L’ex presidente del consiglio e leader degli scissionisti del Pd confluiti in Mdp-Articolo 1, Massimo D’Alema, ha dichiarato il 9 ottobre, rispondendo ai cronisti a margine di un incontro alla Camera del Lavoro di Milano: “[il Rosatellum bis ndr.] è una legge con cui due terzi dei deputati sono nominati dai capi partito".
D’Alema ha sostanzialmente ragione, anche se il suo è più un giudizio politico che giuridico.
Il Rosatellum bis
La commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato, lo scorso 7 ottobre, la nuova proposta di legge in materia di sistema elettorale, nota come “Rosatellum bis”. Hanno votato a favore Pd, Forza Italia, Lega, Ap e alcune formazioni minori (Ala, cioè i “verdiniani”, Direzione Italia, Scelta civica, Civici e innovatori eccetera). Contrari M5S, Fratelli d'Italia, Sinistra italiana, Mdp e Alternativa libera. A partire dal 10 ottobre il Rosatellum bis verrà discusso dall’Aula di Montecitorio.
Vediamo dunque come cambierebbe il sistema elettorale se fosse approvato.
I collegi uninominali (maggioritario)
Tornano i collegi uninominali, tipici del sistema maggioritario. Erano previsti a suo tempo dal Mattarellum ma erano poi stati eliminati dall’avvento del Porcellum. Adesso si prevede che 231 deputati e 109 senatori – rispettivamente il 36,7% dei membri della Camera e il 34,6% dei membri del Senato – vengano eletti appunto in collegi uninominali.
Significa cioè che gli elettori potranno scegliere tra i vari candidati in lizza, ognuno sostenuto da uno o più partiti. Viene eletto il candidato che prende più voti rispetto agli altri (non è dunque necessario ottenere la maggioranza assoluta dei voti e non sono previsti ballottaggi).
I collegi plurinominali (proporzionale)
I restanti deputati e senatori verranno invece eletti in collegi plurinominali col sistema proporzionale. Ovvero: in ogni collegio, l’elettore avrà davanti un elenco di diversi candidati, e potrà votare i partiti che li sostengono ma non scegliere il singolo politico. Non è infatti previsto il meccanismo delle preferenze. Il numero di candidati eletti è in proporzione al numero di voti presi dalle varie liste (sono previste delle soglie di sbarramento per partiti e coalizioni).
Le liste di candidati varieranno a seconda della popolosità del collegio, tra i tre e gli otto nomi. Questo per rispettare le indicazioni della Corte Costituzionale che aveva bocciato il Porcellum, tra gli altri motivi, per le lunghe liste di candidati che di fatto non consentivano agli elettori una sufficiente conoscibilità degli eletti.
La questione dei “nominati”
Il meccanismo delle preferenze (che oltretutto era stato bocciato dai cittadini italiani in vari referendum durante gli anni ‘90) non è previsto. I candidati che vengono inseriti nel listino proporzionale sono scelti dai rispettivi partiti.
Di norma è il segretario del partito, o comunque il suo leader politico, a prendere queste decisioni, anche se tradizionalmente c’è una forte dialettica interna per la spartizione dei seggi tra le varie anime e correnti.
Anche i candidati nei collegi uninominali vengono scelti dai segretari e dai capi dei partiti. In caso di coalizione ci saranno trattative per trovare un nome di compromesso, ma sarà sempre scelto dall’alto. Gli elettori potranno poi scegliere tra i vari candidati proposti.
La differenza dunque è più che altro politica: nel collegio uninominale infatti la competizione è soprattutto tra diversi candidati, mentre nella quota proporzionale è soprattutto tra diversi partiti. Anche se ovviamente l’orientamento politico dell’elettore influisce anche nell’uninominale, così come l’identità dei vari candidati nel listino influisce nel proporzionale.
Conclusione
D’Alema esprime un giudizio politico, più o meno condivisibile, che si basa su un dato reale: i due terzi circa dei deputati saranno eletti col sistema proporzionale, senza preferenze.
È vero che il listino “corto” dovrebbe garantire una maggior conoscibilità dei candidati da parte degli elettori, tuttavia la differenza con l’uninominale – dove è centrale la figura del candidato – resta macroscopica.
Si può infatti sostenere che il candidato nell’uninominale, scelto dai partiti, sia eletto direttamente dagli elettori, che ne barrano il nome. Invece il candidato nella lista proporzionale plurinominale, scelto dai partiti, viene eletto solo indirettamente dagli elettori, che barrano la lista del partito politico.