Il Giro d’Italia 2018 partirà il prossimo 4 maggio in Israele. La prima tappa è programmata a Gerusalemme e sul sito ufficiale del Giro fino alla tarda mattina del 29 novembre era riportata la dicitura “Gerusalemme Ovest”. Questa espressione aveva scatenato il 29 stesso una durissima reazione da parte del governo israeliano.
Il ministro dello Sport e della Cultura, Miri Regev, e il ministro del Turismo, Yariv Levin – entrambi del Likud, il partito israeliano di destra che esprime anche il presidente del Consiglio Benjamin Netanyahu – avevano infatti diramato una nota congiunta di protesta. Qui si sosteneva “a Gerusalemme, la capitale di Israele, non c’è est o ovest. C’è un’unica e unita Gerusalemme”, e se la dicitura non fosse stata cambiata – questa la minaccia – il governo avrebbe ritirato il suo sostegno alla manifestazione sportiva.
Per evitare polemiche, e ribadendo la volontà di stare lontani da qualsiasi faida ideologica, gli organizzatori del Giro (Rcs Sport) hanno fatto rimuovere la dicitura incriminata, sostituendola con “Gerusalemme”. La precedente versione dipendeva, secondo quanto sostiene Rcs Sport in una nota, dall’utilizzo di “materiale tecnico contenente la dicitura 'Gerusalemme Ovest', imputabile al fatto che la corsa si svilupperà logisticamente in quell’area della città. Si sottolinea che tale dicitura, priva di alcuna valenza politica, è stata comunque subito rimossa da ogni materiale legato al Giro d’Italia”.
Ma qual è lo status della città, e quanto erano fondate le proteste israeliane?
Storia di Gerusalemme
In base alla Risoluzione Onu 181 del 1947, Gerusalemme sarebbe dovuta essere un corpus separatum rispetto allo Stato israeliano e allo Stato palestinese che sarebbero dovuti nascere, e sarebbe dovuta essere amministrata direttamente dalle Nazioni Unite (parte III, lettera A).
Queste disposizioni non sono mai entrate in vigore, per via della guerra arabo-israeliana del 1948. In quell’occasione Gerusalemme finì divisa in due, con la parte ovest controllata da Israele e la parte est – dove si trova la Città Vecchia, coi principali luoghi santi per le tre religioni monoteiste – controllata dalla Giordania (che assunse il controllo anche della Cisgiordania, mentre l’Egitto quello della striscia di Gaza).
La situazione è poi evoluta ulteriormente nel 1967, con la “Guerra dei sei giorni”. Israele, che vinse rapidamente la guerra contro Egitto, Siria, Giordania e Iraq, occupò allora i territori palestinesi di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est.
A differenza della Cisgiordania e di Gaza, che sono stati trattati come territori occupati da Israele (più o meno), Gerusalemme est è stata “annessa” allo Stato israeliano. Il diritto internazionale non riconosce questa annessione, ma Israele ha invece legiferato di conseguenza.
Nel 1980 la Knesset – il parlamento israeliano – passò infatti una legge costituzionale (“Basic Law”) che dichiarava Gerusalemme la capitale unica e unita di Israele, coronando così il sogno del fondatore di Israele Ben Gurion, che già nel 1949 aveva rivendicato in un celebre discorso all’Onu Gerusalemme come “capitale eterna” del neonato Stato israeliano. In seguito a tale legge costituzionale, la Knesset e gli altri uffici del potere legislativo, giudiziario ed esecutivo sono stati trasferiti a Gerusalemme.
Le Nazioni Unite hanno reagito approvando due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, sempre nel 1980: la 476, che condanna l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e di Gerusalemme est, e nega qualsiasi validità giuridica alle decisioni di Israele di trasformarla nella sua capitale, e la 478. Quest’ultima, vista la mancata ottemperanza di Israele alla precedente, oltre a ribadire la nullità della “Basic Law” israeliana per il diritto internazionale dispone il ritiro di tutte le ambasciate dei vari Paesi da Gerusalemme. Ad oggi queste si trovano infatti a Tel Aviv.
Diritto interno e diritto internazionale
Dunque, in base al diritto costituzionale israeliano è vero che Gerusalemme sia la capitale unica e unita dello Stato d’Israele. Lo sancisce la “Basic Law” del 1980.
Per il diritto internazionale, invece, quella norma non ha alcun valore, così come non hanno valore le azioni intraprese dallo Stato israeliano in conseguenza della “Basic Law”. Nessuno Stato, nemmeno gli Usa, riconosce dunque Gerusalemme quale capitale israeliana.
L’Italia, che come gli altri Stati non considera Gerusalemme nel complesso la capitale di Israele e non riconosce l’annessione israeliana della parte Est, ha anzi nella città (sia nella sua parte Est che nella sua parte Ovest) un Consolato che cura i rapporti con le autorità palestinesi.
Il consolato è rimasto a Gerusalemme proprio per la mancata risoluzione del caos giuridico seguito all’abbandono dello status di corpus separatum della città e agli sviluppi seguenti.
Il caso Unesco
La questione è dunque molto delicata. Ad esempio negli accordi di Oslo del 1993 fu tenuta fuori – insieme ad altre materie – dal negoziato, proprio per la sua capacità di pregiudicare il risultato finale.
Anche in tempi più recenti lo status della città è stato fonte di frizioni internazionali. In particolare l’Unesco (l’agenzia Onu per la cultura, la scienza e l’educazione) è stata spesso il fulcro di queste recenti frizioni.
A ottobre 2016 fu adottata una risoluzione – e l’Italia si astenne, suscitando molte polemiche – su Gerusalemme Est, che ribadiva l’illegalità dell’occupazione israeliana. Fu molto criticata perché utilizzava solo i nomi arabi per i luoghi santi della città, alcuni dei quali (il Monte del Tempio, in particolare) sacri anche per l’ebraismo.
Nel 2017, a maggio, fu poi votata un’altra risoluzione Unesco su Gerusalemme – questa volta l’Italia votò contro – che, evitando stavolta di utilizzare una terminologia divisiva e riconoscendo la città santa per le tre religioni del Libro, negava la validità di qualsiasi decisione presa dalla “potenza occupante” (Israele) su Gerusalemme.
La contrarietà italiana (e non solo) in questo caso era dovuta più al metodo che al merito, ritenendo infatti l’Unesco un foro non adeguato per questo genere di risoluzioni.
Conclusione
La decisione degli organizzatori del Giro di scrivere “Gerusalemme ovest” era in linea col diritto internazionale, perché l’annessione di Gerusalemme Est non è riconosciuta, e le rivendicazioni dei ministri israeliani sono fondate su una parte del diritto costituzionale israeliano anch’esso non riconosciuto dalla comunità internazionale.
La scelta di rimuovere la dicitura dipende più dalla volontà di evitare una polemica ideologica su una manifestazione sportiva, che non dalla sua scorrettezza.
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