di Paolo Dodero
Berlino - Donald Trump lo spirito imprenditoriale non se l'è inventato da zero ma lo ha ereditato insieme ai cromosomi dalla famiglia, e in particolare dal nonno paterno, Friederich Trump: un avventuriero la cui biografia è stata in gran parte ricostruita dal popolare tabloid tedesco 'Bild', che oggi la pubblica insieme a copie di antichi documenti. Renitente alla leva, l'antenato del neo-presidente americano eletto lasciò sedicenne nel 1885 il natio Impero Germanico per cercare fortuna negli allora ancor giovani Stati Uniti, a New York, riuscendo infine ad accumulare un sacco di soldi grazie alla spregiudicatezza, all'indubbio coraggio e anche alla testardaggine, facendosi persino tenutario di case d'appuntamento dissimulate da taverne.
Da Kallstadt al mitico Klondike, tra forbici, pepite e bordelli
Però la stessa caparbietà che decenni dopo avrebbe permesso al nipote di conquistare la Casa Bianca, sogno da lui in realtà cullato ben prima dell'8 novembre scorso, vagheggiato, perseguito e poi accantonato varie volte, al nonno non bastò invece per realizzare l'obiettivo più ambito: ritornare nel Paese di origine con le tasche e la pancia piene. Ci provò in tutti i modi, ma rischiò addirittura di esserne al contrario cacciato in malo modo, se non peggio. Da figlio di viticoltori di Kallstadt, cittadina appartenente all'epoca al Regno di Baviera e oggi situata nel Land sud-occidentale della Renania-Palatinato, Friedrich Trump lavorò per molti anni come barbiere, su ambedue le sponde dell'Atlantico, prima di cogliere al volo l'apparente opportunità offerta, a lui e a migliaia di immigrati come lui, dall'incalzante corsa all'oro: che dal già all'epoca degradato Lower East Side di Manhattan lo porto' nel leggendario West. Dapprima ai boschi circostanti Seattle, nell'odierno Stato di Washington, e poi addirittura in Canada, nel Klondike: il mitologico distretto minerario dello Yukon che si estendeva a ridosso della frontiera con l'Alaska e dove, in cambio di poche pepite, si combatteva contro gelo, fame, stenti e una natura quanto mai ostile.
Nonno Trump, in realtà, pala e piccone in vita sua non li utilizzò mai: non in prima persona, quanto meno. A differenza di forbici e rasoio, infatti, faceva in modo che a brandirli fossero altri, cui magari cedeva inesistenti diritti di sfruttamento del sottosuolo, rivendicandolo per sé persino quando a scoprirlo erano stati terzi. Insomma, un furbacchione la cui fonte principale di reddito erano pensioni, osterie e locande piazzate ad arte nei siti strategici lungo le rotte seguite dai cercatori di metalli preziosi; e che non di rado erano di fatto pure bordelli, anzi, soprattutto bordelli. All'inizio d'infimo ordine, poi sempre più esclusivi.
La nostalgia della Baviera e la lettera al "sublime" Leopoldo
I proventi li reinvestiva nell'acquisto di appezzamentri di terra: l'immobiliarismo è sempre scorso nel sangue dei Trump. Finché nel 1901, ancora celibe e senza discendenza a quasi 33 anni, varcò a ritroso l'oceano per andare a rivedere i luoghi natii sfoggiando la nuova agiatezza. A Kallstadt reincontrò la 22enne Elizabeth Christ, che conosceva fin dall'infanzia in quanto la famiglia di lei abitava dall'altra parte della strada rispetto alla sua. Se ne innamorò perdutamente, l'anno seguente la sposò e se ne tornò con lei a New York, nel Bronx. La giovane moglie aveva però un'enorme nostalgia della madrepatria, dove pretendeva di rientrare a ogni costo. Sensibile alle richieste della moglie, nonno Trump cominciò a tempestare gli uffici competenti per riottenere la nazionalità originaria, che aveva perso votando negli Usa per le presidenziali del 1892, guadagnandone in compenso la cittadinanza. Il 6 giugno 1905, in particolare, inviò al reggente bavarese, principe Leopoldo, una lettera che persino l'odierna 'Bild', notoriamente usa a non andare troppo per il sottile, non esita a liquidare come "servile".
Leopoldo nella missiva è definito "sublime governante" da Friedrich, che rivolge quindi la propria supplica appellandosi alla "nobiltà, saggezza e giustizia" del "beneamato sovrano". Il quale al contrario fu inflessibile, anche perché fin dal febbraio di quello stesso anno si era scoperto che in realtà il richiedente se l'era filata da Kallstadt alla chetichella per evitare il servizio militare, senza ovviamente adempiere le formalità prescritte per emigrare, tra cui la cancellazione dai pubblici registri, e senza addirittura avvertire nessuno. Nemmeno la madre vedova, cui partendo si era limitato a lasciare sul tavolo di cucina un biglietto.
Tanto che la Questura di Bad Duerkheim, nella cui giurisdizione ricadeva Kallstadt, ingiunse al "cittadino statunitense Friedrich Trump" di "abbandonare il territorio della Baviera obbligatoriamente al più tardi entro il maggio", o in caso contrario "assoggettarsi a un decreto di espulsione". Con la consorte incinta, e la polizia di frontiera alle calcagna, a nonno Trump non rimase che imbarcarsi sul 'Pennsylvania', piroscafo a vapore in partenza per l'America. Si stabilì nel Queens, dove venne alla luce il primogenito Fred, futuro genitore di The Donald: non provò più a tornare in Germania, ricominciò invece a fare il barbiere.
Trump, Trumpf o Drumpf?
Morì nel 1918, a soli 49 anni: si pensò fosse stato colto da polmonite fulminante, invece Friedrich fu una delle primissime vittime della 'Spagnola', la micidiale pandemia influenzale che fino al 1920 avrebbe ucciso svariati milioni di persone nel mondo intero. Elizabeth e il primogenito si rimboccarono le maniche, e misero su una serie di speculazioni in campo immobiliare, che sarebbero diventate la specialità della dinastia. Fred, comunque, forse per i trascorsi del padre andò avanti per anni facendo finta di nulla se qualche documento riportava il suo cognome come 'Trumpf' o 'Drumpf', e sostenendo di essere di ascendenze non tedesche bensi' svedesi, di Karlstadt anziche' di Kallstadt: tesi che Donald avrebbe poi ripreso per qualche tempo, fino a cambiare idea e a rivendicare anzi le proprie origini, non più scandinave bensì teutoniche.
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