Il commissario europeo per gli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, ha dichiarato il 23 ottobre in un’intervista con Repubblica: “Quando il debito sale aumenta la spesa per gli interessi, che già oggi vale 1.000 euro per ogni italiano e in totale 65 miliardi, quanto il Paese spende per l’istruzione”.
La premessa logica del commissario è discutibile, ma in generale la sua è un’affermazione sostanzialmente corretta.
La relazione tra debito e spesa per interessi
A un primo sguardo, la premessa che fa Moscovici sembra ovvia: all’aumentare del debito, aumenta la spesa per interessi. In realtà, il debito pubblico viene costantemente rinnovato e i tassi di interesse cambiano nel tempo.
Facciamo un esempio concreto: nel 1995 il debito pubblico italiano (convertito in euro) ammontava a 1.151,489 miliardi, mentre ad oggi è più che raddoppiato, arrivando a 2.326,546.
Eppure la spesa per interessi era significativamente superiore nel 1995. Secondo i dati di Banca d’Italia, questa ammontava a 201.132 miliardi di lire (cioè a quasi 104 miliardi di euro) mentre attualmente, come vedremo meglio in seguito, ammonta a circa 65 miliardi di euro.
Dunque non è detto che all’aumentare del debito aumenti la spesa per interessi, può anzi succedere l’esatto contrario. Bisogna infatti tenere in considerazione la variazione dei tassi di interesse dei vari titoli del debito (Bot, Btp, Ctz, Cct, e via dicendo) nel corso del tempo.
È però sicuramente vero che aumentare il debito pubblico in un momento in cui i tassi di interesse sono più alti rispetto al passato comporti un aumento della spesa per interessi.
A quanto ammonta la spesa per interessi?
La spesa per interessi, secondo il bollettino economico della Banca d’Italia più recente, pubblicato il 19 ottobre, nel 2017 è stata pari al 3,8% del Pil.
Un recente dossier del Senato sugli andamenti di finanza pubblica conferma questa percentuale e calcola che, in valore assoluto, si tratta di 65,6 miliardi di euro. Circa la cifra citata da Moscovici.
Se poi dividiamo questa cifra per la popolazione residente in Italia al primo gennaio 2018, ovvero 60.483.973 persone, otteniamo un risultato pari a circa 1.084 euro a tesa, più o meno i mille euro citati dal commissario europeo.
Ma davvero l’Italia spende per l’istruzione meno dei 65,6 miliardi che spende per interessi sul debito pubblico? Andiamo a verificare anche questo dato.
La spesa italiana per istruzione
Secondo quanto riporta il database Eurostat nel 2016, ultimo anno per cui è disponibile il dato, l’Italia ha speso per l’istruzione (Education) il 3,9% del Pil, in lieve calo rispetto al 4% dei due anni precedenti (nella voce Education sono compresi i costi per asili, scuole di qualsiasi ordine e grado, università e per ricerca e sviluppo. Le spese maggiori sono relative agli stipendi e al funzionamento delle scuole).
Se prendiamo invece il dato sulla spesa per interessi del 2016, contenuta in un altro bollettino di Banca d’Italia, vediamo che questa ammontava al 4% del Pil: lo 0,1% in più di quanto si sia speso per istruzione.
Anche nel 2015 l’Italia ha speso lo 0,1% in più per interessi che per istruzione: il 4,1% contro il 4%.
In attesa del dato sulla spesa per istruzione relativa al 2017 possiamo quindi dire che, in base ai dati 2015 e 2016, Moscovici abbia ragione anche su questo punto: le spese per istruzione e quella per interessi, in Italia, sono state sostanzialmente equivalenti negli ultimi anni.
Conclusione
Mosvocivi fa una premessa logica discutibile, ma i dati che riporta sono sostanzialmente corretti.
La spesa per interessi nel 2017 è stata pari a 65,6 miliardi di euro. Dividendola per il totale dei residenti in Italia, sono poco più di mille euro a testa (1.084€).
La spesa per istruzione poi, in percentuale del Pil, è stata pari al 3,9% nel 2016 (ultimo dato disponibile) contro una spesa per interessi pari al 4% quell’anno. Anche nel 2015 l’Italia ha speso lo 0,1% in più in interessi che in istruzione. Dunque, in attesa del dato sulla spesa per istruzione nel 2017, possiamo dire che Moscovici abbia ragione anche su questo punto.
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