Il vicepresidente della formazione di estrema destra CasaPound, Simone Di Stefano, è stato ospite lo scorso 9 novembre di Corrado Formigli su La7. Di Stefano, che si dichiara orgogliosamente fascista, ha rilasciato una serie di dichiarazioni, alcune di attualità altre di carattere storico, che abbiamo sottoposto al nostro fact-checking.
I consiglieri comunali di CasaPound
Di Stefano, sottolineando una presunta crescita del movimento di estrema destra nelle ultime elezioni, ha affermato (2h 15’ 45’’): “a Bolzano abbiamo tre consiglieri comunali, a Lamezia Terme, a Todi... un po' dappertutto".
È vero che CasaPound ha eletto a Bolzano, nel 2017, tre consiglieri comunali. È anche vero che ne aveva eletto uno a Lamezia Terme, Mimmo Gianturco, ma questi è stato successivamente espulso dal movimento nel maggio 2017. A Todi risulta poi eletto un consigliere del movimento (che oltretutto è in maggioranza).
Quanto al “dappertutto”, Di Stefano esagera. Oltre a quelli citati, CasaPound – come ci comunica il suo ufficio stampa – ha eletto consiglieri comunali in altri sette comuni: Grosseto (Gino Tornusciolo), Isernia (Francesca Bruno), Sant’Oreste in provincia di Roma (Andrea Miscia), Cologno Monzese (Lorenzo Corradini), Lucca (Fabio Barsanti), Trepuzzi in provincia di Lecce (Francesco Pezzuto) e Campagnatico in provincia di Grosseto (Marco Cinelli).
Infine ci sono il sindaco di Trenzano (Brescia) Andrea Bianchi e il vicesindaco di Montelibretti (Roma) Giuseppe Gioia, entrambi eletti in altre liste, che hanno aderito al movimento quando erano già in carica.
Si tratta insomma di una dozzina di comuni, su ottomila circa nel nostro Paese.
Ebrei fascisti
Di Stefano ha quindi criticato le leggi razziali, tra gli altri motivi perché avrebbero allontanato la comunità ebraica dal fascismo. Il vicesegretario di CasaPound in particolare ha affermato (2 ore e 49 minuti): “La comunità ebraica, fino alle leggi razziali, aveva partecipato attivamente, almeno in larga parte, alla rivoluzione del fascismo, con ministri come Guido Jung, offrendo martiri squadristi caduti nella marcia su Roma, Ettore Ovazza e via dicendo”.
Si tratta di una questione complessa. Per chiarirla abbiamo chiesto a Guri Schwarz, professore associato di Storia contemporanea dell’Università di Genova e autore di diversi saggi e volumi sugli ebrei italiani, e abbiamo consultato gli scritti di Michele Sarfatti, professore e studioso delle vicende della comunità ebraica italiana durante gli anni del fascismo.
Afferma Schwarz: “Ci sono stati singoli ebrei fascisti, prima e durante e dopo la marcia su Roma. Lo erano in quanto singoli individui. Così come ci furono ebrei antifascisti. Alcuni furono fascisti prima e antifascisti in un secondo momento, cambiando orientamento per esempio dopo il caso Matteotti. In linea di massima direi che – fino al 1938 – il comportamento della minoranza ebraica riflette quello della maggioranza degli italiani. Cioè gli ebrei furono fascisti come gli altri italiani, e come per gli altri italiani il loro fascismo poteva avere le coloriture e le motivazioni più diverse”.
Non è insomma del tutto infondato sostenere che la comunità ebraica avesse partecipato, fino al 1938, al fascismo, non diversamente dal resto della popolazione italiana. I casi singoli citati da Di Stefano sono poi corretti: Guido Jung fu infatti ministro delle Finanze e fervente fascista fino all’avvento delle leggi razziali, e Ettore Ovazza fu esponente del Partito Nazionale Fascista fino alle leggi razziali del 1938, che lo estromisero dalla vita politica. Fu il fondatore della rivista La Nostra Bandiera, che rappresentava il punto di vista degli ebrei fascisti. Venne assassinato dai nazisti con la sua famiglia nel 1943.
Lo storico Michele Sarfatti, in un articolo pubblicato proprio poche settimane fa, dà qualche numero del fenomeno dell’adesione al fascismo da parte degli ebrei italiani, che può aiutare ad inquadrare meglio la questione. Prima delle leggi razziali, circa 8 mila ebrei italiani avevano (o avevano avuto) la tessera del PNF, su un totale di 39 mila ebrei italiani che si stima vivessero in Italia prima della persecuzione.
