Secondo un recente sondaggio della Bild am Sonntag, Ursula Von Der Leyen era il secondo ministro meno popolare in Germania prima che, eletta presidente della Commissione Europea, lasciasse la guida della Difesa ad Annegrette Kramp-Karrenbauer. Per Martin Schulz, ex leader dell'Spd, era il "membro più debole" del governo di Berlino, ed è probabilissimo che proprio i socialisti tedeschi siano stati tra i 'franchi tiratori' che non ne hanno votato l'investitura a Bruxelles. 'Die Welt' ha scritto addirittura che la sua nomina alla guida dell'esecutivo comunitario è una "liberazione" per il suo Paese.
Unico membro delle amministrazioni di Angela Merkel a essere ininterrottamente al governo dal 2005, Von Der Leyen in patria non è per niente amata. E, se il bilancio del suo mandato come ministro della Famiglia prima e del Lavoro poi è, al netto di qualche controversia, tutto sommato positivo, a oscurare la stella di colei che era stata considerata a lungo la delfina della cancelliera (altro ruolo in cui fu rimpiazzata da AKK, prima che crollassero anche le quotazioni di quest'ultima) è la sequela di scandali ed errori collezionati da ministro della Difesa, incarico che ha ricoperto dal 2013. Oggi lascia un'eredità talmente negativa che un deputato del suo stesso partito, la Cdu, confidò al Financial Times che "è una buona notizia per l'esercito che se ne stia andando" giacché "i suoi anni al ministero sono stati davvero duri per le forze armate".
Lunedì scorso Von Der Leyen, in una sorta di messaggio di addio alla Bundeswehr (aveva annunciato che si sarebbe dimessa anche se non fosse stata eletta presidente della Commissione), aveva sottolineato che dopo vent'anni di tagli al bilancio finalmente le risorse a disposizione delle forze armate stavano aumentando "di oltre un terzo" e che il numero dei soldati "stava crescendo di nuovo".
"Abbiamo ordinato miliardi di euro di equipaggiamento moderno e abbiamo sviluppato nuove competenze in campo di difesa digitale e cibernetica", ha rivendicato. Si tratta però di un'inversione di tendenza tardiva. Perché appena un anno fa le condizioni dell'esercito tedesco erano pressoché disastrose.
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo
Se Donald Trump ha più volte attaccato la Germania per lo scarso contributo alla Nato, ha le sue buone ragioni. Nel 2018 Berlino aveva stanziato per la Difesa l'1,2% del Pil (dati Sipri), contro, ad esempio, l'1,7% dell'Italia. Si parla comunque di quasi quaranta miliardi di euro, non una cifra irrisoria. Ma insufficiente o, più probabile, non allocata in maniera adeguata, concentrata com'è quasi tutta sulle forze di terra. La Marina tedesca ha infatti dimensioni piuttosto limitate: 65 navi, un numero lontano non solo dalle circa 180 imbarcazioni militari messe in campo da Francia e Italia ma anche dal centinaio scarso di Spagna e Grecia.
Ars Technica una anno fa un aveva snocciolato dati impietosi: le fregate della nuova classe F-125 non erano state consegnate perché solo 5 su 13 avevano superato il collaudo in mare. E i sommergibili eredi dei temibili U-Boot? L'ultimo che era rimasto in servizio era stato ritirato per riparazioni. Gli altri erano tutti in attesa dei pezzi di ricambio.
La situazione dell'aeronautica risultava altrettanto preoccupante. Su 109 aerei da combattimento Typhoon a disposizione, nel 2015 solo 42 risultavano pronti all'impiego a causa dei problemi di manutenzione. Su 89 bombardieri Tornado, appena 38 erano operativi. Per quanto riguarda gli elicotteri, la situazione non migliora: solo 12 dei 62 Tiger e 16 dei 72 CH-53 potevano essere utilizzati per le esercitazioni. Un destino ironico per un Paese che fu vicino a conquistare l'intera Europa proprio grazie all'uso letale e innovativo dell'aviazione da guerra.
