Anche in Nigeria Uber deve affrontare le proteste dei suoi autisti, che chiedono di essere riconosciuti come dipendenti dell’azienda statunitense e non solo liberi professionisti.
Due autisti, Oladayo Olatunji e Daniel John, hanno lanciato un’azione collettiva (o class action) contro Uber, in rappresentanza di loro e altri autisti. Nella citazione chiedono all’azienda di essere considerati dipendenti, che “il convenuto sia considerato responsabile” delle azioni svolte dai propri dipendenti nel corso del loro lavoro, e di corrispondere agli autisti tutti i benefici associati al lavoro dipendente, inclusa l’assicurazione sanitaria e i contributi pensionistici.
Secondo gli autisti nigeriani, Uber li ha assunti richiedendo il rispetto di specifiche caratteristiche riguardo l’auto da impiegare e altre condizioni da seguire nel corso del lavoro, inclusa la sottoscrizione obbligatoria di un’assicurazione. Inoltre, dichiarano che erano tenuti a svolgere regolare lavoro retribuito ogni settimana e che ricevevano istruzioni dettagliate su come svolgerlo, incluse indicazioni su come gestire i rapporti con i clienti e la manutenzione dell’auto. Hanno anche dichiarato nella citazione che Uber non hai mai versato i loro contributi pensionistici.
Uber in tutto al mondo è stata oggetto di proteste da parti di tassisti e degli stessi autisti del servizio, che chiedono gli siano riconosciuti i benefici associati al lavoro dipendente.
In Nigeria gli autisti Uber hanno in passato anche indetto scioperi per protestare contro il costo troppo basso delle tariffe. Ad aprile il Tribunale di Roma ha ordinato il blocco dei servizi Uber in tutta Italia, successivamente revocato.
Uber ha una valutazione di circa 70 miliardi di dollari e negli ultimi mesi è stata colpita da un’ondata di scandali che hanno portato alle dimissioni del fondatore e amministratore delegato Travis Kalanick e alla rimozione di altri alti dirigenti.