razzisti o discriminatori “costituenti fatto grave”. A lui spetta ordinare all’arbitro di sospendere la gara.
Dunque la responsabilità della decisione non è dell’arbitro, ma del responsabile dell’ordine pubblico. Abbiamo chiesto alla Questura chi ricoprisse questo ruolo durante la partita Inter-Napoli e siamo ancora in attesa di risposta.
Che cosa succede in caso di sospensione
In caso di sospensione, stabilisce il comma 7, il pubblico presente alla gara dovrà essere informato sul motivo della sospensione ed essere invitato a interrompere i cori razzisti. I giocatori, in base al comma 8, dovranno rimanere al centro del terreno di gioco insieme agli ufficiali di gara.
Se la sospensione si prolunga a causa delle condizioni climatiche e ambientali, cioè se piove, nevica, fa freddo eccetera, o se i comportamenti razzisti non si interrompono, “l’arbitro potrà insindacabilmente ordinare alle squadre di rientrare negli spogliatoi”.
La gara può riprendere (comma 9) solo se lo ordina il responsabile dell’ordine pubblico. Se la sospensione si prolunga oltre i 45 minuti, l’arbitro dichiara chiusa la gara e scrive nel rapporto quel che è successo. A quel punto gli organi della giustizia sportiva possono infliggere alla società – che è responsabile per il comportamento dei propri tifosi – una gamma di sanzioni (v. art. 17 codice della giustizia sportiva), ad esempio la sconfitta a tavolino 3 a 0, sanzioni pecuniarie e punti di penalizzazione.
Tiriamo le fila
Dunque le regole ci sono e sono anche sufficientemente chiare. La sospensione viene decisa dal responsabile dell’ordine pubblico se ritiene che i comportamenti razzisti costituiscano un “fatto grave”. La sospensione può terminare solo se lo ordina la stessa figura.
L’arbitro può solo decidere se, una volta che la partita è stata sospesa, le squadre debbano restare a centro campo o rientrare negli spogliatoi.
Se poi passano più di 45 minuti dalla sospensione, l’arbitro dichiara chiusa la partita e la squadra responsabile verrà quindi punita di conseguenza dalla giustizia sportiva.
Dunque anche nel caso di Inter-Napoli la decisione di non sospendere è stata del responsabile dell’ordine pubblico, che evidentemente non ha valutato i comportamenti razzisti come sufficientemente gravi e quindi sono stati fatti solo degli annunci al pubblico tramite l’impianto audio dello stadio.
Il problema che sembra sottolineare Ancelotti riguarda l’ampiezza della discrezionalità di cui gode il responsabile dell’ordine pubblico, sia nel valutare la gravità dei comportamenti razzisti, e quindi nel decidere se sospendere, sia nel decidere quante volte ricominciare dopo una sospensione prima di lasciar trascorrere i 45 minuti necessari a far cancellare definitivamente la partita.
Conclusione
Non è possibile stabilire in astratto in base alle regole attuali se Inter-Napoli fosse da sospendere o meno. Quella decisione spetta unicamente al responsabile dell’ordine pubblico, nominato dal Ministero dell’Interno, che ordina all’arbitro quando interrompere e quando ricominciare.
Nel caso in questione, questi evidentemente ha ritenuto che i comportamenti razzisti non fossero sufficientemente gravi per sospendere la partita, e la sua decisione non è sindacabile.
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