Beppe Grillo, nel riassunto della settimana sul suo blog personale, ha scritto il 12 gennaio che “il nuovo presidente del Brasile, Bolsonaro, sta mettendo a rischio le popolazioni indigene dell’Amazzonia e tutto il clima globale”.
Sullo stesso blog di Beppe Grillo, il tema era stato affrontato più a lungo il 7 gennaio, in un post intitolato “Bolsonaro e il destino dell’Amazzonia”. A livello generale, si può dire che l’affermazione del comico genovese sia forse prematura ma comunque fondata.
Che cosa è successo con Bolsonaro al potere?
Il neopresidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato eletto il 28 ottobre 2018 al ballottaggio e ha cominciato il suo mandato ufficialmente il 1° gennaio 2019.
In un’intervista con il quotidiano Folha de S. Paulo del 5 dicembre 2018, ad esempio, aveva espresso la sua posizione sul tema degli indigeni della foresta amazzonica.
Bolsonaro aveva detto che gli indios vogliono essere integrati, avere accesso ai servizi come l’energia elettrica e Internet, e che non vanno tenuti nelle riserve “come animali allo zoo”. Il presidente eletto aveva poi ribadito la sua apertura alle ragioni degli agricoltori e degli allevatori, già sottolineata più volte in campagna elettorale.
Il 1° gennaio - il giorno stesso in cui il suo governo si è insediato - il presidente ha quindi trasferito con un ordine esecutivo il potere di identificare e delimitare le terre indigene dal Funai (Fundação Nacional do Índio, l’organizzazione governativa brasiliana che si occupa della tutela dei popoli e delle terre indigene) al Ministero dell’Agricoltura, che con Bolsonaro ha inglobato anche il Ministero dell’Ambiente.
Questo dicastero è guidato da Tereza Cristina Dias, già coordinatrice del Fronte Parlamentare Agricoltura (FPA), formazione politica che difende gli interessi dei grandi proprietari agricoli.
Non solo. Lo stesso Funai, che fino ad ora dipendeva dal Ministero della Giustizia, un dicastero dunque molto importante nella composizione del governo, è stato spostato al Ministero delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani. Questo dicastero è stato affidato a Damares Alvares, avvocata e pastore evangelico antiabortista e molto conservatrice. Alves è inoltre co-fondatrice di Atini, un gruppo controverso che ha come obiettivo l’evangelizzazione delle comunità indigene e che è sotto indagine da parte della magistratura brasiliana per incitamento all’odio razziale.
Queste mosse della nuova presidenza hanno messe in allarme gli indigeni della foresta amazzonica che, tramite alcuni loro rappresentanti, hanno chiesto il 3 gennaio all’autorità giudiziaria brasiliana di intervenire per monitorare le decisioni prese dal nuovo governo, e in particolare dal Ministero dell’Agricoltura.
Tiriamo le fila
Al momento siamo dunque di fronte a decisioni di carattere organizzativo del governo Bolsonaro. È chiaro però perché vengano ritenute potenzialmente pericolose per l’identità e per il territorio degli indigeni dell’Amazzonia: il loro organismo di tutela più importante – il Funai – viene depotenziato in favore del Ministero dell’Agricoltura, guidato oggi da una politica vicina alle ragioni dei latifondisti che sono diametralmente opposte a quelle degli indigeni.
Inoltre il Funai viene spostato dal Ministero della Giustizia a quello delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani, guidato da Damares Alvares, che vorrebbe convertirli al cristianesimo.
Infine bisogna considerare che queste decisioni del governo fanno seguito a una campagna elettorale in cui Bolsonaro ha espresso chiaramente le sue posizioni contrarie all’ambiente e alle ragioni degli indios, e a favore di quelle dei proprietari terrieri.
Il rischio per la popolazione indigena di cui parla Beppe Grillo al momento è dunque teorico, vista l’assenza per ora di decisioni concrete che impattino sulle terre abitate da indios, ma le premesse perché questo rischio si concretizzi ci sono tutte.
E l’impatto ambientale?
Oltre che sulle popolazioni indigene, le decisioni del governo brasiliano di Bolsonaro potrebbero avere anche un impatto ambientale. La foresta amazzonica ha infatti un effetto benefico sia nel ridurre le emissioni inquinanti, sia nella produzione di ossigeno, sia nella riduzione del riscaldamento globale da Co2.
Dopo un decennio in cui la deforestazione ha rallentato bruscamente rispetto ai picchi degli anni ’90 e inizio Duemila, rimanendo sempre al di sotto dei 10 mila km quadrati all’anno, un’eventuale ripresa degli abbattimenti degli alberi per fare spazio a terreni coltivabili per l’agricoltura o per il pascolo del bestiame potrebbe avere effetti negativi sull’ambiente.
Nel programma ufficiale di Bolsonaro non è esplicitamente detto che questo accadrà, ma è noto il sostegno alle sue politiche in campo agricolo da parte di imprenditori e latifondisti.
Inoltre, anche se il neo-eletto presidente ha subito fatto marcia indietro rispetto alla promessa di voler portare fuori il Paese dall’accordo sul clima di Parigi, ha posto però una condizione a questa rinuncia: che Brasilia conservi la piena sovranità sull’Amazzonia. Di qui le preoccupazioni su quali potrebbero essere i piani dell’esecutivo per il polmone verde del pianeta.
Secondo uno studio pubblicato il 21 febbraio 2018 su Science Advances dagli scienziati Thomas E. Lovejoy e Carlos Nobre, per quanto riguarda la foresta amazzonica saremmo vicini al “punto di non ritorno”, per cui se la deforestazione dovesse proseguire – o peggio aumentare – gli effetti sulla natura, sul clima e soprattutto sugli esseri umani, in termini di carestie e non solo, diverrebbero gravi e irreversibili.
Conclusione
Al momento è forse prematuro affermare, come fa Grillo, che le decisioni del nuovo presidente brasiliano mettano a rischio le popolazioni amazzoniche e il clima globale. È vero però che, in base a quanto affermato in campagna elettorale e alla luce delle prime decisioni organizzative in termini di ministeri prese da Bolsonaro, la preoccupazione risulti fondata.
Le popolazioni indigene rischiano di veder sacrificate le loro ragioni in favore di quelle degli agricoltori e degli allevatori, sostenuti apertamente dall’esecutivo, e l’ecosistema della foresta amazzonica rischia di essere compromesso gravemente – con ripercussioni anche a livello climatico – da eventuali decisioni che ne aumentino il ritmo di deforestazione.
Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it