Roma - E' l'ultima spiaggia per fermarlo. Si avvicina la convention di Cleveland, dove Donald Trump si presenta con in mano la maggior parte dei delegati selezionati attraverso le primarie, e l'establishment del partito sta tentando di sbarragli il passo nel modo piu' antico e sperimentato: riscrivere le regole, all'ultimo momento. La speranza e' attaccata ad una sentenza di un tribunale della Virginia, che poco tempo fa ha ribadito il principio, costituzionalmente garantito, del divieto di vincolo di mandato. Traduzione: il delegato puo' votare, secondo coscienza, chi gli pare, indipendentemente dal nome del candidato al cui nome si e' legato durante la lunga fase delle primarie. Sembra un fatto scontato (ed infatti la regola vale anche per i Grandi Elettori che usciranno dal voto di novembre) ma non lo e' per nulla, perche' non e' mai avvenuta, negli annali del Partito Repubblicano, una cosa del genere. Ma la storia, diceva Marty McFly in "Ritorno al Futuro", puo' sempre cambiare. Anche quella dei repubblicani americani, cui Trump non piace e per il suo essere incontrollabile, e per la sua posizione piu' libertaria che conservatrice in temi come aborto e nozze gay. Per cambiarla,del resto, basta arrivare a 28.
Ventotto e' il numero che rappresenta la maggioranza nella Commissione Normativa del Grand Old Party, quella che presiede allo statuto del partito ed ha il potere di rivedere le modalita' di svolgimento della convention. Basta che la Commissione inserisca all'ultimo secondo una clausola di coscienza nel regolamento, ed il gioco potrebbe essere fatto. O almeno cosi' sperano i non pochi contrari all'ipotesi che Cleveland segni l'apoteosi di Donald Trump. Non si tratta solo di uomini e donne legate alla posizione tradizionale del partito, o anche solo ai dogmi dell'ideologia Tea Party. C'e' chi scommette sul fatto che il miliardario sia stato visto come un piacevole momento di sfogo, ma poi molti anche tra i suoi sostenitori abbiano iniziato a nutrire piu' di un dubbio sulle sue qualita' presidenziali. Forse e' vero, forse no, lo si capira' solo la prossima settimana, a convention avviata, se ci saranno effettivamente 28 delegati della Commissione Normativa pronti ad un voltafaccia destinato a lasciare piu' di una ferita nel corpo, gia' di per se' non in perfetta salute, del Grand Old Party. Ieri la prima riunione della Commissione, con un risultato di sostanziale parita' tra sostenitori di Trump e dissidenti. Non si e' arrivati alla conta, ma si e' deciso di non decidere. O meglio, di rinviare la decisione ai prossimi giorni. Con uno scopo non dichiarato, ma ben preciso: di qui a lunedi', giorno dell'inizio dei lavori, si avranno le idee piu' chiare sui reali rapporti di forza all'interno delle delegazioni dei vari stati. In altre parole, si capira' se i delegati eletti con Trump siano effettivamente suoi sostenitori (in molti casi le primarie assegnano il numero dei delegati, ma i loro nomi vengono scelti successivamente dagli organi del partito). In altre parole, se The Donald avra' realmente in mano il numero magico dei 1.238 delegati. In caso contrario, il numero magico scendera' precipitosamente alla cifra di 28, ed ogni sorpresa sara' possibile. (AGI)