Manici di scopa per le esercitazioni Nato
A rendere Von Der Leyen la carta vincente nel compromesso tra Francia e Germania sulle nomine è l'europeismo sfoggiato nel suo ruolo di ministro della Difesa. Con lei Berlino ha aderito a un progetto congiunto con Parigi per lo sviluppo di aerei da combattimento e carri armati e ha addirittura aiutato la Francia nella missione per stabilizzare una ex colonia transalpina, il Mali. In seguito all'annessione russa della Crimea, la Bundeswehr ha poi guidato l'esercitazione di un reggimento multinazionale in Lituania, e i compiti di pattugliamento aereo dei Paesi baltici sono stati affidati alla Luftwaffe.
Tutte cose che hanno entusiasmato Emmanuel Macron, lieto del sostegno di Von Der Leyen al progetto di una Difesa europea congiunta come primo tassello degli Stati Uniti d'Europa. Molto meno entusiasmanti sono però le condizioni nelle quali l'esercito tedesco si presenta alle grandi manovre. Pur venendo da una delle nazioni più ricche del mondo, i soldati della Bundeswehr (che un ufficiale britannico avrebbe bollato con sprezzo come una "aggressiva organizzazione di campeggiatori"), finiscono a volte per non avere nemmeno i fucili per le esercitazioni.
Aveva fatto il giro del mondo la notizia secondo la quale, durante un'esercitazione Nato avvenuta nel settembre 2017 in Norvegia, gli effettivi del Panzergrenadierbataillon 371 si ritrovarono senza abbastanza armi. Mancavano il 31% dei fucili necessari, il 41% delle pistole e ben tre quarti dei visori notturni richiesti. I soldati furono costretti a dipingere dei manici di scopa di nero e attaccarli ai blindati Boxer perché almeno visivamente dessero l'idea. Un portavoce del ministero della Difesa teutonico ammise di aver ricevuto segnalazioni a riguardo dal battaglione e affermò candidamente di non avere alcuna spiegazione per un episodio tutt'altro che isolato.
Nel 2014, riporta il Telegraph, le forze speciali del Kommando Spezialkrafte dovettero ritirarsi imbarazzati da un'altra esercitazione Nato perché non gli era stato fornito un elicottero. Von Der Leyen fu costretta a dichiarare che Berlino non poteva rispettare i suoi impegni con l'Alleanza Atlantica a causa di una carenza di mezzi i cui effetti si stavano colorando di comicità involontaria.
In numerose caserme, per esempio, le autoblinde mancanti per le esercitazioni erano state sostituite da banali Mercedes Vito. Il ministro promise di correre ai ripari. Quattro anni dopo, il budget militare tedesco era sceso ulteriormente, dall'1,3% all'1,2% e lo stato di abbandono del parco mezzi era peggiorato ancora, tanto da rendere un vero incubo l'attesa della prossima esercitazione della Very High Readiness Joint Task Force, brigata multinazionale della Nato.
Appena un anno fa, infatti, dei 244 carri armati Leopard in organico, 105 risultavano "pronti all'uso" ma appena nove erano armati secondo i requisiti richiesti dalla manovra. Insomma, se un giorno la Russia decidesse davvero di attaccarci, sarebbe meglio non contare troppo su Berlino. Nel 2019, gli stanziamenti sono finalmente saliti, di quasi cinque miliardi, il maggior incremento dalla fine della Guerra Fredda. Ma il totale è salito ad appena l'1,35% del Pil, sempre molto al di sotto dell'obiettivo Nato del 2%.
Lo scandalo delle consulenze
Le macchie nel mandato di Von Der Leyen vanno però ben oltre il discutibile stato delle forze armate. Tra gli scandali che hanno segnato i suoi anni alla Difesa il più grave è quello che riguarda i ricchissimi contratti assegnati a società di consulenza esterne in maniera diretta, ovvero senza gara. La questione, sollevata dalla Corte dei Conti, ha portato all'apertura di una commissione parlamentare d'inchiesta. L'accusa è di appalti illeciti e, essendo l'indagine ancora in corso, Von Der Leyen verrà molto probabilmente chiamata a risponderne di fronte al Bundestag nei prossimi mesi.
