Lo scorso 24 gennaio il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha dichiarato ai microfoni di Radio24: "Quando John F. Kennedy, qualche mese prima di essere ucciso, annunciò un profondo taglio di tasse, era il 1963, e fu realizzato dal suo successore Johnson. Le entrate del Tesoro degli Stati uniti in pochi anni aumentarono del 30% al netto dell'inflazione. Lo stesso accadde quando Ronald Reagan le tagliò in modo più netto negli Anni '80, passando dalla massima imposta del 72% alla massima imposta del 27%: e anche qui si registrò un aumento del 30% delle entrate. La signora Margaret Thatcher ha fatto lo stesso".
Si tratta di un’affermazione in gran parte corretta, che tuttavia sembra indicare un nesso di causa tra taglio delle tasse e le entrate fiscali che, invece, non è dimostrato, anzi.
Kennedy e Johnson
È vero che Kennedy, proprio prima di essere assassinato, annunciò nel 1963 un programma di riduzione delle aliquote fiscali. In particolare, propose di ridurre le imposte sul reddito dal ventaglio 20-91% al 14-65%, e le imposte sulle società dal 52% al 47%.
Il suo successore, Lyndon B. Johnson, realizzò quasi integralmente quanto annunciato da Kennedy. Col Revenue Act del 1964 l’aliquota massima sul reddito venne abbassata dal 91% al 70% e quella minima dal 20% al 14%, e l’imposta sulle società venne abbassata dal 52% al 48%.
Le entrate del Tesoro, secondo quanto riporta la TaxFoundation, passarono da 94 miliardi di dollari nel 1961 a 153 miliardi nel 1968: un aumento del 33% al netto dell’inflazione.
Dunque su Kennedy e Johnson Berlusconi ha ragione, anche se non è possibile affermare con certezza che l’aumento delle entrate del Tesoro sia stato causato esclusivamente, o anche solo principalmente, dal taglio delle tasse. Vedremo ora meglio, nel caso di Reagan, il perché.
Reagan
Come abbiamo già verificato in passato, Reagan tagliò le tasse con due differenti riforme: la prima, appena eletto, nel 1981, e la seconda a metà del secondo mandato nel 1986.
Il primo intervento, l’Economic Recovery Tax Act, portò l’aliquota massima sulle persone da circa il 70% al 50%. Il secondo intervento, il Tax Reform Act, ridusse ulteriormente, e progressivamente, le aliquote per le persone. L’aliquota più alta scese fino al 28%. Inoltre furono abbassate anche le tasse sui guadagni delle aziende e l’aliquota massima scese gradualmente dal 46% al 34%.
Berlusconi, con leggere imprecisioni numeriche, ha sostanzialmente ragione sull’entità del taglio. Per quanto riguarda gli effetti, la questione è più complessa.
È infatti vero che le entrate del Tesoro passarono da 617,8 miliardi nel 1981 a 991,1 miliardi nel 1988 (+60,1% al lordo dell’inflazione), ma – come spiega il fact-checker del Washington Post – sostenere che questo risultato dipenda dal taglio delle tasse è fuorviante.
Innanzitutto Reagan, dopo aver abbassato le tasse, tornò ad alzarle in diverse occasioni, il che ovviamente contribuì al gettito fiscale. Inoltre, secondo uno studio del Tesoro citato dal Washington Post, il taglio del 1981 causò una diminuzione delle entrate federali di 208 miliardi di dollari nei suoi primi quattro anni (valore normalizzato a dollari del 2012), e quello del 1986 – che era progettato per non avere effetti – causò comunque un calo di circa 1 miliardo delle entrate.
Dunque Berlusconi riporta quella che il Washington Post definisce “la mitologia” nata intorno alla politica fiscale di Reagan, che tende appunto a semplificare la storia, attribuendo a determinate decisioni effetti che invece dipendono da una moltitudine di variabili (incluse decisioni opposte, come l’innalzamento delle tasse nel 1982, 1983, 1984 e 1987), non ultima una significativa crescita economica.
Thatcher
Margaret Thatcher, primo ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990, tagliò significativamente a sua volta le tasse.
Nel Budget del 1979, l’aliquota massima per le persone fu portata dall’83% al 60%, e successivamente al 40% nel Budget del 1988. L’aliquota base per le persone, con il provvedimento del 1979, fu abbassata dal 33% al 30% e calò per “scalini” nei Budget del 1986 (29%), 1987 (27%) fino a giungere all’obiettivo del 25% nel Budget del 1988. L’aliquota più bassa, che era al 25%, fu invece alzata al 30% nel 1980, accorpandola a quella base (che tornò appunto al 25 per cento, ma solo otto anni dopo).
L’aliquota per le società fu progressivamente portata dal 52% al 35%.
Fu poi aumentata l’Iva, accorpando quella sui beni di lusso (12,5%) e sulla maggior parte degli altri beni (8%) in un’unica aliquota al 15%.
Anche in questo caso, se guardiamo al dato delle entrate fiscali vediamo che passano dai 57,1 miliardi di sterline del 1978-79 (32,8% del Pil) ai 187,4 miliardi del 1989-90 (34,9% del Pil). L’aumento fu del 228,2% al lordo dell’inflazione. È dunque vero che siano aumentate in cifre assolute, anche se va considerato l’effetto dell’inflazione, molto alta in quegli anni.
Bisogna poi sottolineare, come già fatto per Reagan, che su questo esito possono aver pesato anche altri fattori (a quegli anni risalgono ad esempio il big bang della City, grazie a una forte deregulation, e la scoperta dei giacimenti petroliferi nel Mare del Nord).
Come osserva Bruce Bartlett sul NY Times, inoltre, nel complesso la pressione fiscale durante l’epoca Thatcher non diminuì – e la spesa pubblica venne tagliata solo in piccola parte – ma, anzi, come percentuale del Pil fu addirittura aumentata.
Conclusione
Berlusconi cita correttamente, con solo minime imprecisioni, tre precedenti storici in cui dopo un taglio di alcune imposte il gettito complessivo delle tasse non è diminuito, anzi in alcuni casi è aumentato.
Ma nei casi che cita i fattori che possono aver concorso al risultato sono molteplici, in particolare una ripresa generalizzata dell’economia e l’adozione di misure di segno opposto. A volte infatti le tasse sono state aumentate subito dopo essere state abbassate (come nel caso di Reagan). In altri casi, il gettito aggiuntivo è stato più alto della corrispondente crescita del PIL, con l’effetto di aumentare la pressione fiscale (come nel caso della Thatcher).
Non si può insomma stabilire, come sembra invece fare il presidente di Forza Italia, un nesso di causa-effetto tra il taglio delle tasse e un aumento delle entrate fiscali. Nel caso di Reagan, anzi, il citato studio del Tesoro Usa ha stabilito il contrario.
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