Enrico Costa, deputato e responsabile giustizia di Forza Italia, il 18 aprile ha dichiarato: «Ogni anno, mille persone vengono indennizzate per essere state arrestate ingiustamente: basterebbe questo per capire che un conto sono le indagini, altro le sentenze».
È un’affermazione in sostanza corretta. Vediamo dunque di cosa stiamo parlando e quali sono i numeri del fenomeno.
Le misure cautelari
L’articolo 27 della Costituzione stabilisce il principio di presunzione di non colpevolezza. In base a questo, nessuno - per quanto possano essere schiaccianti le prove, anche se colto in flagrante, anche in caso di confessione - può essere considerato colpevole finché la sentenza di condanna non diviene definitiva. Questo accade normalmente al termine dei tre gradi di giudizio.
Quando un presunto colpevole viene arrestato, al termine delle indagini o addirittura nel corso delle indagini, può succedere che finisca in carcere. Ciò non significa che sia già stato condannato, anzi.
Significa, in base alla legge, che le prove a suo carico sono molto convincenti da un lato, e che dall’altro lasciarlo in libertà secondo i giudici sarebbe un pericolo, perché potrebbe commettere altri reati, potrebbe inquinare le prove o potrebbe darsi alla fuga.
Se sono presenti questi due requisiti - le prove molto forti e il pericolo nel lasciarlo in libertà - il giudice può allora disporre le “misure cautelari”. Queste sono di vario tipo e spaziano dal divieto di espatrio all’allontanamento dalla casa familiare, dagli arresti domiciliari fino alla detenzione in carcere. Il carcere è ovviamente la forma più severa di misura cautelare.
Quindi, chi si trova in prigione per via di una misura cautelare non è necessariamente colpevole ed è sempre possibile che alla fine del processo si scopra che un innocente abbia trascorso del tempo in carcere ingiustamente. A volte addirittura questo si scopre dopo la sentenza definitiva (fortunatamente questi casi, di “errori giudiziari”, sono molto più rari).
L’indennizzo per l’ingiusta detenzione
Chi trascorre del tempo in carcere per via di una misura cautelare, e poi viene riconosciuto innocente al termine del processo, in base al codice di procedura penale (artt. 314 e 315) ha il diritto di chiedere un indennizzo allo Stato italiano per “ingiusta detenzione”. Questo indennizzo in ogni caso non può essere superiore a circa 500 mila euro (per la precisione 516.456).
Come abbiamo scritto di recente, ottenere i dati ufficiali sulle vittime di ingiusta detenzione ed errori giudiziari non è semplice. In teoria, una legge (art. 15 l. 47/2015) imporrebbe al ministro della Giustizia di comunicare i dati relativi alle diverse misure cautelari e all’esito dei processi entro il 31 gennaio di ogni anno. Ma, ad oggi, queste statistiche non sono ancora state rese pubbliche. Avevamo contattato a suo tempo il Ministero, ma senza avere risposta. Abbiamo reiterato la richiesta ma ancora inutilmente.
Possiamo allora fare affidamento a quanto riporta il sito Errorigiudiziari.com, un progetto dei giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone che si propone di essere il primo archivio online per raccogliere, tra le altre cose, tutti i casi di ingiusta detenzione.
Qui si legge che, dal 1° gennaio 2018 al 30 settembre 2018, sono stati 856 i casi di ingiusta detenzione, per i quali è stato stimato un risarcimento totale pari a quasi 30 milioni di euro. Proiettando lo stesso andamento sugli ultimi tre mesi dell’anno scorso, si supera facilmente la soglia dei mille casi.
Non solo. Sempre grazie all’elaborazione sui dati del Ministero dell’Economia fatta da Errorigiudiziari.com, si vede come dal 1992 al 2017 sono state 26.412 le persone che hanno subito un’ingiusta detenzione. Dunque poco più di mille all’anno di media.
Costa ha insomma ragione, anche se parlando di “persone arrestate” è impreciso.
Cosa si intende per arresto
Con il termine “arresto” si intendono due cose distinte. In un caso è una pena, che viene data per punire le contravvenzioni (reati meno gravi dei delitti). Dunque è possibile che in prigione ci siano “persone arrestate”, ma si tratta di un sottoinsieme rispetto alle persone “detenute” - a vario titolo, sia arresto sia ad esempio reclusione o ergastolo - in carcere.
Nel secondo caso, più noto, con “arresto” si intende una misura coercitiva che limita la libertà personale, e che dura finché non avviene l’udienza di convalida. Per capire meglio facciamo un esempio: un ladro viene colto sul fatto da una pattuglia di polizia, che lo pone in stato di arresto, che quindi rende legittima la privazione della sua libertà personale. Successivamente tocca ai giudici convalidare o meno quell’arresto ed eventualmente avviare il processo.
Anche in questo senso, l’espressione “persone arrestate” usata da Costa è formalmente imprecisa.
Conclusioni
Al netto dell’imprecisione formale appena vista, Costa fa un’affermazione corretta: è importante tenere distinte le indagini - e anche le prime decisioni della magistratura - dalle sentenze definitive. Si può finire in carcere pur essendo innocenti.
In questo caso, peraltro, si ha il diritto ad essere indennizzati per ingiusta detenzione. Le persone che ricevono questo indennizzo sono state, come giustamente ricordato da Costa, circa mille l’anno tra 1992 e 2017.
Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it