di Nicola Graziani
Roma - Candidati alternativi, convention spaccata, fughe in avanti e sconfitta a sorpresa. Repubblicani 2016? No, tutto già accaduto 104 anni fa. Una lezione che il Grand Old Party dovrebbe tenere a mente, mentre si avvicina l'appuntamento di Cleveland e il partito ha un candidato nominato e matematicamente certo, ma odiato dall'establishment (Trump), un candidato in pectore pronto a correre come indipendente (Mitt Romney) ed uno che potrebbe essere indipendente, alternativo o semplicemente possibile vicepresidente (Ryan).
Una situazione di incertezza che ricorda quella vissuta nel 1912, quando un altro personaggio debordante come Teddy Roosevelt piombò in mezzo ai giochi dei repubblicani, cui apparteneva, squassando equilibri e delicate alchimie interne. Roosevelt era stato presidente due mandati e mezzo (il primo da subentrante all'assassinato McKinley, le altre due volte da eletto a furor di popolo) e nel 1908 aveva pronunciato il gran rifiuto: no a una nuova elezione, che pure pareva più che possibile, è il turno del mio delfino, Howard Taft. La somiglianza tra i due, del resto, dal punto di vista fisico era stupefacente: corpulenti, stempiati e dotati di baffi ed occhiali quasi identici. Dal punto di vista politico, però, c'era un abisso: sì, erano entrambi repubblicani, ma Roosevelt era un ambientalista non privo di sfumature antibusiness e populiste. Taft era un conservatore tradizionale, cui non dispiaceva avere eccellenti rapporti con gli uomini d'affari.
Ecco quindi che il primo, nel 1912, decise di tornare sull'agone politico in prima persona, abituato com'era alle avventure (da giovane si era arruolato volontario nella guerra di Cuba), e il secondo si dimostrò deciso a sbarrargli la strada. Aveva meno carisma, ma un eccellente controllo della macchina del partito, e questo gli bastò a far saltare la nomination del rivale alla convention di quell'anno, sollevando la questione della legittimità della selezione dei delegati favorevoli a Roosevelt. Ebbe la nomination, ma non risolse il problema, perché Theodore Roosevelt, l'eroe della guerra di Cuba, l'uomo che amava dare la caccia all'orso ma solo se libero e in piena salute, partì per una nuova avventura e si candidò da indipendente, con il ticket sponsorizzato dal Partito Progressista. Gli chiesero i giornalisti come si sentisse, ad aver abbandonato il partito della sua gioventù. "Forte come un alce reale", rispose lui, che indulgeva al bombastico. Il suo divenne, per la stampa e la memorialistica, il ticket dell'Alce Reale.
A dimostrazione che la politica americana risentiva dell'umore ribollente dei tempi, quella fu una rara elezione con quattro contendenti: Taft per i repubblicani, Roosevelt per i progressisti, Woodrow Wilson per i democratici e persino un socialista, Eugene Debs. Risultato finale: vittoria di Wilson, il primo democratico in vent'anni a farcela, con circa il 40 per cento del voto popolare e 435 voti elettorali; secondo proprio Roosevelt, terzo il deludente Taft e quarto, come da previsione, Debs. Le percentuali spiegano il danno che si erano fatti da soli i repubblicani: Roosevelt ottenne il 28 per cento dei voti ed 88 grandi elettori, Taft ebbe solo il 23 per cento e 8 voti elettorali. Debbs, infine, il 6 per cento e nessun grande elettore.
Roosevelt è ancora adesso nella storia americana il miglior candidato indipendente dal sistema bipartitico: nel 1992 il miliardario Ross Perot ebbe il 18 per cento e nessun voto elettorale, nel 1968 George Wallace il 13,5 per cento e 45 grandi elettori. Se il Grand Old Party fosse rimasto unito, poi, molte cose non ci sarebbero state. Non ci sarebbe stato Wilson alla Casa Bianca, innanzitutto, e i democratici avrebbero aspettato ancora molto per interrompere il loro digiuno. Probabilmente non ci sarebbe stato l'intervento degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale, viste le forti tendenze isolazioniste dei repubblicani. Non ci sarebbe stato, soprattutto, quello spostamento del voto progressista dall'ala rooseveltiana del partito verso i democratici. Uno spostamento lento, che si sarebbe manifestato tra le due guerre, ed avrebbe portato alla presidenza un altro Roosevelt: Franklin Delano. (AGI)