Il segretario del Pd Maurizio Martina, ospite di Radio Anch’io su Radio Rai il 3 agosto, ha dichiarato (min.38.55): “A giugno del 2019 noi assisteremo a un mese tremendo, dove migliaia e migliaia di insegnanti purtroppo verranno espulsi dalla scuola”. Martina stava commentando gli effetti che avrà in futuro il decreto Dignità, da poco approvato dal Parlamento.
La questione è molto complessa, ma proviamo a fare chiarezza.
Il caso dei diplomati magistrali
Il problema riguarda un gruppo molto specifico di insegnanti, ma si intreccia con le procedure incredibilmente complesse e stratificate con cui si sono selezionati i docenti nella scuola italiana. Come segnala OrizzonteScuola, il gruppo che ci interessa è quello di chi è in possesso di un diploma magistrale.
Le magistrali sono infatti state abolite con il decreto ministeriale 10 marzo 1997, in attuazione della legge 19 novembre 1990 n. 341. Sopprimendo quel tipo di scuola, il decreto stabiliva (art. 2) che i diplomi conseguiti entro l’anno scolastico 2001/2002 avrebbero conservato il loro valore legale.
Che cosa succede a chi ha un diploma magistrale? La prima possibilità è che sia inserito nelle graduatorie di istituto, in terza fascia: questa è la fascia riservata ai docenti di scuola secondaria non abilitati, ma in possesso del titolo di studio valido per l’accesso all'insegnamento. Dopo il 2014 peraltro possono essere inseriti anche in seconda fascia. Le graduatorie di istituto sono quelle da cui i presidi attingono per le supplenze.
Ai diplomati magistrali è invece oggi preclusa la possibilità di essere inseriti nelle graduatorie a esaurimento ed essere immessi in ruolo per quella via, in conseguenza di una recente sentenza del Consiglio di Stato.
Ma molti diplomati magistrali si trovavano, nonostante questo, proprio in quelle graduatorie a esaurimento: vediamo come è stato possibile.
Come si entra di ruolo nella scuola
Qui le cose si complicano. Per avere un posto di ruolo nella scuola, infatti, ci sono oggi due canali: uno è quello delle graduatorie a esaurimento, e serve a coprire il 50% dei posti via via disponibili. Il restante 50% è invece attribuito tramite concorsi.
Il percorso che ci interessa - perché è qui che si è creato il problema affrontato dal dl Dignità - è appunto quello delle graduatorie a esaurimento.
Accedono alle graduatorie a esaurimento solo gli insegnanti abilitati, e oggi l’abilitazione si può ottenere in pochi modi: o tramite il Tirocinio formativo attivo (TFA), poi sostituito con un altro percorso differente chiamato FIT - entrambi prevedono una selezione in ingresso - oppure tramite Percorso abilitante speciale (PAS), riservato ai docenti precari della scuola che hanno prestato servizio per almeno tre anni in scuole statali o paritarie. Dunque, per l’abilitazione negli ultimi anni si è seguita la strada del TFA, del FIT o del PAS, a seconda dell’esperienza pregressa.
Il punto è che in precedenza ci sono stati altri criteri per entrare nelle graduatorie a esaurimento, a cui potevano accedere anche insegnanti senza abilitazione.
In origine, nelle graduatorie permanenti (nome precedente delle graduatorie a esaurimento) erano ammessi (l. 124/1999) i docenti coi seguenti requisiti: per tutti 360 giorni di servizio; per i docenti della scuola dell’infanzia e della secondaria l’abilitazione conseguita grazie a concorso; per i docenti della primaria l’idoneità conseguita in un concorso.
Nel 2006 questa disciplina venne modificata dal governo Prodi che, con la legge 296/2006, trasformò le graduatorie permanenti in graduatorie a esaurimento e vi consentì l’accesso a tutti gli abilitati, anche a quelli abilitati con le SISS (“Scuole di specializzazione all’insegnamento secondario”) (v. art. 4 co.2 l. 341/1990) e ai laureati in Scienze della formazione primaria, che non avevano acquisito tale abilitazione tramite concorso.