A chiusura di quanto già detto riportiamo ancora quanto ci ha scritto il professor Schwarz: “Il fatto che ci siano stati singoli ebrei fascisti non sposta di una virgola le responsabilità del fascismo italiano in tema di antisemitismo. La persecuzione avviata ufficialmente nel 1938, ma preparata da molti anni, era il frutto di un’elaborazione culturale e di strategie politiche originali e autonome da influenze esterne. L’antisemitismo fascista italiano era il frutto di un percorso interno alla cultura politica italiana e – come la storiografia ha ampiamente dimostrato – non legato in alcun modo a pressioni dirette o indirette di parte tedesca”.
Mussolini e la previdenza sociale
Durante la sezione di debunking “Che Bufala!” della puntata, dedicata ai falsi miti sul fascismo, Di Stefano è intervenuto più volte per sottolineare che, se è vero come affermava il debunking che non è stato Mussolini a creare le pensioni sociali, è però vero che ha introdotto “la tredicesima, il TFR, la cassa integrazione”.
Come ben spiegato qui da Bufale.net, l’affermazione di Di Stefano sulla tredicesima è imprecisa. Negli anni ’30 fu introdotta dal fascismo (CCNL 5 agosto 1937, articolo 13), ma solo nel solo contratto collettivo nazionale per i lavoratori dell’industria, e solo per gli impiegati. Fu solo dopo la caduta del fascismo che le mensilità aggiuntive come noi le conosciamo divennero appannaggio di tutti i lavoratori subordinati (a decorrere dal D.P.R. 28 luglio 1960 n. 107).
Corretto invece Di Stefano sul TFR (trattamento di fine rapporto), a patto di assimilare il TFR all’indennità di anzianità. Questo è teoricamente possibile, perché la riforma del 1982 che ha introdotto il TFR ha modificato proprio l’articolo del codice civile (il 2120 cc.) che a sua volta aveva recepito la normativa di epoca fascista sull’indennità di anzianità nel settore privato.
Esistevano già alcune indennità per casi particolari (es. impiegati richiamati alle armi, decreti n. 490 del 10 maggio 1916, n. 349 del 10 marzo 1918 e n. 1773 del 24 novembre 1918) ma solo nel r.d.l. 1825 del 13 novembre 1924, legge sull’impiego privato, venne prevista (artt. 9-10) un’indennità per il lavoratore a tempo indeterminato che venisse licenziato senza una giusta causa, e che veniva parametrata all’anzianità lavorativa.
Sulla cassa integrazione, invece, Di Stefano mostra di credere a un falso mito. Non è infatti vero che fu creata da Mussolini. Al massimo negli ultimi anni del fascismo fu oggetto di accordo interconfederale (13 giugno 1941), ma non fu mai varato un quadro normativo relativo. La CIG (Cassa integrazione guadagni) nacque dunque il 12 agosto 1947, con DLPSC numero 869.
Roberto Spada sosteneva il M5S?
Rispondendo a Formigli che sosteneva Roberto Spada – fratello del boss mafioso Carmine “Romoletto” Spada di Ostia, e ora al centro di uno scandalo per aver dato una testata a un giornalista RAI –, avesse dato il suo endorsement a CasaPound, Di Stefano ha detto (3 ore e 11 minuti): “l’endorsement lui l’ha dato ai Cinque Stelle un anno fa”.
Di Stefano ha ragione sul fatto che nel giugno 2015, quindi più di un anno fa, Roberto Spada aveva dichiarato a Radio Cusano Campus (qui il Fatto Quotidiano riporta il virgolettato): “mi piacerebbe candidarmi qui a Ostia. Non credo che il M5S sarebbe disposto a propormi. Ma è l’unico che ha dimostrato finora di essere un partito pulito”. E ancora: “Sono gli unici che, anziché prendere, restituiscono soldi. Già per quest’azione per me hanno vinto: aiutano il popolo. Perché non dargli credibilità?”.
Ma il legame tra Roberto Spada e CasaPound è molto più radicato. Come racconta questa inchiesta de l’Espresso, i legami personali tra dirigenti del movimento di estrema destra e lo Spada erano profondi. Oltretutto – riporta sempre l’Espresso, ma non siamo in grado di verificare poiché probabilmente il post è stato rimosso – alla vigilia delle recenti elezioni a Ostia, Spada avrebbe esplicitamente invitato a votare CasaPound.
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