L’ex ministro dei Trasporti Graziano Delrio, accusando il governo di seguire logiche spartitorie delle cariche pubbliche, ha dichiarato il 25 luglio: “Ferrovie non ha mai fatto parte dello spoils system. Non c’è nessuna norma che impone le dimissioni del Cda”.
Intervistato lo stesso giorno dal Corriere della Sera, Delrio ha ribadito le perplessità sulla legittimità della decisione del governo di azzerare il Cda di Ferrovie dello Stato (FS).
Vediamo qual è la situazione.
La decisione del governo
Il ministro dei Trasporti in carica, Danilo Toninelli, ha annunciato il 25 luglio via Facebook: “Ho appena firmato la decadenza dell'intero Cda di FS per chiudere con il passato”.
Il Cda era stato rinnovato a fine 2017 dal governo Gentiloni, insieme all’avvio della fusione tra FS e Anas che, dopo la recente decisione del governo Lega-M5S, resterà probabilmente congelata. Del resto, già pochi giorni fa diversi esponenti dell’esecutivo si erano espressi contro questa possibilità.
La revoca degli incarichi del Cda, secondo quanto scritto nella lettera che il ministro dei Trasporti Toninelli e il ministro dell’Economia Tria hanno inviato ai vertici di FS, riportata da fonti di stampa, è avvenuta “ai sensi dell’articolo 6 della Legge 15 luglio 2002, n. 145”.
Cosa dice la legge
La legge 145 del 2002, nota anche come “legge Frattini”, fu approvata dal governo Berlusconi ed è alla base della versione italiana del cosiddetto spoils system, il sistema cioè secondo cui i dirigenti della pubblica amministrazione cambiano al cambiare del governo.
L’articolo 6 recita: “Le nomine degli organi di vertice e dei componenti dei Cda (…) degli enti pubblici, delle società controllate o partecipate dallo Stato (…) conferite dal Governo o dai Ministri nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura (…) possono essere confermate, revocate, modificate o rinnovate entro sei mesi dal voto sulla fiducia al Governo”.
Se consideriamo che FS è sì una società per azioni, ma è partecipata al 100% dal ministero dell’Economia, che il Cda di FS era stato nominato dal governo Gentiloni a dicembre 2017 (quindi nei sei mesi precedenti la scadenza naturale della XVII legislatura) e che la decisione di Toninelli è arrivata entro i sei mesi successivi al voto di fiducia al governo Conte, non sembra che a questa decisione si possano muovere critiche di palese illegittimità.
È però vero, come dice Delrio, che la norma “non imponga” le dimissioni del cda di FS. Si tratta di una possibilità che sta al governo decidere se cogliere o meno.
Verifichiamo quindi se, come dice sempre Delrio, finora FS non fosse mai stata interessata dallo spoils system.
Ci sono precedenti?
In base allo statuto di FS (art. 11), è l’assemblea degli azionisti (cioè ministero dell’Economia, che ha il 100% delle azioni) che nomina il Cda e può nominare il presidente e l’amministratore delegato. Se queste due cariche non vengono decise dall’assemblea, è il Cda stesso che provvede.
Verifichiamo dunque, dopo il 2002 – quando fu appunto introdotta la legge 145 sullo spoils system – quanti Cda sono stati cambiati e in che modo.
Il consiglio di amministrazione in carica nel 2002 era stato nominato nel 2001 e rimase fino al termine naturale del suo mandato, nel 2004, con Giancarlo Cimoli quale amministratore delegato e presidente. Allora fu sostituito da un nuovo Cda, presieduto da Elio Catania, che fu nominato anche amministratore delegato. Quella sostituzione avvenne a oltre due anni dalla fine della legislatura, quindi fuori dal periodo di tempo previsto dalla legge sullo spoils system.
Nel 2006 il Cda venne rinnovato pochi mesi dopo le elezioni politiche ma non integralmente sostituito: vennero nominati dal Tesoro il presidente, Cipolletta, e l’amministratore delegato, Moretti. Elia si era dimesso dopo una trattativa sulla propria liquidazione per consentire il ricambio.
Nel rinnovo del 2010, Moretti rimase Ad ma il resto del Cda, incluso il presidente (Cardia), fu cambiato dal governo. Considerata la distanza dalle elezioni precedenti (2008) e successive (2013) è impossibile che in quella circostanza venisse applicata la legge sullo spoils system.
Nel 2014 – durante il governo Letta – il Cda venne di nuovo rinnovato e ampliato, e al posto di Moretti come ad arrivò Elia. Questo Cda sarebbe dovuto durare fino al 2017 ma nel novembre 2015, a causa di frizioni tra Elia e il governo Renzi, si dimise in blocco (dunque senza bisogno che il governo utilizzasse lo spoils system, che anche in quel caso era precluso dalle tempistiche) per consentire il cambio della dirigenza.
Il nuovo Cda fu nominato a dicembre 2015 e la carica di Ad venne data a Mazzoncini. Sarebbe dovuto scadere nel 2018 ma nel 2017, come già detto, venne rinnovato in anticipo fino al 2020.
Dunque è vero che fino all’ultima decisione del ministro Toninelli non fosse mai successo che il consiglio di amministrazione di FS venisse rimosso utilizzando lo spoils system, ma del resto le tempistiche imposte dall'articolo 6 della legge 145/2002 non lo hanno di fatto mai reso possibile.
Conclusione
Delrio ha ragione nel sostenere che la decadenza del Cda di Ferrovie dello Stato non sia imposta da alcuna norma di legge. La normativa sullo spoils system dà infatti solo la facoltà al nuovo governo di rimuovere i dirigenti nominati dal precedente, a determinate condizioni.
Sembrerebbe però che questa facoltà sia stata esercitata legittimamente dal governo, rispettando le prescrizioni di legge. È anche vero, come afferma ancora Delrio, che finora non fosse mai stata applicata la normativa del 2002 sullo spoils system a FS ma, come abbiamo visto, questa non è stata una libera scelta in quanto le tempistiche delle nomine non erano compatibili coi vincoli (sei mesi pre e post elezione) imposti dalla legge 145.
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