Intervistato da Lilli Gruber a Otto e Mezzo su La7, il presidente del Senato e leader di Liberi e Uguali Pietro Grasso lo scorso 5 febbraio ha rilasciato diverse dichiarazioni. Le abbiamo sottoposte al nostro fact-checking.
Quanti italiani rinunciano alle cure
Parlando della situazione della sanità in Italia, Grasso ha affermato (min. -13.25): “Ci sono 12 milioni di persone, per la maggior parte anziane, che hanno rinunciato alle cure perché non hanno i soldi per pagare il superticket”.
Si tratta di un’affermazione che parte da un numero corretto ma che ne semplifica le cause.
Il dato dei “12 milioni” viene dal “VII Rapporto RBM-Censis sulla Sanità Pubblica, Privata e Integrata”. Qui si legge: “Nel 2016 il Servizio Sanitario Nazionale ha di fatto ‘espulso’ 12,2 milioni di cittadini, circa il 20% dei suoi assistiti, che hanno dovuto rinunciare alle cure”.
Come risulta dal grafico allegato al rapporto, questi cittadini che la ricerca definisce “espulsi” erano 4,6 milioni nel 2006, 5,9 milioni nel 2011 e 11,9 milioni nel 2015.
In una nota si precisa però che “il dato considera tutti quei cittadini che abbiano rinunciato nel corso dell’anno ad almeno una prestazione sanitaria e comprende anche le cure odontoiatriche, le prestazioni socio-sanitarie e socio assistenziali”. Dunque nel totale vengono ricomprese quasi certamente anche una serie di situazioni fisiologiche, ad esempio chi rinvia una visita non urgente all’anno successivo.
Si legge ancora nel rapporto che “negli ultimi 10 anni la capacità assistenziale del S.S.N. si è contratta dal 92% (nel 2006) al 78% (nel 2016) e a farne le spese sono stati prevalentemente i cittadini più fragili, i malati (in particolare i cronici), quelli a reddito basso, le donne e i non autosufficienti”.
Il rapporto non cita gli anziani nell’elenco delle categorie più colpite, anche se è probabile che tra i cittadini più fragili, i malati cronici e i non autosufficienti la quota degli anziani sia più alta.
Il superticket – cioè il contributo di 10 euro su ogni ricetta per le prestazioni di diagnostica e specialistica – è stato introdotto nel 2011, quando i cittadini “espulsi” dal S.S.N. erano già 5,9 milioni.
Il rapporto indica quali cause dell’innalzamento del numero di “espulsi” negli ultimi anni “l’assenza di un intervento strutturato sulla gestione della spesa sanitaria privata e la necessità di innalzare per ragioni di finanza pubblica il valore dei ticket”.
Dunque, affermare che “12 milioni di persone […] hanno rinunciato alle cure perché non hanno i soldi per pagare il superticket” è una semplificazione. Circa 6 milioni vi rinunciavano già prima che il superticket fosse introdotto e anche successivamente le ragioni che contribuiscono a determinare il numero di 12,2 milioni sono più di una.
https://www.sharethefacts.co/share/047c4f0e-bf66-4e89-b581-d72bd6303921
La spesa per farmaci di base degli italiani
Grasso ha dichiarato (min. -12.25), sempre in tema di sanità, che “Siamo al penultimo posto in Europa per il consumo di farmaci di base”.
Non è chiaro cosa intenda il presidente Grasso con “farmaci di base”, manca infatti una definizione scientifica del termine. In ogni caso è vero che siamo agli ultimi posti in Europa – anche se terzultimi, e non penultimi – per il consumo sia di farmaci senza ricetta sia di farmaci con obbligo di prescrizione.
Per quanto riguarda i primi, nel 2014 (ultimo anno per cui esistono dati comparabili a livello europeo) Eurostat certifica che gli italiani che hanno dichiarato di aver assunto - in un periodo di due settimane - farmaci senza ricetta sono il 19,7% della popolazione. Hanno una percentuale inferiore solamente il Belgio (19,1%) e la Romania (15,2%). La media Ue è del 34,6%.
Per quanto riguarda i farmaci con obbligo di prescrizione la percentuale italiana sale al 38,4%. Hanno una percentuale più bassa solo Cipro (36,3%) e Bulgaria (22,8%). La media Ue è del 48,6%.
https://www.sharethefacts.co/share/39f57007-fdf5-43f7-ba7b-ffea2cdfa2f8
Le dimissioni delle neo-mamme
Grasso ha poi sostenuto (min. -8.05) che “25 mila neo-mamme hanno dovuto abbandonare il lavoro perché non ci sono gli asili nido”. Si tratta di un’affermazione leggermente esagerata ma sostanzialmente corretta.
Il dato proviene dall’ultimo rapporto disponibile dell’Ispettorato nazionale del lavoro, riferito al 2016. Qui si certifica che le dimissioni o risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro da parte di lavoratrici sono state quell’anno 29.879.
Di queste 5.261 sono state motivate dal “passaggio ad altra azienda”, 1.099 da “cambio residenza/distanza tra luogo di residenza e sede di lavoro/ricongiungimento al coniuge”, 3.454 da “altro”.
Le restanti 20.065 sono quasi tutte motivate dall’incompatibilità tra lavoro e cura della prole (per essere precisi possiamo sottrarre anche 659 lavoratrici che hanno abbandonato il lavoro per mutamento sede, mansioni o condizioni di lavoro, portando il totale a 19.406).
Più nel dettaglio, le 20.065 persone si suddividono tra diverse voci: quella che parla esplicitamente di “incompatibilità tra occupazione lavorativa e assistenza al neonato per mancato accoglimento al nido” (6.086); quella sulla “elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato (es. asilo nido o baby sitter)” (1.443); “organizzazione e condizioni di lavoro particolarmente gravose o difficilmente conciliabili con esigenze di cura della prole” (3.265) a “incompatibilità tra occupazione lavorativa e assistenza al neonato per assenza parenti di supporto” (7.273).
Dunque il presidente del Senato esagera un po’ il numero – sono circa 20 mila, non 25 mila – ma ha sostanzialmente ragione.
https://www.sharethefacts.co/share/55a3a66a-4b53-49e7-b95c-d0efe2654f23
Conclusione
Grasso sul superticket è impreciso, semplificando le cause che hanno portato sempre più italiani a rinunciare/rinviare le cure negli ultimi anni (il dato è invece corretto, secondo una ricerca). Sui farmaci non è chiaro cosa intenda parlando di “farmaci di base”, ma ha (quasi) ragione nell’indicare lo scarso consumo che se ne fa in Italia: siamo terzultimi sia per quelli senza ricetta che per quelli con obbligo di prescrizione. Quasi corretto, infine, sulle dimissioni delle neo-mamme, anche se dà un dato più alto di quello reale.
Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it