Qui tornano in campo i diplomati magistrali. Nel 2006, infatti, vennero esclusi dalle graduatorie a esaurimento proprio i diplomati magistrali in possesso del diploma abilitante conseguito entro l’anno scolastico 2001-2002 (dopo di che, come dicevamo, le magistrali vennero abolite).
L’esclusione causò innumerevoli ricorsi ai tribunali amministrativi. Nel 2015 il Tar del Lazio dichiarò nulli due decreti del ministero dell’Istruzione (Miur) (DM 235/2014 e DM 325/2015) che ribadivano l’esclusione e il Consiglio di Stato, con le ordinanze 4312/15 e 4313/15 aprì nuove prospettive per l’inserimento nelle graduatorie a esaurimento della primaria e dell’infanzia ai diplomati magistrali.
Negli anni successivi, dunque, decine di migliaia di diplomati magistrali sono stati ammessi nelle graduatorie a esaurimento “con riserva”, cioè in attesa della decisione definitiva dei magistrati amministrativi.
Secondo OrizzonteScuola ci sono oggi 43.534 docenti che sono entrati in graduatoria a esaurimento a seguito di sentenza cautelare e 6.669 docenti che sono assunti a tempo indeterminato che hanno un contratto con clausola risolutiva, anch’essa legata all’esito dei procedimenti giudiziari amministrativi.
La sentenza del Consiglio di Stato
Con la sentenza n. 11 del 20 dicembre 2017 il Consiglio di Stato ha risolto la questione relativa alla legittimità o meno dell’inserimento in graduatoria ad esaurimento dei diplomati magistrali ante 2000/2001 e ha dato risposta negativa.
“Manca una norma – scrivono i magistrati – che riconosca il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 come titolo legittimante l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento”.
Di qui il problema dei diplomati alle magistrali.
Per ottemperare a questa sentenza, il Miur avrebbe dovuto revocare il contratto e il ruolo ai quasi 7 mila docenti assunti e retrocederli nelle graduatorie di istituto, e avrebbe dovuto espellere dalle graduatorie a esaurimento i quasi 45 mila docenti inseriti con riserva.
Il “decreto Dignità”
La soluzione trovata dal governo Lega-M5S, nel “decreto Dignità”, è stata quella (art. 4 del dl Dignità, come modificato nel corso della discussione parlamentare) di trasformare gli assunti a tempo indeterminato con riserva, “retrocedendoli” a contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale massimo al 30 giugno 2019.
Alcuni sindacati hanno criticato la scelta di non intervenire sulla legge che, nell’interpretazione data dai giudici, esclude i diplomati alle magistrali dalle graduatorie a esaurimento.
Il governo, in ogni caso, ha previsto anche una procedura concorsuale straordinaria, bandita in ciascuna regione per la copertura di parte dei posti vacanti e disponibili nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, che dovrebbe consentire il riassorbimento di quei docenti rimasti esclusi a causa della sentenza del Consiglio di Stato.
Ma quel concorso straordinario avrà una portata limitata. Infatti il 50% dei posti vacanti viene, regolarmente, coperto prendendo i docenti dalle graduatorie a esaurimento. Il restante 50% viene coperto innanzitutto scorrendo le graduatorie di merito dei concorsi banditi nel 2016, con riferimento a coloro che hanno raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando (i cosiddetti “idonei”). Se avanzano comunque dei posti, la metà di questi sarà attribuita col concorso straordinario.
Di qui, insomma, il rischio paventato da Martina che una volta scaduto il termine del 30 giugno migliaia di insegnanti si trovino “espulsi” dal sistema scolastico, se i posti messi a disposizione dal concorso straordinario non fossero sufficienti.
Conclusione
Martina esagera nell’attribuire la paternità del problema al decreto Dignità, considerato che il “problema” è stato creato da interpretazioni altalenanti da parte dei magistrati amministrativi delle norme precedenti.
È però vero che la soluzione trovata dal governo non è, a un primo esame, esente da rischi. In particolare per quei docenti che, ora esclusi dalle graduatorie a esaurimento, rischiano di non trovare spazio nei futuri concorsi straordinari regionali.
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