Il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi è tornato da alcuni giorni al centro della scena, con la pubblicazione del suo libro “Avanti – Perché l’Italia non si ferma”. Già prima della data ufficiale di uscita erano state date delle anticipazioni che avevano sollevato diverse polemiche, in particolare quella sul tema di “aiutare a casa loro” i migranti. Sottoponiamo dunque a verifica alcune delle cose che l’ex premier ha detto negli ultimi giorni.
Bloccare le partenze di migranti
Intervistato dalla radio Rtl lo scorso 12 luglio, Renzi ha dichiarato: “La prima cosa da fare da domattina è bloccare il più possibile dall'Africa le partenze, siamo a circa un 10% in più rispetto allo scorso anno”. Si tratta di un dato corretto. Secondo il ministero dell’Interno nel 2017, tra l’1 gennaio e l’11 luglio, sono sbarcati 85.209 immigrati, contro i 78.015 dello stesso periodo del 2016: il 9,22% in più.
La percentuale è significativamente calata a luglio, quando gli sbarchi si sono quasi azzerati. Fino a fine giugno infatti la percentuale di incremento rispetto al 2016 era il doppio di quella attuale: +18,71%.
Sulla possibilità di bloccare le partenze, se Renzi intende farlo con accordi con le tribù e i governi libici, e con gli altri Stati africani di partenza e transito dei migranti, è ovviamente possibile. Se invece si intendono misure quali il “blocco navale” (che è un atto di guerra) o anche solo il divieto di accesso ai porti italiani (che rischierebbe di scatenare numerosi ricorsi giuridici, come abbiamo già spiegato) è quasi impossibile.
Gli aiuti alla cooperazione internazionale
Parlando sempre della questione migranti e in particolare del “aiutarli a casa loro”, in un’intervista al Tg1 dell’11 luglio Renzi ha voluto marcare le distanza dalla Lega Nord, alle cui posizioni era stato accusato di avvicinarsi troppo: “Noi i soldi per la cooperazione internazionale li abbiamo aumentati, la Lega li ha tagliati”, ha dichiarato il segretario del Pd.
Si tratta di un’affermazione corretta. Guardando l’indice ODA, risulta che tra il 2008 e il 2010 i fondi per la cooperazione internazionale sono stati ridotti dal governo di centrodestra di cui faceva parte la Lega Nord – con un rimbalzo verso l’alto nel 2011 che tuttavia non basta a compensare le precedenti riduzioni – e sono invece sono stati costantemente aumentati dal 2012 in poi, dai governi Monti prima e Pd (Letta, Renzi e Gentiloni) poi.
I Paesi che non accolgono le quote previste di migranti
Sempre nel corso della stessa intervista al Tg1 e sempre parlando della questione migranti, Renzi accusa: “alcuni Stati membri Ue hanno preso l'impegno di accogliere i migranti, poi non prendono nessuno".
Si tratta di un’affermazione corretta. Si tratta in particolare di Ungheria, Polonia e Austria che, pur essendo vincolati dalle decisioni – la 1523 e la 1601 - prese dal Consiglio a settembre 2015 sui ricollocamenti, non hanno accolto negli anni successivi nemmeno un migrante da Italia e Grecia della quota che gli sarebbe spettata.
Dei tre Stati inadempienti oltretutto solo l’Ungheria votò contro tale decisione, insieme a Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Romania: non abbastanza per raggiungere una “minoranza di blocco” del provvedimento, che quindi è divenuto vincolante per tutti gli Stati membri (escluse Danimarca e Regno Unito, che avevano sul punto uno specifico opt-out).
Quanto l’Italia dà all’Unione europea
Parlando di Fiscal Compact, su Rtl, Renzi ha poi rispolverato il tema di “quanto l’Italia dà all’Unione europea”. Secondo l’ex premier, “l’Italia dà ogni anno alla Ue 20 miliardi di euro”.
Si tratta di un’affermazione imprecisa e fuorviante. Come abbiamo già dimostrato, l’Italia non ha mai dato 20 miliardi di euro alla Ue. Il massimo raggiunto è stato di 15,75 miliardi nel 2013, e la media degli ultimi anni è inferiore ai 15 miliardi.
Non solo. L’Italia riceve anche dall’Unione europea circa 10-12 miliardi di euro all’anno (a seconda oltretutto della sua capacità di spendere i fondi che le vengono destinati da Bruxelles), e dunque il saldo finale anche se resta negativo per Roma è di 3-5 miliardi all’anno.
La capacità italiana di imporsi in Europa
Renzi ha poi pronosticato un cambio di posizione da parte della Ue sulla sua proposta di tornare ai parametri di Maastricht, abbandonando quelli più stringenti imposti dal Fiscal Compact. Commentando le reazioni di chi da Bruxelles ha parlato di proposte “fuori dalle regole” ha detto al Tg1: “fuori dalle regole lo dicevano anche tre anni fa sulla flessibilità, e quella battaglia l’abbiamo vinta, e l’Italia ha cambiato in piccola parte le regole del gioco”.
Sui meriti, veri o presunti, del governo Renzi in questa “battaglia” avevamo scritto lo scorso marzo una lunga analisi, spiegando passo passo come si era arrivati alla flessibilità. Qui ricordiamo il verdetto finale, secondo cui “Renzi ha ragione quando rivendica lo sforzo in sede europea da parte del governo italiano per ottenere maggiori margini di flessibilità. Questo sforzo ha portato alcuni risultati concreti.
Pecca però di egoismo quando non menziona tutte le sponde – dal Pse nell’Europarlamento e nella Commissione, agli altri Stati europei contrari ai dogmi dell’austerità – su cui si è costruita la controproposta dei fautori della flessibilità. Sembra poi sottostimare anche il ruolo dello stesso Juncker nel raggiungere un compromesso coi partiti e coi Paesi fautori del rigore finanziario”.
Dunque anche, ma non solo, merito dell’Italia e di Renzi.
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