Articolo aggiornato alle ore 17,00 del 24 gennaio 2018.
Il Venezuela ha due capi di Stato: Nicolas Maduro, succeduto a Hugo Chavez nell'aprile del 2013, e Juan Guaidó, che si è autoproclamato presidente nel corso di un comizio e sotto lo sguardo attento e interessato a Washington di Donald Trump, che non ha esitato a riconoscerlo quale unico e legittimo interlocutore "a interim" a Caracas. Lo stesso il Canada e l'Unione europea per bocca di Donald Tusk e Antonio Tajani.
"Oggi nella mia veste di presidente dell'Assemblea nazionale, invocando gli articoli della Costituzione (...) davanti a Dio onnipotente, giuro di assumere formalmente i poteri dell'esecutivo nazionale", ha affermato Guaidó, arringando la folla a una manifestazione contro l'"usurpazione" della presidenza da parte di Maduro. Per il presidente americano questi è un presidente illegittimo mentre l'Assemblea nazionale è "l'unico ramo legittimo del governo debitamente eletto dal popolo venezuelano". E se il successore di Chavez usa la forza per reprimere le proteste, "tutte le opzioni sono sul tavolo".
La mossa dell'opposizione era attesa, preparata da settimane, tanto che la Corte Suprema venezuelana - leale a Maduro - aveva ordinato un'indagine penale sul Parlamento mentre il presidente venezuelano eletto ha deciso una "revisione totale, assoluta, delle relazioni con in governo Usa" e avvertito che nelle prossime ore saranno prese decisioni "politiche e diplomatiche". Dopo Trump, è toccato all'Organizzazione degli Stati Americani (Oas) riconoscere Guaidó come presidente ad interim, isolando, così, il regime di Maduro dal resto del continente.
La Russia è con Maduro, dalla Cina no a interferenze
Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha parlato di "tentativo di usurpare il potere supremo in Venezuela", in "violazione dei principi del diritto internazionale". Peskov ha ribadito che Maduro è il "capo legittimo del Venezuela" e ha riferito che finora Caracas non ha chiesto a Mosca aiuto. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha telefonato a Maduro per esprimergli sostegno. Si schierano con l'erede di Chavez anche Iran, Siria e Turchia.
Più sfumata la posizione della Cina, che chiede una "soluzione politica" e ribadisce l'opposizione all'interferenza negli affari interni di altri Paesi. La portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, ha poi chiesto a tutte le parti coinvolte di "mantenere la razionalità e la calma e di cercare una soluzione politica attraverso il dialogo pacifico, all'interno della cornice della Costituzione venezuelana".
La tensione nel Paese è altissima, nel giorno in cui sono state convocate manifestazioni di entrambe le fazioni a cui hanno partecipato migliaia di persone in 23 Stati del Paese e a Caracas. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni. "Abbiamo uno storico appuntamento con il nostro Paese, con il futuro dei nostri figli", aveva spiegato poco prima delle manifestazioni Guaidó, chiedendo "un governo di transizione per nuove elezioni". Maduro ha fatto appello agli organi giudiziari perché agiscano "come prescrive la legge" nei confronti di Guaidó.
Sono 16 i morti negli scontri
Gli scontri tra le forze dell'ordine e i cittadini che manifestano contro il governo Maduro hanno causato 16 morti. Ad aggiornare il bilancio dei disordini è stata la Commissione inter-americana dei diritti umani, secondo quanto riporta El Pais. In precedenza, la Ong venezuelana Observatorio venezolano de conflictividad social aveva parlato di 13 morti, tutti causati da "proiettili", e aveva denunciato gli attacchi contro i manifestanti da parte delle "forze di sicurezza e di gruppi paramilitari". Inoltre, il direttore del Forum criminale venezuelano, Gonzalo Himiob, ha aggiornato a 278 il numero delle persone fermate da lunedì scorso.
"L'unica transizione in Venezuela è verso il socialismo", ha replicato Diosdado Cabello, presidente della potente assemblea costituente, fedele al regime che la utilizza come arma contro l'Assemblea nazionale, controllata dall'opposizione.
Maduro taglia le relazioni con gli Usa
Per tutta risposta Maduro ha tagliato le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti dando ai rappresentanti americani 27 ore per lasciare il Paese. Il leader dell'opposizione in Venezuela. "Ho deciso di rompere le relazioni diplomatiche e politiche con il governo imperialista degli Stati Uniti", ha dichiarato parlando ai suoi sostenitori davanti al palazzo presidenziale Miraflores a Caracas. "Andatevene, dannazione", ha aggiunto, "Siamo in questo palazzo per volontà del popolo, solo la gente ci può mandare via. Non vogliamo tornare al ventesimo secolo degli interventi del gringo, la gente dice no al colpo di stato, non all'interventismo e al colpo di stato, qui nessuno si arrende, qui andiamo a combattere".
Per contro Guaidó, ha detto che manterrà le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. "Il Venezuela desidera fermamente che gli Usa mantengano la loro presenza diplomatica nel nostro Paese", si legge in un comunicato diffuso da Guaidó via Twitter e rivolto "a tutte le ambasciate presenti nel Venezuela", per concludere "siamo una nazione sovrana e continueremo a mantenere le relazioni diplomatiche con tutti i Paesi del mondo".
L'Europa ha scelto con chi schierarsi
Dal fronte europeo, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk appoggia Guaidó e lo fa via Twitter: "Spero che tutta l'Europa si unisca a sostegno delle forze democratiche" scrive. Il presidente del Consiglio europeo aggiunge che "a differenza di Maduro, l'Assemblea parlamentare, compreso ha un mandato democratico da parte dei cittadini venezuelani".
Anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani si schiera con Guaidó. "Sono molto attento agli eventi in Venezuela. Contrariamente a Maduro, Guaidó ha legittimità democratica", scrive Tajani. "Si deve rispettare le manifestazioni e la libertà di espressione di un popolo che è stanco di morire di fame e di soffrire gli abusi di Maduro".