Il deputato uscente del Partito Democratico Edoardo Patriarca, già presidente del Centro nazionale per il volontariato e rieletto al Senato alle ultime legislative, lo scorso 18 marzo ha dichiarato: “In questi anni abbiamo puntato molto sulle pene alternative e siamo riusciti a ridurre il sovraffollamento nelle carceri”.
Si tratta di un’affermazione corretta.
I provvedimenti del governo
I principali provvedimenti dei governi della scorsa legislatura in materia carceraria sono il decreto legge 78/2013, contenente “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena” e votato sia da Forza Italia che da Pd e Sel, e il successivo dl 146/2013, contenente “Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria”, votato dal solo centrosinistra.
Adesso è attesa la riforma dell’ordinamento penitenziario, approvata lo scorso 16 marzo dal Consiglio dei ministri, ma che prima di diventare legge dello Stato dev’essere ancora votata in via definitiva dal Parlamento.
In questi provvedimenti si è in effetti ampliata la possibilità per i detenuti di accedere alle pene alternative al carcere – quali detenzione domiciliare, liberazione anticipata, affidamento ai servizi sociali eccetera – per contrastare il sovraffollamento delle carceri, un problema che aveva portato l’Italia, a inizio 2013, ad essere condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Qualche esempio: sono stati aumentati i termini al di sotto dei quali si può chiedere una misura alternativae, come abbiamo verificato di recente, la riforma dell’ordinamento penitenziario in via di approvazione vorrebbe insistere su questo approccio; si è stabilizzato un provvedimento temporaneo del 2012, secondo cui, a 18 mesi di pena residua da scontare, si può uscire dal carcere e terminare la condanna ai domiciliari; infine, ma solo per un periodo limitato di tempo tra 2014 e 2015, è stato innalzato da 45 a 75 giorni lo sconto di pena per ogni semestre di buona condotta del detenuto.
Gli effetti dei provvedimenti
Ma vediamo in concreto che effetto hanno avuto questi provvedimenti in materia di sovraffollamento carcerario. Bisogna tenere conto, allo stesso tempo, del generalizzato e sostanziale calo dei reati denunciati gli ultimi anni, di cui ci siamo già occupati in passato, ha visto.
Ad ogni modo, la capienza delle prigioni italiane è attualmente di 50.589 posti, mentre nel 2013 era di 47.709 posti.
Nel 2013 il totale dei detenuti ammontava a 62.536, in leggero calo rispetto al picco del 2010 di 67.961 persone presenti in carcere: allora si trattava di più di 20 mila detenuti in eccesso rispetto alla capienza del sistema. Nel 2014 si è registrata un’importante diminuzione, di quasi 10 mila unità, col totale dei detenuti sceso a 53.623. Un ulteriore calo è avvenuto nel 2015, portando il totale a 52.164 detenuti.
Ma i dati degli ultimi due anni hanno avuto il segno opposto.
Nel 2016 e 2017 i detenuti sono tornati a crescere, arrivando prima a 54.653 e poi a 57.608. Siamo ancora al di sotto dei valori preoccupanti registrati tra il 2008 e il 2013, ma un’inversione di tendenza c’è stata. Attualmente ci sono circa 7 mila detenuti in eccesso rispetto alla capienza delle prigioni, e la riforma dell’ordinamento penitenziario – come si legge anche in una nota del Consiglio dei ministri – vorrebbe, tra le altre cose, a risolvere questo problema.
Conclusione
È vero, come afferma, Patriarca che il governo negli ultimi provvedimenti – i due decreti approvati e la riforma dell’ordinamento penitenziario in via di approvazione – abbia privilegiato un approccio volto a ridurre il ricorso alla carcerazione in favore di misure alternative (domiciliari, servizi sociali, eccetera). È poi vero che, rispetto ai dati del 2013 e degli anni precedenti, il sovraffollamento carcerario si sia ridotto, anche se è tutt’ora presente e negli ultimi due anni è tornato a crescere dopo un biennio di forte calo.
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