Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha dichiarato il 31 ottobre: “Posso dire a tutti coloro che sono perplessi rispetto a questa decisione [di non fare la Tav, n.d.R.] che i soldi che risparmieremo saranno reinvestiti sul territorio, in metro, in nuovi sistemi di mobilità, in nuove infrastrutture cittadine. Non è che stiamo perdendo gli investimenti”.
Si tratta di un’affermazione imprecisa.
Quanto costa la Tav?
Una stima complessiva
Come abbiamo illustrato nel nostro speciale sulla Tav, è difficile stimare il costo complessivo dell’opera in una fase ancora iniziale del progetto. Il commissario del governo per la Tav, Paolo Foietta, ha parlato di 25 miliardi circa. Una cifra simile, 26,1 miliardi, l’ha data anche la Corte dei Conti francese. Per alcuni esponenti No Tav, i costi arriverebbero invece fino a 40 miliardi di euro.
Meno incerto, ma comunque ancora ampiamente teorico, è il costo di realizzazione della “prima fase” della Tav.
La prima fase
In base all’accordo tra Italia e Francia del 2012, infatti , le varie opere (la sezione francese, quella italiana, il tunnel di base e così via) “saranno realizzate in diverse fasi funzionali”.
Nella prima fase, che è l’oggetto di questo accordo, verrà realizzata la sezione transfrontaliera, cioè la parte di ferrovia che interessa il confine tra i due Paesi e che dovrebbe essere realizzata da Telt, l’ente promotore pubblico dell’opera compartecipato al 50% da Italia e Francia.
Secondo Telt, il costo della sezione transfrontaliera sarà di 8,6 miliardi di euro: il 40% di questa cifra è finanziato dall’Unione europea, il 35% spetta all’Italia (circa 3 miliardi) e il restante 25% alla Francia.
La cifra di 8,6 miliardi, che era espressa in valuta del 2012, è stata attualizzata dal Cipe (Comitato interministeriale di programmazione economica) a 9,63 miliardi di euro con una delibera dell’agosto 2017, secondo cui oltretutto l’Italia si sarebbe a oggi impegnata a stanziare risorse statali per 2,56 miliardi di euro, dunque un po’ meno di quanto previsto nel 2012.
Ma, di nuovo, queste cifre ci aiutano poco a capire quali sarebbero i potenziali risparmi, i “denari” e gli “investimenti” che secondo Di Maio non andrebbero persi bloccando l’opera e che potrebbero essere “reinvestiti sul territorio”.
Le risorse già stanziate
Ad oggi sappiamo che l’Italia ha previsto, come risulta anche dall’allegato al Def 2018, di spendere per la Tav 2,56 miliardi di euro da qui al 2030. Queste sono risorse proprie dello Stato italiano, che se non verranno spese per la Tav potrebbero essere effettivamente destinate ad altri capitoli di spesa, ad esempio ad altre infrastrutture in Piemonte e a Torino.
Non possono invece essere investite in altro modo le risorse stanziate dall’Unione europea, che sono vincolate al progetto della Tav. Queste ammontano, per il periodo 2015-2019, a 813,78 milioni di euro in totale, di cui 451,26 milioni di euro per l’Italia.
Non sono invece ancora state stanziate risorse europee per il periodo successivo al 2019 e dunque non ha senso parlare di soldi che verrebbero risparmiati, o meno, non facendo la Tav.
In ogni caso, la parte di cofinanziamento europeo ottenuta fino al 2019 e già spesa dovrebbe probabilmente essere restituita, e non si potrebbe dirottare su altri progetti la parte ancora non utilizzata.
Inoltre, come avevamo visto in passato, oltre alla restituzione dei finanziamenti ottenuti da Bruxelles per un’opera poi non realizzata – anche precedenti al periodo 2015-2019 – rischia di porsi il problema dei possibili risarcimenti che Francia e Unione europea potrebbero chiedere all’Italia se questa uscisse unilateralmente dalla Tav: qui la cifra in discussione è un miliardo abbondante di euro, che questi due attori hanno già speso per le opere preliminari.
La lettera di Jan Brinkhorst
Il responsabile del corridoio europeo est-ovest Jan Brinkhorst, secondo quanto riportato da fonti di stampa, ha poi mandato a fine settembre una lettera al ministro dei Trasporti italiano, Danilo Toninelli, pronosticando uno “sconto” di quasi mezzo miliardo sui tre che dovrebbe stanziare l’Italia per completare la prima fase della Tav.
Si tratta al momento solo di una promessa, che potrebbe concretizzarsi – come si desume dalle parole di Brinkhorst – solo se venisse aumentato il tasso di cofinanziamento europeo all’opera nel prossimo bilancio comunitario, dal 40% al 50%. Un esito, dunque, ancora non scontato.
Conclusione
Di Maio ha ragione sul fatto che una parte consistente degli investimenti previsti, in particolare le risorse stanziate dallo Stato italiano, non andrebbe persa nel caso si decidesse di non fare la Tav. I due miliardi e mezzo abbondanti messi a bilancio dall’Italia per quest’opera, in caso di annullamento, tornerebbero nella disponibilità dello Stato, che potrebbe utilizzarli in altro modo.
Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ha invece torto quando sostiene che “non è che stiamo perdendo gli investimenti”. Le risorse già stanziate dall’Unione europea – più di 450 milioni di euro per i lavori e gli studi fatti nel periodo 2015-2019 – non possono infatti essere usate in altro modo e andrebbero quindi perse.
Oltre a queste, si perderebbero poi anche le risorse non ancora stanziate, che l’Unione europea dovrebbe elargire per gli anni successivi al 2019. Bisogna infine tenere in conto anche i “costi” che l’Italia rischia di dover sopportare per un’uscita unilaterale dalla Tav, in caso di ricorsi da parte di Francia e Ue, che potrebbero assottigliare fortemente i risparmi che realizzerebbe lo Stato italiano azzerando gli stanziamenti previsti per la Torino-Lione fino al 2030.
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