Lo stop della Santa Sede arriva all'indomani della decisione della procuratrice generale del Venezuela, Luisa Ortega Diaz, che ha aperto una inchiesta per presunti brogli durante il voto per l'elezione della Costituente e ha chiesto che l'insediamento dell'Assemblea venga bloccato. Ma malgrado gli appelli che ormai da giorni arrivano da governi, leader politici e istituzioni, il governo va avanti e i 545 rappresentanti della Costituente, organismo con potere quasi illimitato, hanno fatto il loro esordio nel salone ellittico del Parlamento, a pochi metri dall'emiciclo nel quale siedono i deputati, in maggioranza oppositori di Maduro, e inizieranno a redigere la nuova Carta. E questo malgrado l'inchiesta aperta dalla procura per sospetti brogli alle elezioni
Tensione altissima nelle strade
La tensione nel Paese è altissima e a giudicare dai segnali della vigilia non è escluso che le strade della capitale siano di nuovo segnate da violenze e scontri tra le due fazioni: oppositori e filogovernativi si sono già dati appuntamento simbolico all'esterno del Parlamento. Maduro chiede di non "cadere nelle provocazioni" e aggiunge che l'inizio dei lavori della Costituente favorirà "la riconciliazione e la pace", invitando le forze dell'ordine ad astenersi dall'uso "sproporzionato e eccessivo" della forza. Come segno di distensione le autorità venezuelane hanno rilasciato il sindaco di Caracas, Antonio Ledezma, uno dei principali oppositori al governo di Maduro, concedendogli il ritorno agli arresti domiciliari.
Resta invece in carcere l'altro leader dell'opposizione, Leopoldo Lopez, leader del movimento Voluntad Popular, che si trovava nella sua casa di caracas agli arresti domiciliari e che nella notte del 1 agosto è stato prelevato dalle forze di sicureza e arrestato. Agli arresti, secondo dati forniti dalle opposizioni, ci sono almeno 600 persone. Oggi è attesa inoltre la decisione dei paesi del Mercosur che dovranno stabilire se applicare al Venezuela la cosiddetta 'clausola democratica' e dunque se applicare sanzioni a Caracas per aver violato i principi democratici. Argentina, Brasile e Paraguay sono orientate ad applicare le sanzioni, l'Uruguay non ha ancora sciolto la riserva.
Scontri continui tra Polizia e manifestanti
Incurante delle critiche mondiali e forte del sostegno - determinante - delle forze armate, il controverso presidente venezuelano va avanti sulla sua strada che lo avvicina sempre più alla dittatura, come denunciato dall'opposizione, dalla conferenza episcopale locale e dagli Usa (leggi sul Foglio: Maduro fa insediare il suo anti Parlamento e completa il regime). Da ultimo le forze di sicurezza sono ricorse ai gas lacrimogeni e alle pallottole di gomma per disperdere la manifestazione convocata dagli anti-Maduro davanti alla sede del Parlamento, dove si sono insediati i 545 membri della Costituente, che hanno esautorato il Parlamento, che dallo scorso dicembre era controllato dall'opposizione. Decine di uomini della 'Policia Nacional Bolivariana (PNB) a bordo di motociclette hanno sparato lacrimogeni e pallottole di gomma contro i manifestanti a Caracas. La Pnb ha anche sparato lacrimogeni dentro un supermercato, dove si erano rifugiati alcuni manifestanti, incrementando l'effetto tossico dei gas quando vengono utilizzati in un ambiente chiuso. Una situazione che ha portato alcuni sostenitori di Maduro a prendere le distanze, se non proprio ad abbandonare il presidente, come scrive il Corriere dela Sera.
Il bilancio delle vittime cresce
L'opposizione riunita sotto la sigla MUD è riuscita a riunire un numero ridotto di simpatizzanti perchè la paura è sempre piu forte. Dal primo aprile, quando Maduro annunciò la scelta di far votare una Costituente, nelle violenze succedutesi si sono contati - finora - 121 morti, 2.000 feriti e 5.000 persone arrestate. L'Assemblea Costituente, che si è riunita per la prima volta, ha totale libertà di riscrivere la Carta del Venezuela, concedendo di fatto un potere assoluto a Maduro, erede dal 2013 del defunto Hugo Chavez. Leggi il reportage da Caracas della Stampa
Il Vaticano ha preso posizione: la Costituente va sospesa
Nel giorno dell'insediamento della contestata Assemblea Costituente in Venezuela, il Vaticano chiede "a tutti gli attori politici, e in particolare al Governo, che venga assicurato il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonchè della vigente Costituzione" e che "si evitino o si sospendano le iniziative in corso come la nuova Costituente che, anzichè favorire la riconciliazione e la pace, fomentano un clima di tensione e di scontro e ipotecano il futuro". A meno di una settimana dal voto di domenica scorsa e mentre il Paese sudamericano è in piena tempesta politica con le opposizioni pronte a marciare ancora contro l'esecutivo, la Santa Sede si schiera apertamente e auspica che "si creino le condizioni per una soluzione negoziata". La Segreteria di Stato ricorda "le indicazioni espresse nella lettera del primo dicembre 2016", ed esorta a tener presenti "le gravi sofferenze del popolo per le difficoltà a procurarsi il cibo e le medicine, e per la mancanza di sicurezza". La Santa Sede infine, "rivolge un accorato appello all'intera società affinchè venga scongiurata ogni forma di violenza, invitando, in particolare, le Forze di sicurezza ad astenersi dall'uso eccessivo e sproporzionato della forza" ed "esprime nuovamente la sua profonda preoccupazione per la radicalizzazione e l'aggravamento della crisi nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, con l'aumento dei morti, dei feriti e dei detenuti". La nota aggiunge che Papa Francesco, "direttamente e tramite la Segreteria di Stato, segue da vicino tale situazione e i suoi risvolti umanitari, sociali, politici, economici ed anche spirituali e assicura la sua costante preghiera per il Paese e tutti i venezuelani, mentre invita i fedeli di tutto il mondo a pregare intensamente per questa intenzione". Ma la posizione del Vaticano, scrive Repubblica, è rimasta finora completamente inascoltata. I vescovi venezuelani hanno ringraziato Bergoglio, come riporta Radio Vaticana, e parlano anche loro apertamente di dittatura.