Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, è stato intervistato da Pippo Baudo a Domenica In lo scorso 5 marzo.
1. Rispondendo a una domanda sulla crisi di fiducia degli italiani, Gentiloni ha dichiarato:
“In parte credo sia inevitabile, perché noi abbiamo avuto la crisi economica-sociale più grave del dopoguerra, negli anni tra il 2007/08 e 2013/14”.
Avevamo già verificato un’affermazione simile di Guglielmo Epifani, all’epoca segretario del Pd, e – prendendo come parametro il Pil pro-capite – era emerso che la crisi del 2007-2013 potrebbe essere stata peggiore di quella del 1929-1936. Allora infatti il Pil pro-capite era caduto dell’8,6%, mentre negli anni della crisi recente il calo è stato dell’11,1%. Dunque non solo la crisi attuale è quella peggiore del dopoguerra, ma è anche peggiore di quella del 1929.
2. Gentiloni ha poi proseguito:
“Ci stiamo riprendendo, se guardiamo ai grandi numeri dell’economia: il Pil, la crescita, le esportazioni. La pressione fiscale sta diminuendo”.
La crescita percentuale del Pil italiano è andata migliorando negli ultimi anni. Dai dati negativi del 2012 (-2,8%) e 2013 (-1,7%) siamo passati nel 2014 al +0,1%, nel 2015 al +0,7% e nel 2016 al +0,9%. Inoltre anche le previsioni della Commissione europea prevedono che la crescita si mantenga allo stesso livello per il 2017 e arrivi all’1,1% nel 2018. Dunque Gentiloni ha ragione. Bisogna tuttavia notare come l’Italia sia ultima in Europa – nelle previsioni per il 2017 – per crescita del Pil.
Per quanto riguarda le esportazioni, avevamo verificato un’affermazione del ministro Calenda in base alla quale i dati del 2015 e del 2016 rappresentavano un record per l’export italiano. Calenda aveva ragione: nel 2015 si è superata per la prima volta l’asticella dei 400 miliardi di euro, arrivando a 412 miliardi, e nel 2016 si è migliorato il record arrivando a 417 miliardi di euro.
Sulla pressione fiscale, infine, gli ultimi dati diffusi dall’Istat relativi al terzo trimestre del 2016 registrano un calo dello 0,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si passa infatti dal 41% del 2015 al 40,8%, senza contare l’impatto del bonus da 80 euro, che l’Istat non qualifica come taglio alle imposte ma come trasferimento alle famiglie. Per quanto riguarda poi i dati complessivi sugli anni interi, dal 2013 in poi la pressione fiscale è andata, seppur di poco, calando.
3. A proposito di giovani e Sud Italia, il presidente del Consiglio ha detto:
“Purtroppo abbiamo una concentrazione nel Mezzogiorno sul problema del lavoro che riguarda i giovani”.
Anche questa affermazione è corretta. In base ai dati Istat, che arrivano fino al terzo trimestre 2016, nella fascia di età 15-29 anni il tasso di disoccupazione in Italia è del 26,7% (24,6% maschi, 29,6% femmine), mentre quello nel Mezzogiorno è del 41% (38,4% maschi, 44,8% femmine). Il differenziale tra dato nazionale e quello relativo al Sud Italia è di 14,3 punti percentuali per la fascia di età 15-29 anni.
Guardando invece il dato complessivo sulla disoccupazione, quello nazionale è al 10,9%, mentre quello relativo al Sud è al 18,6: sono 7,7 punti di differenza. Dunque è vero che il problema della disoccupazione sia concentrato nel Mezzogiorno e che sia più drammatico per i giovani che vi risiedono.
4. Sempre sulla questione occupazionale, Gentiloni dichiara:
“Penso che abbiamo fatto delle cose molto importanti in questi anni sul piano delle regole del mercato del lavoro. Questo ci ha consentito, anche dando degli incentivi molto importanti, di avere 6-700 mila nuovi posti di lavoro stabili”.
In base agli ultimi dati Istat, pubblicati il 2 marzo scorso, la differenza tra occupati a febbraio 2014 (quando si insediò il governo Renzi) e gennaio 2017 (ultimo dato disponibile) è di 677 mila unità in più.
Non è però vero che siano tutti “posti di lavoro stabili”. L’Istat innanzitutto parla di “occupati”, cioè “persone di 15 anni e più che nella settimana di riferimento hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura”. Dunque basta un’ora di lavoro in una settimana per essere considerati “occupati”. D’altro canto avevamo verificato come non fosse possibile che l’aumento degli occupati si spiegasse solo con forme di impiego estremamente temporanee, come ad esempio i voucher.
Come scrive l’Istat, nell’ultimo anno sono aumentati tra gli occupati “sia i dipendenti (+1,1%, pari a +193 mila) sia gli indipendenti (+0,8%, pari a +43 mila). La crescita dei dipendenti riguarda sia i permanenti (+0,4%, pari a +57 mila) sia quelli a termine (+5,8%, pari a +136 mila)”. Non tutti precari insomma, ma nemmeno tutti posti stabili.
5 - 6. Sul tema dell’immigrazione Gentiloni ha sostenuto che:
“Paesi che ricevono moltissimo dall’Unione europea, non fanno la loro parte”.
Anche questa affermazione è esatta. Come già correttamente sostenuto poche settimane fa dal presidente Mattarella, diversi Stati – in particolare dell’Est Europa – sono inadempienti rispetto a una decisione vincolante della Ue che li obbligherebbe ad accogliere una quota dei rifugiati presenti in Italia e in Grecia.
È poi vero che molti di questi Stati siano tra quelli che ricevono più aiuto dall’Unione europea. Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – che non hanno accolto profughi o quasi, violando la decisione Ue – sono tra gli Stati che, nel saldo tra soldi dati e ricevuti da Bruxelles, vantano un trattamento migliore.
7. A proposito dell’inchiesta su Consip, che vede tra gli indagati anche il ministro Luca Lotti e il padre dell’ex presidente del Consiglio, Tiziano Renzi, Gentiloni ha dichiarato:
“Il meccanismo Consip è servito al Paese in termini di riduzione di spese, serve a concentrare gli appalti per evitare che ogni singola amministrazione si faccia i suoi".
Dal 2000 la Consip – fondata nel 1997 – è individuata come la struttura di servizio per gli acquisti di beni e servizi per le Pubbliche Amministrazioni e realizza il programma di razionalizzazione degli acquisti.
Secondo una rilevazione presso le Pubbliche Amministrazioni, realizzata da Istat e Ministero dell’Economia e relativa agli acquisti effettuati nel 2015, i prezzi medi pagati “in convenzione Consip” sono sensibilmente inferiori a quelli “fuori Convenzione Consip”. Ad esempio sulla benzina si realizza un risparmio superiore al 16%, sui personal computer si arriva al 25% di risparmio e sulle stampanti quasi al 55%.
A fine gennaio 2017 diversi quotidiani avevano riportato la notizia di un risparmio di 132 milioni di euro grazie agli acquisti centralizzati di Consip di siringhe per le Asl di tutta Italia. Dunque ha ragione il presidente del Consiglio quando sostiene che il meccanismo Consip sia servito a ridurre le spese per l’Italia.