Il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha dichiarato il 26 settembre: “Ci fidiamo di Tria, ma tutti i cittadini sanno che nel ministero dell’Economia ci sono persone messe da quelli di prima e che ci remano contro”.
Si tratta di un’affermazione fuorviante.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze
Tralasciamo i sottosegretari e i viceministri, che sono ovviamente di nomina politica, così come i membri del gabinetto del ministro (http://www.mef.gov.it/ministro-uffici/uffici/index.html), che seguono la logica dello spoils system , e concentriamoci sull’organizzazione interna del Ministero.
L’organizzazione
L’organizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) è stabilita dal D.P.C.M. del 27 febbraio 2013, n. 67 . In base a questo (art. 1), “Il Ministero è articolato nei seguenti dipartimenti: a) Dipartimento del tesoro; b) Dipartimento della ragioneria generale dello Stato; c) Dipartimento delle finanze; d) Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi”.
Ciascun dipartimento è poi articolato in uffici di livello dirigenziale generale (art. 1 co.2). Altri uffici di livello dirigenziale “non generale” sono individuati per decreto, insieme alle posizioni dirigenziali nei corpi ispettivi e agli incarichi di studio e ricerca.
La nomina
I capi dei quattro dipartimenti vengono “nominati ai sensi dell'articolo 19, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” , cioè “con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente”. Una nomina “politica” dunque.
Possono essere nominati capi dei dipartimenti “dirigenti della prima fascia”, cioè i dirigenti del livello più alto, oppure, con contratto a tempo determinato, “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale” che abbiano determinate esperienze alle spalle.
A sua volta, alla qualifica di dirigente, stabilisce l’articolo 28 del d.lgs. 165/2001 , si accede “esclusivamente a seguito di concorso per esami”.
Ricapitolando: i dirigenti di massimo livello all’interno del Mef vengono nominati su proposta del ministro dell’Economia, ma devono essere di regola dei dirigenti. Dunque la nomina è politica, ma al bacino al cui interno il ministro deve scegliere si accede – salvo eccezioni – per concorso.
Gli altri dirigenti – ci hanno spiegato dal Mef -, che sono tali sempre per aver superato un concorso, ricoprono il proprio ruolo secondo un principio di rotazione triennale e secondo le decisioni dei capi dipartimento. Non secondo un principio di nomina politica dunque.
Chi sono?
Gli attuali capi dipartimento del Mef sono Alessandro Rivera (direttore generale del tesoro), Daniele Franco (ragioniere generale dello Stato), Fabrizia Lapecorella (direttore generale delle finanze) e Renato Catalano (capo del dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi).
Sono stati nominati dal ministro Tria a fine luglio e per Franco e Lapecorella si è trattato di una conferma.
Daniele Franco ricopre infatti il ruolo di ragioniere generale dello Stato dal 20 maggio 2013, quando era in carica il governo Letta ed era ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. È rimasto al suo posto anche durante il governo Renzi, con Padoan ministro dell’Economia.
Fabrizia Lapecorella è invece direttore generale delle finanze da ancor più tempo, dal 24 giugno 2008 , quando era in carica il governo Berlusconi IV, ed è stata confermata dai successivi esecutivi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e ora Conte.
Ricapitolando
I dirigenti del Mef diventano tali a seguito di un concorso, non di nomina politica. Le figure apicali tuttavia – cioè i capi dei quattro dipartimenti in cui si articola il Ministero – vengono scelte dalla politica, in particolare dal ministro, con l’approvazione del Consiglio dei ministri e il via libera del Quirinale.
Non si tratta però di una scelta completamente libera, ma limitata ai dirigenti di livello più alto di regola o, eccezionalmente, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano alle spalle determinati percorsi (magistratura, docenza universitaria, dirigenza pubblica o privata e così via).
Gli attuali capi dei dipartimenti sono stati scelti dal ministro Tria, che ha confermato in due casi su quattro i nomi ereditati dal precedente governo o anche da esecutivi anteriori.
Oltretutto la polemica contro i “tecnocrati” del Mef non è una novità: già Renzi era stato protagonista in passato di un duro scontro coi dirigenti del Ministero qualche anno fa.
Conclusione
Di Maio è fuorviante nel sostenere che ci siano nel Mef “persone messe da quelli prima”. È vero infatti che ai capi di due dipartimenti su quattro ci siano le stesse persone che aveva nominato il precedente governo (o altri esecutivi passati), ma questo è successo perché l’attuale ministro – Giovanni Tria – ha deciso autonomamente di confermarle.
I dirigenti non apicali sono poi entrati nel Ministero tramite concorso pubblico, e non per nomina politica, e ricoprono il proprio ruolo in base a un principio di rotazione triennale e in base a quanto deciso dai capi dei dipartimenti.
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