Dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale sul suicidio assistito, il tema del “fine vita” è tornato di attualità in Italia. Ma che cosa ha stabilito di preciso la Consulta? Qual è oggi la situazione in Italia e nel resto d’Europa? Andiamo a vedere i dettagli.
La sentenza della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha deciso che non sia punibile "chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio" di un paziente affetto da una patologia irreversibile che gli causi sofferenze intollerabili, tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale ma in grado di prendere decisioni consapevoli.
Il codice penale, infatti, punisce oggi (art. 580), infatti, punisce chi convince al suicidio, ne rafforza la volontà di suicidio o "ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione" con la reclusione da 5 a 12 anni.
Con la sentenza recente, i giudici costituzionali hanno però posto delle condizioni per la non punibilità. In particolare si chiede che vengano rispettate le norme sul consenso informato - di cui parleremo tra poco - e che le modalità di esecuzione vengano verificate da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, "sentito il parere del comitato etico territorialmente competente".
Si lega al tema dell’eutanasia e del suicidio assistito anche quello del testamento biologico (“Disposizioni anticipate di trattamento” nel testo di legge), che in Italia è stato approvato a fine 2017. Il collegamento è presente anche nella sentenza della Corte Costituzionale, che ne ha richiamato infatti la legge istitutiva a proposito delle norme sul consenso informato.
Cerchiamo quindi di capire quale fosse la situazione in Italia prima della sentenza della Consulta e che cosa cambi ora.
Il testamento biologico in Italia
La legge sul testamento biologico è entrata in vigore il 31 gennaio 2018, poche settimane dopo l’approvazione da parte del Parlamento. In sintesi, la norma permette di stabilire in anticipo a quali esami, scelte terapeutiche o singoli trattamenti sanitari dare o non dare il proprio consenso, nel caso di una futura incapacità a decidere o a comunicare. Lo strumento sono le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat).
Tra i trattamenti sanitari sono stati inclusi anche la nutrizione e l’idratazione artificiale, che secondo alcuni critici non erano invece da considerarsi invece atti di sostegno vitale.
Il “consenso informato” è il presupposto delle Dat. Il paziente, cioè, ha diritto a "conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e comprensibile" per quanto riguarda diagnosi, prognosi, benefici e rischi degli esami medici e dei trattamenti proposti, possibili alternative e, infine, conseguenze di un eventuale rifiuto del trattamento sanitario. Una volta informato, può prestare - o negare - il consenso a questo o quel trattamento sanitario.
Se il paziente non vuole essere informato in prima persona, può indicare un familiare o una persona di fiducia incaricata di ricevere le informazioni dal medico e di prestare il consenso. Il nome del familiare o della persona di fiducia viene registrato nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico del paziente.
In ogni caso, quando vengono redatte le Dat, bisogna indicare un “fiduciario” che si interfaccerà col medico e con la struttura ospedaliera se e quando il paziente non sarà più in grado di farlo.
Dunque, con questa legge, è possibile per un paziente rifiutare determinate cure - incluse nutrizione e idratazione artificiale - e lasciarsi morire, chiedendo allo stesso tempo di essere sedato o comunque di ricevere una terapia del dolore per evitare sofferenze fisiche e psicologiche.
Testamento biologico e suicidio assistito
Secondo la legge sul testamento biologico non è invece possibile, per un paziente che sia gravemente malato e sofferente, chiedere al medico o ad altri soggetti di aiutarlo a suicidarsi senza far loro commettere un reato. Questo era il caso di Dj Fabo - la cui vicenda è alla base della sentenza della Consulta - che aveva attivato l’iniezione letale mordendo un pulsante, essendo cieco e tetraplegico.
O meglio, non era possibile.
È su questa situazione specifica che è intervenuta la sentenza della Consulta, in assenza di una decisione del Parlamento, sollecitata dai giudici costituzionali.
Da oggi, in base a quanto stabilito dai giudici e in attesa di un intervento del Parlamento, sarà possibile per il paziente "tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli" chiedere, con le condizioni viste sopra, di essere aiutato a suicidarsi senza indurre nessuno a commettere un reato.
È stata legalizzata l’eutanasia?
Siamo di fronte a una legalizzazione dell’eutanasia? La risposta non è semplice, perché il concetto di “eutanasia” (dal greco, “dolce morte”) non conosce una definizione univoca. Diversi Stati e diverse organizzazioni, come abbiamo scritto in passato, utilizzano lo stesso termine per indicare cose differenti.
Secondo l’Epac, l’associazione europea dei medici che si occupano di cure palliative, è “eutanasia” quando un medico somministra una sostanza letale su richiesta del paziente, mentre è “suicidio assistito” quando il medico aiuta un paziente a suicidarsi, lasciando però a lui la responsabilità dell’atto finale.
Secondo questa definizione, che come detto non è però universalmente accettata, in Italia non sarebbe stata legalizzata l’eutanasia ma, con certe condizioni, il suicidio assistito.
La situazione in Europa
Vediamo ora quale sia la situazione nel resto dell’Unione europea per quanto riguarda eutanasia e suicidio assistito, prendendo per buona la loro definizione che ne dà l’Epac.
I Paesi in cui è legale l’eutanasia sono solamente tre: l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo. In questi Stati è legale anche il suicidio assistito.
In Germania, Austria e Finlandia - oltre che in Svizzera, che però non è parte della Ue - è legale il suicidio assistito ma non l’eutanasia.
Dopo il pronunciamento dei giudici costituzionali, sembrerebbe che l’Italia esca dal gruppo di 22 Stati Ue che non consentono nessuna delle due pratiche a vada ad aggiungersi al gruppo di Paesi che ammettono il suicidio assistito ma non l’eutanasia.
Conclusione
La recente sentenza della Corte Costituzionale, legata al caso di Dj Fabo e al leader radicale Marco Cappato che l’ha aiutato a morire, ha di fatto legalizzato - a determinate condizioni - il suicidio assistito in Italia.
Il nostro Paese, che finora aveva solamente legalizzato il testamento biologico (dal 2018), si unisce così ad altri sei Stati della Ue (più la Svizzera) - Germania, Austria, Finlandia, Olanda, Belgio e Lussemburgo - dove questa pratica è consentita.
Non è invece legale in Italia l’eutanasia, cioè un comportamento attivo del medico che concretamente procede all’iniezione letale. Questa pratica è consentita nella Ue solo in Olanda, Belgio e Lussemburgo.
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