Washington punta a ridurre la presenza militare americana in Africa e ha fatto l'annuncio nel momento in cui la Francia riuniva i Paesi del G5 Sahel allo scopo di rafforzare il fronte anti-jihadista. Le forze che il Pentagono destina all'Africa o al Medio Oriente "potrebbero essere ridotte e anche reindirizzate per migliorare la preparazione delle nostre forze negli Stati Uniti o nel Pacifico", ha dichiarato il capo di Stato maggiore americano, generale Mark Milley, al suo arrivo nella serata di domenica a Bruxelles, per una riunione del Comitato militare della Nato, domani e dopo.
Ma proprio il giorno successivo il presidente francese Emmanuel Macron riuniva a Pau, in Francia, i presidenti dei cinque Paesi del Sahel (Ciad, Niger, Burkina Faso, Mali e Mauritania), in un momento in cui tra l'altro viene contestata la legittimità della presenza dei militari francesi. Al termine dell'incontro, dopo aver promesso altri 220 soldati supplementari per rafforzare l'Operazione Barkhane, avviata nel 2014 per combattere il terrorismo jihadista, Macron si è "augurato di riuscire a convincere" l'amministrazione di Washington a mantenere il suo contingente militare in Africa. "Spero di riuscire a convincere il presidente Trump che la lotta al terrorismo si gioca anche in questa regione e che il tema libico non può essere separato dalla situazione nel Sahel e nella regione del Lago Ciad".
Gli Usa, che evidentemente vogliono concentrarsi maggiormente sulle minacce poste da Russia e soprattutto Cina, schierano in Africa circa 7.000 uomini delle Forze speciali, che conducono operazioni congiunte con gli eserciti nazionali locali contro i jihadisti, in particolare in Somalia. Inoltre, dispongono di circa 2.000 soldati che conducono missioni di addestramento in circa 40 Paesi africani e partecipano a operazioni di cooperazione, in particolare con le forze francesi dell'Operazione Barkhane in Mali, a cui forniscono principalmente assistenza logistica.
A rischio la base di droni ad Agadez?
Il ministro della Difesa Mark Esper starebbe anche pensando di chiudere la base di droni ad Agadez, nel nord del Niger, costata centinaia di milioni di dollari e che fornisce agli Stati Uniti una piattaforma di sorveglianza formidabile sul Sahel. Sul punto, il generale Milley ha assicurato che il capo del Pentagono non ha ancora "preso alcuna decisione": "Ridurre la nostra forza non significa portarla a zero", ha osservato.
In seno al Comitato Militare della Nato - la più elevata autorità militare dell'Alleanza, composto dai Capi di Stato Maggiore della Difesa dei 26 paesi membri, che si riuniscono almeno tre volte all'anno - si dovrà anche parlare dell'eventuale ritiro militare statunitense dall'Iraq: il Parlamento iracheno ha chiesto che vengano cacciati i 5.200 soldati schierati in Iraq, il che però rimette in discussione anche la presenza delle truppe dei 75 altri Paesi membri della coalizione anti-Isis guidata da Washington. "Le istruzioni che ho ricevuto dal ministro della Difesa e dal Presidente sono che noi rimaniamo in Iraq", ha puntualizzato Milley.