A guidare la Cina nei prossimi anni non sarà una “teoria” o una “visione”, ma un nuovo “pensiero”: il Pensiero di Xi Jinping (“Xi Jinping Sixiang”). Un onore riservato fino a oggi solo a Mao, l’unico leader cinese titolare di un proprio autonomo pensiero con il quale rivoluzionò il marxismo per adattarlo alla Cina.
Anche quello che andrà ad arricchire il pantheon ideologico del Partito comunista cinese (PCC) al termine del diciannovesimo congresso - che si concluderà il 24 ottobre con la nomina (attesa il 25) della nuova classe dirigente - sarà a suo modo un pensiero rivoluzionario. In che modo?
"Modernizzarsi senza occidentalizzarsi"
“Sarà la strada maestra per il più ambizioso esperimento di governance mai tentato nella storia umana, che vuole portare il PCC a guidare tutte le espressioni rilevanti della vita sociale ed economica in Cina, per risolvere le nuove contraddizioni fondamentali della nuova epoca: quelle tra uno sviluppo economico poderoso ma sbilanciato, e le nuove istanze di giustizia, partecipazione e benessere che si fanno largo nella popolazione”.
A parlare è Giovanni Andornino, docente all’Università di Torino e vice presidente del Torino World Affairs Institute Twai. “Se saprà vincere questa sfida – sottolinea il professore - il Partito potrà rivendicare di aver realizzato il ‘grande sogno di rinascimento della nazione cinese’: la Cina si sarà modernizzata senza occidentalizzarsi”. Un distacco dal socialismo? “Se alla fondazione del PCC l’esercizio del potere attraverso le istituzioni dello stato, e il perseguimento dello sviluppo economico, erano considerati parte del cosiddetto stadio primario del socialismo, necessario a raggiungere il paradiso comunista teorizzato da Marx, il discorso pronunciato da Xi Jinping ci ricorda che la finalità ultima del partito è da tempo cambiata: l’obiettivo dichiarato è portare la Cina a una posizione di primato globale entro il 2049”.
Un onore finora riservato solo a Mao
Il contributo ideologico di Xi Jinping (segretario generale del PCC, presidente della RPC e della commissione militare) non è ancora stato iscritto nello Statuto del partito - un passaggio che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni, a meno di clamorosi colpi di scena.
Ma dal Partito già trapela in modo evidente la futura centralità del “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”, illustrato nel discorso di tre ore e mezza che il segretario generale ha pronunciato davanti ai 2.280 delegati in apertura del congresso. Gli ultimi a citarlo sono stati tre membri del comitato permanente del Politburo uscente (l’organo al cuore del potere cinese), destinati a essere sostituiti per raggiunti limiti d’età: Zhang Dejiang, Yu Zhengsheng e Liu Yunshan. Ufficialissimo, dunque.
Si fa sempre meno peregrina l’ipotesi che il pensiero di Xi sia inserito nella carta del partito con l’espressa menzione del nome del leader, come accaduto soltanto per il pensiero di Mao Zedong e per la teoria (che teoria fu, e non pensiero, per non istituire paragoni con il “grande timoniere”) di Deng Xiaoping e Jiang Zemin, i primi due leader della Repubblica Popolare Cinese. Il pensiero di Xi – riferisce l’agenzia Xinhua - è strutturato intorno a 14 punti principali, che vanno dalla leadership del Partito Comunista Cinese, all’approfondimento delle riforme, alla promozione di una comunità di destino condiviso con il resto del mondo.
Un nuovo pensiero per una nuova era
Ma occorre fare una precisazione: il discorso non rappresenta la visione unica di Xi ma “la sintesi del consenso politico intorno a cui si ritrova l’intera leadership del Partito”, sottolinea Andornino. “Il Rapporto politico del Segretario generale non è mai un discorso di insediamento”, spiega il professore torinese, “bensì la relazione presentata a nome del comitato centrale uscente in cui si illustra al nuovo congresso quello che è stato fatto nei cinque anni precedenti, e la visione per il futuro”. Un testo la cui elaborazione richiede un anno di lavoro e centinaia di revisioni, coinvolgendo migliaia di funzionari del partito su tutti i punti cruciali dell’agenda politica, per arrivare infine a quella che Andornino definisce il “consolidato”. Cioè? “Il documento di indirizzo politico più autorevole che ogni cinque anni viene redatto in Cina. Ispira tutte le azioni di governo da intraprendersi nel quinquennio successivo, e talvolta oltre".