Si tratta di una vicenda molto complessa che ha al suo centro Katrin Suder, un ex manager di McKinsey assunta nel 2014 come segretario agli armamenti. Il suo ruolo, sulla carta, era quello di velocizzare le procedure di approvvigionamento. Un ruolo che Suder avrebbe interpretato con molta disinvoltura. Durante il suo mandato, le spese in consulenze esplosero. Molti contratti furono aggiudicati alla McKinsey stessa. Altri alla rivale Accenture, che dal 2014 al 2018 vide le commesse dalla Bundeswehr crescere di oltre 40 volte, passando da meno di mezzo milione a ben 20 milioni. Contratti che risulterebbero illeciti non solo perché assegnati in maniera irregolare ma perché non necessari.
Von Der Leyen ammise gli errori ma cerco di rubricarli a incidenti fisiologici in una fase di imponente aggiornamento delle dotazioni dell'esercito. Il sospetto è però che dietro a un simile giro di denaro ci fossero clientele e nepotismo. È difficile infatti non collegare l'enorme incremento del valore delle commesse ad Accenture con l'amicizia tra Suder e un manager di questa società, Timo Noetzel.
E Suder non è l'unico contatto di alto livello che Noetzel vanta nella Bundeswehr. Il capo del dipartimento pianificazione, struttura che ha una forte influenza negli appalti, è il generale Erhard Bühler, che fu addirittura padrino di battesimo dei figli di Notzel. Sia Suder che Bühler hanno ammesso le relazioni personali con Noetzel ma hanno negato che ciò abbia avuto un'influenza nei contratti concessi ad Accenture. I membri della Commissione del Bundestag non ne sono affatto convinti.
Il caso, esploso nel 2018 con la pubblicazione sui media di documenti interni della Corte dei Conti, si è poi arricchito di una serie di nuovi dettagli che sarebbe lungo approfondire. Verrà fuori, ad esempio, che a beneficiare di appalti senza gara era stata anche una società dove lavorava il figlio stesso della Von Der Leyen. E il ricorso della Difesa dai consulenti era arrivata a un punto tale che ai dipendenti di tali società sarebbero stati concessi i benefici dei dipendenti del ministero, dai contributi assicurativi all'accesso alla rete intranet. Un illecito rivelato dallo Spiegel e sul quale sta indagando la magistratura.
Quel che non è chiaro è quanto la Von Der Leyen fosse connivente con questo meccanismo. L'indagine interna aperta dal ministero sulla vicenda è stata definita dalla commissione d'inchiesta "superficiale, piena di buchi, contraddittoria e insufficiente ad affrontare problemi di queste proporzioni". Quel che è certo è che il ministro non assunse alcuna iniziativa disciplinare nemmeno quando lo scandalo era diventato di dominio pubblico.
Il finto rifugiato che progettava attentati
Un altro caso che fece parecchio rumore fu quello di Franco A., un tenente neonazista che era riuscito a fingersi un rifugiato siriano, ottenendo persino asilo nel 2016. L'obiettivo dell'ufficiale era commettere un attentato terroristico per mettere in cattiva luce i rifugiati. Tutto ciò senza che nessuno si accorgesse di nulla. Venne fuori che molti superiori del tenente conoscevano le sue tendenze politiche ma non avevano reagito in alcun modo. Un allargamento delle indagini portò all'identificazione di 275 membri dell'esercito sospetti di essere contigui all'estrema destra.
La risposta del ministro non fu un'ammissione, almeno parziale, di responsabilità, bensì una violenta critica ai vertici della Bundeswehr, da lei accusati di avere un "problema di attitudine" e "mancanza di leadership". Parole considerate oltraggiose dai generali, che reagirono ricordandole che, se un problema di leadership c'era, era lei la principale responsabile. Fu in quel momento che il rapporto di fiducia tra le forze armate e il ministro si ruppe in maniera irrimediabile.