In un post su Facebook dello scorso 24 luglio sull’emergenza idrica Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, ha duramente attaccato la “stupidità referendaria” che portò nel 2011 all’abolizione delle riforme volute dal centrodestra circa la gestione dei servizi pubblici locali. Tra le altre cose Gasparri afferma: “lo spreco di acqua oscilla scandalosamente dal 30 al 50 per cento a Roma e in tutta Italia”.
Gasparri ha sostanzialmente ragione, anche se pecca di imprecisione specialmente per quanto riguarda l’Italia. Le due estremità della forbice degli sprechi idrici sono più lontane. Più vicino alla verità invece per quanto riguarda Roma. Vediamo dunque i dati.
La situazione delle città capoluogo
In base al rapporto “Ecosistema urbano – 2016” (curato da Legambiente, Sole 24 Ore e dalla società di consulenza ambientale Ambiente Italia) la situazione in Italia è molto variegata. Lo studio prende in considerazione, tra le altre cose, la “dispersione della rete” - cioè il rapporto percentuale tra l’acqua che non viene consumata per usi civili, industriali e agricoli, e si presume quindi “dispersa”, e il totale dell’acqua immessa nella rete idrica – delle città capoluogo di Regione e di Provincia.
Le performance migliori sono di Macerata (8,6% di dispersione), Pordenone (11,7%) e Monza (12%). Le peggiori di Campobasso (68%), Frosinone (75,4%) e Cosenza (77,3%).
Roma, col 44,4%, si piazza settantaseiesima su 98 città analizzate, dietro a quasi tutte le altre grandi città italiane (con più di mezzo milione di abitanti): Milano è undicesima, col 16,7%; Genova trentatreesima, col 26,8%; Torino trentanovesima, col 27,9%, e Napoli settantaduesima, col 42,2%. Fa peggio solamente Palermo, ottantasettesima, col 54,4%.
La media italiana
La media dei capoluoghi considerati, secondo lo studio, è del 35% e l’anno precedente era del 33%. L’anno prima ancora – rapporto 2015 su dati 2014 – aveva invece fatto registrare un miglioramento della media, scesa dal 36% (dato 2013) ad appunto il 33%.
La situazione italiana, guardando all’ultimo decennio, è comunque in via di peggioramento. Nel 2007 la media era passata dal 30% al 31%. Nel 2012 la media era sempre “superiore al 30%”. Adesso, dopo essere scesa dal 36% al 33%, è tornata al 35%.
Questi dati trovano conferma anche dal Censis che, nel 4° numero del suo rapporto “Diario della transizione” del 2014, segnalava che “le perdite di rete in Italia sono pari al 31,9% […]”. Un dato leggermente inferiore a quello della media dei soli capoluoghi (36% nel 2013) ma sostanzialmente in linea.
Il Censis, poi, in quell’occasione scriveva: “il confronto con i partner europei è impietoso: in Germania le perdite di rete sono pari al 6,5%, in Inghilterra e Galles al 15,5%, in Francia al 20,9%”.
La situazione di Roma
Anche per quanto riguarda la capitale il peggioramento negli ultimi anni è evidente. Secondo il rapporto “Ecosistema urbano” del 2007 lo spreco era del 35%. Cinque anni dopo, in base al rapporto del 2012, era al 36%.
Il balzo avviene nel 2014, quando (secondo il rapporto “Ecosistema urbano – 2015”) Roma è passata dal 35% al 42,5%.
Conclusioni
Dunque Gasparri non sbaglia nel segnalare uno “scandalo” italiano rispetto alla situazione degli altri grandi Paesi europei, anche se è impreciso sulle percentuali di spreco.
L’imprecisione è minima su Roma, che ha oscillato, negli ultimi 10 anni, tra il 35% e il 45% circa di spreco di acqua, con un significativo aumento a partire dal 2014. Non siamo lontani dal “30 al 50 per cento” del senatore.
Più accentuato lo scarto dai dati per quanto riguarda l’Italia, che negli ultimi 10 anni ha visto salire la percentuale media di spreco dal 30 al 35 per cento. Da un punto di vista temporale, che non è chiaro se sia quello considerato da Gasparri, un’oscillazione di 5 punti, non di 20 come da lui affermato.
Da un punto di vista geografico, che prendiamo quindi in considerazione per scrupolo, l’oscillazione nel Paese è poi molto più ampia di quanto sostenuto da Gasparri, passando da meno del 10% di spreco a Macerata a più del 75% a Cosenza.Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it