Fatta questa premessa, entriamo nel vivo della questione. Partendo dal linguaggio, da sempre importantissimo nella plurimillenaria cultura politica cinese. Pur senza citare il proprio stesso nome, Xi ha parlato espressamente di un “pensiero” elaborato per la “nuova era” in cui sta entrando il “socialismo con caratteristiche cinesi”. Si parla dunque di “pensiero” (“sixiang”), come fu per Mao, diversamente dal modo in cui sono stati presentati i contributi di Deng Xiaoping (“teoria del socialismo con caratteristiche cinesi”), Jiang Zemin (“teoria delle tre rappresentatività”) e Hu Jintao (“visione per lo sviluppo scientifico”). Tutto ciò farebbe pensare che “ben presto il contributo ideologico di Xi sarà abbreviato in “Xi Jinping sixiang”, dice Andornino. “Sarebbe clamoroso, metterebbe Xi su un piano pari a quello di Mao”.
Dell’introduzione di questo nuovo pensiero Xi ha parlato poi di fronte ai delegati della provincia del Guizhou, nel sud della Cina, la provincia che lo ha eletto tra i delegati al Congresso nella primavera scorsa. “L’evoluzione della principale contraddizione che attraversa la società cinese rappresenta un cambiamento storico”, ha dichiarato Xi, secondo il resoconto dell’agenzia Xinhua. Il riferimento alla “principale contraddizione” riprende il discorso di mercoledì scorso, in cui Xi aveva fatto riferimento a uno sviluppo “non equilibrato e inadeguato” della Cina e agli sforzi che il partito deve fare per migliorare le condizioni di vita della popolazione.
Pechino vuole essere un modello per il mondo
Quali implicazioni ha il congresso per la macchina di potere in sostanza leninista che governa il Paese? “Il Rapporto politico mostra la lucidità con cui il Partito continua a leggere le condizioni in cui versa la Cina, che governa dal 1949”, continua Andornino. “Non è un caso che tra i 14 punti che stanno alla base del Xi-pensiero, ben 10 siano dedicati al tema del miglioramento delle capacità di governance, nelle sue varie declinazioni”. Il partito si rafforza a tutti i livelli. Come? “A mio avviso, ci troviamo di fronte a una agenda di rinnovamento e potenziamento del PCC ancora più ambiziosa che in passato – spiega Andornino - al servizio di un orizzonte di grandezza nazionale che, per quanto legittimo, è ontologicamente diverso rispetto alla missione originaria del partito”. Nel socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era, l’enfasi è sempre di più sulle “caratteristiche cinesi” e sempre di meno sul socialismo.
“Si nota molto bene nel punto del Rapporto dedicato ai valori socialisti”, spiega il professore. “Nel titolo si menzionano i valori socialisti, ma nel testo si parla della necessità di coltivare lo ‘spirito cinese’, promuovere ‘valori cinesi’ e far leva sulla ‘saggezza cinese’ per offrire agli altri paesi strumenti per risolvere i propri problemi.” Il messaggio per le classi dirigenti e le opinioni pubbliche globali è chiarissimo, secondo Andornino: “L’egemonia occidentale nel campo delle idee e delle visioni del mondo, finora data per scontata, deve ora confrontarsi con una Cina che fa della propria strategia di sviluppo e del proprio assetto politico-istituzionale un modello cui altri possono ispirarsi. La narrazione patriottica della rinascita nazionale cinese, contrapposta alle crisi che investono le democrazie liberali occidentali – dagli USA di Trump, alle vicende europee con la Brexit, la Grecia e ora la Catalogna – esercita un’attrazione che è sempre più irragionevole sottovalutare”, ha concluso Andornino.
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