Usa e Cuba, il duello infinito riprende per i nuovi scenari aperti dalla crisi venezuelana. Dietro la decisione dell’amministrazione Trump di rilanciare il titolo terzo dell’Helms-Burton Act del 1996 contro Cuba c'è il ruolo dell'Avana nella crisi venezuelana.
La piena attivazione della legge Helms-Burton permette agli americani, e ai cubani diventati cittadini americani, di poter fare causa al governo dell’Avana per l’esproprio di terreni, porti e altre proprietà avvenuti negli anni Sessanta.
La decisione si accompagna alle intense pressioni sul governo di Cuba per il suo ruolo nel sostenere Nicolas Maduro. Insieme a Cina e Russia, l'isola caraibica è considerata uno degli attori esterni nelle vicende interne venezuelane.
Anche se Cuba lo nega, gli Usa sono convinti che la campagna contro Maduro del leader dell'opposizione, Juan Guaidò, non abbia trionfato finora proprio grazie all'influenza delle migliaia di cubani dentro la struttura militare e di intelligence venezuelana; tentacoli che si allungherebbero anche ad altre istituzioni, inclusi gli uffici immigrazione e i servizi sociali.
Il segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani, Luis Almagro, in un discorso all’Onu ha parlato di 22mila cubani infiltrati.
In principio fu Chavez
Secondo gli oppositori di Maduro, che hanno fatto una denuncia pubblica sul New York Times attraverso le parole di uno dei leader, Julio Borges, “nessuna soluzione sarà possibile se il Venezuela resterà agganciato al governo dell’Avana": “Cuba è più di un modello per il governo chavista ha sequestrato il Paese e lo tiene in ostaggio. Le decisioni più importanti vengono prese all’Avana, non a Caracas”.
Il rapporto tra i due Paesi risale a 25 anni fa, quando Hugo Chavez, uscito di prigione, visitò l’Avana. Fidel Castro, perso il sostegno sovietico con il crollo del Muro di Berlino, aveva bisogno di un nuovo alleato e lo trovò nel Venezuela.
Il rapporto si è cementato tra il 2004 e il 2014, periodo in cui il prezzo del petrolio, di cui il Venezuela è uno dei maggiori produttori, si è mantenuto ad alti livelli.
All’Avana venivano inviati dai 40 ai 50 mila barili al giorno, arrivati a 90 mila negli anni del boom. A questi si aggiungevano sussidi economici che hanno portato gli aiuti garantiti dal governo di Caracas a coprire il 12 per cento del prodotto interno lordo di Cuba che, di contro, ha risposto mettendo a disposizione di Chavez migliaia di uomini.
Con la crisi petrolifera e il peggioramento delle condizioni di vita del Venezuela, il Paese è finito nella crisi culminata nelle tensioni di questi giorni.
Cosa vuole Trump
Gli Stati Uniti puntano adesso a recidere il cordone ombelicale tra il governo dell’Avana e quello di Caracas, e il ricorso al titolo terzo dell’Helms Burton Act diventa uno straordinario strumento di pressione. Sarebbero 5.913 i casi di cittadini e imprese che hanno diritto a chiedere un risarcimento a Cuba per gli espropri, per un ammontare di un miliardo e 900 milioni di dollari, cifra che, con gli interessi maturati in 60 anni, porterebbe il totale delle richieste a 8 miliardi e 521 milioni.
Quanto basta per mettere in ginocchio molti Paesi. Nel mirino figurano tutto quelli che hanno fatto affari in questi anni, europei e americani, sfruttando le proprietà espropriate ai loro legittimi proprietari. Tra i potenziali obiettivi dei ricorsi milionari ci sono anche la catena spagnola di hotel Melià e Iberostar, la francese Pernod Ricard e le compagnie americane di crociere che hanno utilizzato i porti confiscati dal governo negli anni Sessanta.
L’Unione Europea ha deplorato l’iniziativa e minacciato di rivolgersi al Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio. Ma in gioco c’è molto di più di una battaglia legale.