Il 10 ottobre, l’ex deputato del Movimento Cinque Stelle Alessandro Di Battista ha criticato su Facebook la Banca d’Italia, il cui vicepresidente Luigi Federico Signorini pochi giorni prima – in un’audizione alla Camera – aveva espresso alcuni dubbi sulla nota di aggiornamento al Def del governo.
Secondo Di Battista, la banca centrale italiana ha un problema di governance, perché "è di fatto controllata dalle banche private che dovrebbe controllare". Questo ipotetico conflitto di interessi metterebbe a rischio la funzione di supervisore della stessa Banca d’Italia, sfavorendo la "povera gente".
Ma è davvero così? Abbiamo verificato, e al netto di alcune precisazioni l’affermazione di Di Battista è fuorviante.
Che cosa c’entrano le banche private con Banca d’Italia?
Nel suo post su Facebook, Di Battista non spiega come le banche private esercitino il loro "controllo" sulla Banca d’Italia, ma è probabile faccia riferimento – come già in passato – alla proprietà della banca centrale italiana, che secondo l’esponente del M5S deve tornare nelle mani dei cittadini.
Come indica l’articolo 1 del suo Statuto, la banca centrale italiana è 'istituto di diritto pubblico'. Nell’esercizio delle sue funzioni "i componenti dei suoi organi operano con autonomia", nel rispetto del principio di trasparenza.
Quest’ultimi, dunque, "non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati", in linea con il principio di indipendenza che devono rispettare tutte le banche del Sistema europeo di banche centrali (Sebc) – composto dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali degli Stati membri dell’Ue.
La natura pubblica della Banca d’Italia – così come confermata dal suo Statuto – sembra però essere messa in dubbio dalle distribuzioni delle sue quote di capitale.
Secondo i dati più aggiornati (10 settembre 2018), su 124 partecipanti al capitale, diviso in 300 mila quote, solo una piccola parte è in mano a istituti ed enti pubblici come Inps e Inail. Il resto è di proprietà di banche private – con Intesa San Paolo e Unicredit che insieme possiedono quasi un terzo delle quote –, fondazioni bancarie, fondi pensione e assicurazioni.
Questo modello non è dissimile da quello di altre economie avanzate come Giappone e Stati Uniti. In entrambi i Paesi, infatti, c’è una presenza di proprietà private all’interno delle banche centrali, elemento che – secondo la stessa Banca d’Italia – non mette in discussione il loro carattere pubblico.
In sostanza, è vero che quasi tutto il capitale della banca centrale italiana è in mano a banche private, ma questo non basta per dire che l’istituzione è «controllata» effettivamente dai privati. Almeno per due motivi.
Quali sono i limiti delle banche private?
Il primo motivo riguarda la rappresentanza che i privati hanno dentro la Banca d’Italia. In questo ambito, esiste infatti un organo – l’Assemblea dei partecipanti, regolamentata dagli articoli 6-14 dello Statuto – in cui i partecipanti al capitale possono far valere i propri interessi, eleggendo i 13 consiglieri del Consiglio superiore dell’istituzione.
Quest’ultimo 'esercita le funzioni di amministrazione generale e controlla l’andamento della gestione'. I consiglieri non possono ricoprire alcun incarico in soggetti vigilati, ma devono essere "personalità con significativa esperienza nel settore imprenditoriale, nell’attività libero-professionale, nell’insegnamento universitario o nell’alta dirigenza della Pubblica amministrazione".
Per il perseguimento delle finalità istituzionali, l’Assemblea dei partecipanti – come chiarisce sempre lo Statuto – "non ha alcuna ingerenza nell’esercizio delle funzioni pubbliche", sia della Banca d’Italia che del suo governatore, che siede nel Consiglio ma non è nominato dai rappresentanti delle banche private.
Queste ultime nominano anche i membri del direttorio della banca centrale – ossia il direttore generale e i vicedirettori generali – ma questo avviene "su proposta del Governatore" (art. 18 dello Statuto).
Inoltre, esistono limiti per la partecipazione alle quote di capitale della Banca d’Italia. Solo le società che hanno sede e amministrazione in Italia possono infatti acquistare le quote, senza superare più del 3 per cento del totale – come introdotto dalla legge n. 5 del 29 gennaio 2014.
Chi attualmente supera questo limite non ha vantaggi né sui dividendi delle quote in eccedenza – che sono trasferite alle riserve statutarie della Banca – né in termini di rappresentanza.
Insomma, i privati hanno un ruolo ridotto, mentre la figura più importante resta quella del governatore, che è il secondo motivo per cui l’influenza delle banche sul suo supervisore è in realtà limitata.
Perché anche il governatore ha dei limiti?
Il governatore di Bankitalia è di nomina politica. Come spiega l’articolo 18 dello Statuto, "la nomina del Governatore, il rinnovo del suo mandato e la revoca [...] sono disposti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore".
Sulla nomina della figura più importante della banca centrale italiana – attualmente ricoperta da Ignazio Visco –, i privati possono esprimere solo un parere non vincolante.
La scelta del nome della carica più alta è quindi pubblica e determina chi andrà a rappresentare la banca centrale italiana nel Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea, ossia il principale organo decisionale della Bce.
E proprio l’Europa ha un ruolo importante nel limitare ulteriormente l’ingerenza delle banche private sull’attività delle banche centrali dei Paesi membri. Le competenze di queste ultime in tema di supervisione e controllo infatti – con la nascita dell’Eurozona – sono state ridotte di molto, in favore della Bce stessa.
La Banca d’Italia, ad esempio, esercita i propri poteri nei limiti e secondo le modalità previste dal Meccanismo di vigilanza unico (Mvu), introdotto nel 2014. Quest’ultimo è uno dei pilastri dell’Unione bancaria dell’Ue ed stabilisce inoltre che la Bce "eserciti la vigilanza diretta su 119 banche significative dei paesi partecipanti, che detengono quasi l’82 per cento degli attivi bancari nell’area dell’euro". Le più grandi banche italiane sono quindi vigilate direttamente dalla Bce.
Le principali finalità del Mvu sono, tra le altre, la salvaguardia della sicurezza e della solidità del sistema bancario europeo e lo sviluppo di una vigilanza coerente.
Conclusione
L’ex deputato del M5s Di Battista ha dichiarato che la Banca d’Italia è caratterizzata da un conflitto di interessi che influenzerebbe la sua attività di supervisione, essendo "di fatto controllata dalle banche private che dovrebbe controllare". Quest’affermazione è in realtà fuorviante per almeno due motivi.
In primo luogo, è vero che gli istituti privati possiedono quasi tutte le quote di capitale della Banca d’Italia, ma la loro rappresentanza ha un ruolo limitato sia nel perseguimento delle finalità istituzionali sia nella nomina del governatore, che è pubblica.
In secondo luogo, le competenze di controllo della Banca d’Italia sulle altre banche sono state ridotte negli ultimi anni a favore della Bce, per favorire una maggiore stabilità economica della zona Euro.
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