Il 30 luglio è stato disposto dai comuni interessati il divieto di balneazione temporaneo in 18 punti del litorale romagnolo: 13 punti nel riminese, due zone a Lido di Volano (Ferrara), uno a Savignano, uno a Cesenatico e uno San Mauro, nella provincia di Forlì-Cesena.
Il motivo è lo sforamento, rilevato dall’Arpae (Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna), dei parametri di legge relativi alla presenza di Escherichia coli ed Enterococchi nelle acque.
Ma cosa sono Escherichia coli ed Enterococchi? Perché impediscono di fare il bagno? Cosa dice la legge in materia?
Andiamo a vedere i dettagli.
Batteri “spia”
L’Escherichia coli è un batterio che si trova normalmente nell’intestino degli esseri umani. I suoi filamenti sono normalmente inoffensivi, ma alcune varietà possono causare malattie anche gravi. Generalmente si prendono questi batteri consumando cibi crudi contaminati, ma è possibile anche la trasmissione via acqua, se questa è contaminata ad esempio da feci infette. Causano normalmente crampi e diarrea ma possono comportare anche febbre e vomito. Il periodo di incubazione è tra i 3 e gli 8 giorni e, normalmente, in 10 giorni al massimo si guarisce.
Anche gli Enterococchi intestinali sono batteri che si trovano normalmente nell’intestino umano e che, nei ceppi più pericolosi, possono causare crampi, diarrea, febbre e vomito, in particolare a pazienti anziani o debilitati.
Al di là delle loro caratteristiche mediche, di per sé non particolarmente preoccupanti, questi due batteri vengono utilizzati come parametri per stabilire la qualità idrica. Se vengono sorpassati determinati livelli di concentrazione nelle acque, questo viene ritenuto una “spia” di una situazione di inquinamento potenzialmente pericolosa e scattano i divieti.
Andiamo quindi a vedere la normativa.
La tutela dei bagnanti da parte della Ue
La “direttiva balneazione” (dir. 2006/7/CE) è un atto legislativo dell’Unione europea che ha imposto agli Stati membri di adottare le misure necessarie per garantire la salute dei bagnanti. È stata recepita in Italia dal d.lgs. 116/2008 e dal decreto attuativo d.m. 30 marzo 2010 e stabilisce che i criteri su cui valutare la qualità delle acque siano due: la presenza al di sopra di certe soglie di Escherichia coli e di Enterococchi intestinali.
Il decreto ministeriale ha stabilito in particolare che la soglia sia fissata a 200 cfu (colony forming units) per 100 millilitri di acqua marina per gli Enterococchi intestinali e 500 cfu per 100 ml per l’Escherichia coli. Nelle acque interne sono ammessi valori più alti: 500 cfu/100 ml per gli Enterococchi intestinali e 1.000 cfu/100 ml per l’Escherichia coli.
Le rilevazioni devono essere, durante la stagione balneare, almeno mensili. I comuni stabiliscono in ogni caso un calendario prima dell’inizio della stagione. Gli Stati sono obbligati a comunicare i risultati delle analisi entro il 31 dicembre alla Commissione europea, che elabora attraverso l’Agenzia europea dell'ambiente ogni anno un report sia per l’Unione che per i singoli Paesi.
In questo modo vengono classificati i luoghi di balneazione, in base alla qualità delle acque, secondo una scala che va da “eccellente” a “scarsa”, passando per “buona” e “sufficiente”. Le spiagge dove non si può fare il bagno sono quelle dove la qualità dell’acqua è “scarsa”. Se la situazione di inquinamento viene registrata per cinque anni di fila, il divieto diventa permanente finché l’area non viene bonificata.
Come risulta dal rapporto dell’Agenzia europa dell’ambiente per il 2019, in Italia sono 89 i punti dove è in vigore il divieto di balneazione, la maggior parte dei quali sono situati alle foci dei fiumi, sui lungomare cittadini, in prossimità di zone portuali (il Ministero della Salute ha un portale dove è possibile controllare la situazione di ogni spiaggia d'Italia inserendo il nome del comune). Questi 89 punti rappresentano l’1,6% del totale. Possiamo citare ad esempio la zona industriale di Pozzuoli, il lungomare di Reggio Calabria e il porto di Gioia Tauro.
A livello generale, in Italia ben il 90% delle acque balneabili ha una qualità “eccellente”, il 5% “buona”, il 2,1% “sufficiente” e l’1,2% “non classificato”.
Le recenti decisioni che hanno interessato la costa romagnola sono di carattere temporaneo: non si tratta cioè di siti dove sia normalmente in vigore un divieto generale per l’anno in corso. Se le prossime rilevazioni daranno esiti positivi, i divieti infatti verranno meno.
Qui sono consultabili, ad esempio, le ordinanze del comune di Rimini circa i divieti temporanei e i divieti permanenti di balneazione per la stagione 2019 nel territorio comunale.
Conclusione
L’Escherichia coli e gli Enterococchi sono batteri che si trovano normalmente nell’intestino, e quindi nelle feci, degli esseri umani.
La loro concentrazione nelle acque balneabili - al di sopra o al di sotto di determinate soglie - viene utilizzata dalla normativa, di origine europea, per stabilire la qualità idrica.
La legge impone controlli periodici, che vengono usati dalle autorità europee per stilare un report annuale dove vengono individuati i luoghi dove va vietato fare il bagno nella stagione balneare.
Oltre a questi divieti “stagionali” - che possono diventare permanenti, se le soglie vengono superate per cinque anni di fila - è possibile, a fronte di situazioni eccezionali, che vengano disposti divieti temporanei. Questo è quello che è successo di recente sul litorale romagnolo.
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