"Buono come un lancio di dadi". Trey Obering, ex direttore dell'agenzia Usa per la difesa antimissile, definiva così ancora poche settimane fa lo stato del sistema, dal costo multimiliardario, che dovrebbe proteggere gli Stati Uniti dal lancio di missili balistici intercontinentali della Corea del Nord. La corsa è ripresa, da allora, con più foga, grazie anche ai due test ICBM compiuti da Pyongyang nel frattempo, uno dei quali espressamente inteso a saggiare la fattibilità di un vettore che possa colpire l'America. E quello fatto partire pochi giorni fa pare possa arrivare fino a San Francisco. Poco da stupirsi, quindi, della risposta degli Stati Uniti: l'annuncio che il sistema antimissile Thaad, quello che Washington avrebbe voluto installare in Corea del Sud già da alcuni mesi, funziona e colpisce in volo.
Quello che si sperava di poter sentire dalle parti del Pentagono, alle prese con l'ammodernamento di uno Scudo Stellare intuito nel lontanissimo 1983 da Ronald Reagan. Una difesa pensata in in sette fasi:
- I satelliti rilevano il razzo dalla Corea del Nord (in meno di 3 minuti dal lancio).
- Fra i 3 e i 5 minuti, vengono allertati i monitor della difesa. Le altre fasi avvengono nel giro di 20-27 minuti
- Il missile rilascia le testate armate e le 'esche' mentre i radar cercano di identificare il tipo di missile, la traiettoria e distinguere ogni esca.
- Se l'analisi della minaccia conferma che sia in corso un attacco, gli Usa lanciano uno o più intercettori.
- Le stazioni radar comunicano con gli intercettori e determinano quali siano le vere testate e quali le esche.
- L'intercettore lancia un "veicolo killer" con una testata sensibile.
- Il veicolo killer colpisce la testata armata con tale forza che entrambi sono completamente distrutti.
L'ottava possibilità, quella nefasta, è che il sistema fallisca e le testate colpiscano gli Usa.
Ora Kim può colpire gli Stati Uniti
Un'idea che nessumo ha mai ammesso sia concreta, anche se già meno di un mese fa il viceammiraglio James Syring, attuale capo della difesa antimissile, in commissione alla Camera avvertiva che Pyongyang aveva le capacità di colpire l'America del Nord con un missile intercontinentale armato di testate nucleari. "Dobbiamo presumere che oggi la Corea del Nord sia in grado di arrivare agli Stati Uniti con un ICBM che porti testate nucleari. E non direi che siamo in grado di affrontare comodamente tale minaccia", erano le sue parole preoccupate
Ragion per cui l'Amministrazione Trump ha deciso un rafforzamento di un sistema costato 40 miliardi di dollari. Revisione incentrata sia sul piano dell'aggiornamento tecnologico che per quanto riguarda la strategia difensiva.
"L'affidabilità della nostra difesa è bassa"
Davanti ad un attacco nordcoreano, gli Usa avrebbero circa 30 minuti per lanciare il proprio arsenale di intercettori contro un'arma che sta viaggiando a oltre 24.000 chilometri l'ora, colpirla e abbatterla con la sola forza dell'impatto. Ma dal 1999 a oggi sono stati condotti una manciata di test. Finora 18, e in 8 casi si è registrato un fallimento, compresi i tre negli ultimi 5 test prima dell'odierno.
Secondo uno sconsolato rapporto del Pentagono delle settimane passate "l'affidabilità e la disponibilità per gli operativi (gli intercettori) sono basse". A pesare, secondo il rapporto, sono le "nuove modalità di guasto" che si scoprono di volta in volta e avverte di ulteriori probabili minacce che derivano dagli attacchi hacker al sistema o da 'gap' cruciali nella copertura radar.
In termini pratici: si perdeva la traccia dei bersagli. "La prima generazione aveva delle anomalie, e sono peggiorate nella seconda generazione", ripeteva in questi giorni agli interocutori l'ex capo della difesa antimissile. Attorno a lui orecchie scettiche: l'intelligence, nonostante l'allarme dell'ammiraglio Syring, ha continuato a sostenere che la Corea del Nord non aveva armi nucleari in grado di colpire gli Usa, anche se Giappone e Corea del Sud rientrano nella portata dei loro missili balistici. Lo sosteneva fino a tre giorni fa. Poi ha smesso.