La riforma Fornero continua a far parlare di sé ed è tornata al centro dell’opinione pubblica dopo che numerosi esponenti politici, già in clima da campagna elettorale, hanno rispolverato l’argomento - con intenzioni opposte.
Di abolizione della riforma pensionistica - introdotta dal governo di Mario Monti e studiata dall’allora ministra Elsa Fornero - parla da tempo Matteo Salvini. Il leader della Lega, dopo l’incontro con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni del 7 gennaio 2018, ha annunciato di essere riuscito a convincere gli alleati a introdurre nel programma del centrodestra la “cancellazione” della legge.
Scettico nei confronti della dichiarazione si è mostrato Luigi Di Maio. Il candidato premier del Movimento 5 stelle ha ricordato su Facebook che a votare questa legge sono stati “proprio Berlusconi e la Meloni che ora promettono di abolirla”. Del resto, la critica di Di Maio è riferita alla contraddizione sull’averla votata per poi abolirla e non all’abolizione in sé, dal momento che lo stesso leader del M5s lo scorso dicembre a 'In mezz’ora' su Rai Tre (min. 26’00”) ha parlato della proposta di eliminare e superare la legge Fornero entro il 2023.
Un "grave errore" secondo Padoan
Di parere opposto il Partito democratico e in particolare l’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Il ministro ha parlato senza mezze misure di “grave errore”, qualora l’abolizione fosse attuata, perché “la riforma Fornero è uno dei pilastri del sistema pensionistico italiano e della sostenibilità del sistema finanziario del Paese”.
La stessa Fornero ha detto di recente che la sua riforma “è stata preparata in 20 giorni” ed è migliorabile, ma anche che “Berlusconi sa che dal punto di vista finanziario non si può abolire” e che “ci sia una paranoia e una fissazione” di Salvini per la legge. E Antonio Tajani, esponente di Forza Italia e presidente del Parlamento europeo, ha precisato in un’intervista al Messaggero che “la Fornero va corretta, ma nessuno vuole farlo senza le dovute coperture”.
Come sempre ci teniamo lontani da valutazioni politiche. Possiamo invece valutare quali siano le cifre che comporterebbe l’abolizione della legge Fornero.
Quanto costa cancellare la riforma Fornero?
La riforma Fornero, introdotta nel 2011, prevede che le pensioni siano calcolate con metodo contributivo (anche per chi ancora godeva del metodo retributivo secondo la riforma Dini del 1995) e siano connesse alla prospettiva di vita con un ricalcolo ogni due anni (tre fino al 2017). Di fatto la riforma ha anticipato l’entrata in vigore di alcuni criteri già preesistenti, tra i quali l’innalzamento dell’età pensionistica (anche per le donne). Ma quanto costerebbe oggi abolirla?
A occuparsene con dati e cifre precise sono stati di recente sia la Ragioneria dello Stato, sia il Ministero dell’Economia e delle finanze.
Partiamo dal documento della Ragioneria dello Stato. Nel report 2017 sulle Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario si legge che le ultime riforme pensionistiche - da quella Maroni del 2004 a quella Sacconi del 2010 a quella Fornero del 2011 - hanno “generato una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil pari a circa 60 punti percentuali di Pil, cumulati al 2060”. E che circa un terzo di questi risparmi per lo Stato è legato “al pacchetto di misure previste con la riforma del 2011”.
Il report precisa anche che la riforma Fornero realizza “una riduzione della spesa in rapporto al Pil che si protrae per circa 30 anni, a partire dal 2012” con un effetto di contenimento che passa da “da 0,1 punti percentuali del 2012 a circa 1,4 punti percentuali del 2020”, mentre poi “decresce a 0,8 punti percentuali intorno al 2030 per poi annullarsi sostanzialmente attorno al 2045” e che complessivamente “l’effetto di contenimento del rapporto spesa/PIL, cumulato al 2060, assomma a circa 21 punti percentuali”.
Si può quindi calcolare sia quanto costerebbe cancellare la Fornero nell’arco dei prossimi 42 anni sia quanto costerebbe cancellarla solo in un anno come il 2020, quello con maggiore effetto di contenimento della spesa.
Secondo il Fondo monetario internazionale, il Pil italiano nel 2020 ammonterà a 2.160 miliardi di dollari, mentre secondo il nostro Ministero dell’Economia e delle finanze sarà di 1.877 miliardi di euro. Ecco allora che abolire la legge Fornero costerebbe alle casse dello Stato, nel solo 2020, circa 26 miliardi di euro (1,4% del Pil).
Se invece si considera il suo impatto complessivo, si può dire che la legge Fornero fino al 2060 consentirebbe di risparmiare, prendendo come base il Pil del 2016, circa 353 miliardi di euro (21% del Pil). Questo valore considera però anche i risparmi già avuti nei primi cinque anni di applicazione della legge, cioè dal 2012.
Un articolo del Sole 24 ore ha ricordato che la riforma Fornero avrebbe dovuto comportare risparmi per circa 15-16 miliardi l’anno tra il 2013 e il 2016, pari a circa un punto di Pil ogni anno (nel 2012 invece l’impatto della legge fu intorno allo 0,1%). A questi però vanno sottratte altre spese: infatti, negli ultimi anni ci sono stati parecchi interventi che hanno toccato le pensioni.
Ad esempio, ci sono stati diversi interventi per la salvaguardia dei cosiddetti “esodati” - l’ultima nella legge di Bilancio 2017, maggiori spese cumulate circa 11 miliardi - e poi altre misure tra cui “le nuove 14esime, l'Ape e il cui costo è stato stimato in 7 miliardi nei primi tre anni di applicazione e 26 nei primi dieci”.
In sostanza, l’impatto della riforma Fornero, nei prossimi 42 anni, si aggirerebbe intorno ai 280 miliardi, la maggior parte dei quali nei prossimi 10 anni. Abolirla comporterebbe dunque un costo, limitatamente alla prossima legislatura (2018-2023), intorno ai 100 miliardi.
Senza modifiche alle leggi attuali, la spesa pensionistica in rapporto al Pil, come evidenzia la Nota di aggiornamento al Def 2017, sarà del 15,3% nel 2020, per salire al 16% nel 2025, al 18,4% nel 2040 e poi iniziare a calare fino al 15% del 2060 e in seguito al 13,8% del 2070. Questo dimostra come riforme di questo tipo, che vanno a toccare le pensioni, hanno un impatto non limitato al breve o medio periodo ma a decenni e generazioni future.
Conclusioni
Abolire la legge Fornero significherebbe trovare coperture per almeno 20 miliardi all’anno, in media, nella prossima legislatura. Per avere un’idea di cosa significhi, si consideri che l’ultima legge di Bilancio prevedeva - nelle intenzioni iniziali del governo - investimenti pari a 20,4 miliardi per il 2018. Cancellare la legge Fornero equivarrebbe quindi a non fare investimenti nell’arco dell’anno - naturalmente a meno di trovare altre coperture.