La fiammata della crisi finanziaria turca sembra essersi indebolita nelle ultime ore, e con essa il rischio di contagio per le banche europee e in particolare italiane. Ma ventiquattr’ore di relativa calma forse non sono sufficienti a dare per scongiurato il rischio di tenuta dei mercati, e per accantonata una crisi come quella turca che ha persino troppi risvolti internazionali. Così come i timori di un aumento forsennato dello spread non possono dirsi ancora fugati, e questa volta per motivi anche di politica interna.
Note rassicuranti dalla lira
La lira turca registra un miglioramento dopo le perdite record di ieri. La moneta turca ha registrato addirittura un rialzo del 4% a 6,52 dollaro, dopo aver chiuso ieri a 6,9, in recupero rispetto al minimo record di 7,23.
Chiusura stabile per lo spread tra Btp e Bund a 270 punti base. Il tasso è al 3,035%. Il differenziale tra Bonos e Bund si attesta a 111 punti con rendimento all'1,44%.
La Turchia già canta vittoria
Il ministro delle Finanze turco Berat Albayrak ha promesso di proteggere la divisa del suo paese, affermando che il dollaro americano ha perso credibilità dopo essere stato usato come uno strumento politico.
Berat Albayrak, genero del presidente Erdogan nominato dopo la vittoria alle elezioni dello scorso 24 giugno, ha dichiarato di aspettarsi un rafforzamento della lira e che il suo paese continuerà a intervenire, nell’ambito delle regole imposte dal libero mercato per ridurre i rischi di cambio per le proprie aziende. Parole dietro le quali qualcuno intravede un eccesso di sicurezza, potenzialmente pericoloso.
Mosca è più vicina
Soprattutto, è sul piano politico internazionale che gli scenari restano tutti aperti. Se nelle ore immediatamente successive all’esplosione della crisi finanziaria il Cremlino aveva smentito qualsiasi avvicinamento con Ankara, ancora ieri il ministro degli steri russo è volato della capitale turca.
Mosca e Ankara sono intenzionate ad "ampliare la partnership strategica in politica estera”, ha detto a scanso di equivoci, le restrizioni applicate da Washington contro diversi Paesi sono "illegali" e rispondono al desiderio di Washington di "dominare" in tutto il mondo e "dettare la propria politica" ad altri Stati, ottenendo così "benefici unilaterali". Persino agli alleati della Nato.
Restano molti nodi da sciogliere
Se i titoli delle banche italiane respirano, e la Borsa riesce ad assorbire anche i problemi di Atlantia, legati al crollo del viadotto Morandi a Genova, restano per il governo una serie di nodi da affrontare, legati nell’ordine alla legge di stabilità da presentare al vaglio dell’Europa, al giudizio ormai prossimo delle grandi agenzie di rating internazionali, ai rapporti interni alla stessa maggioranza.
I dubbi di Tria
Il ministro dell’economia, Giovanni Tria, è dato per nervoso. Nota infatti La Stampa che “la sua lettura della fiammata dello spread e del calo della borsa pone in primo piano le motivazioni politiche interne piuttosto che le spiegazioni internazionali. Certo, confida Tria a chi ha avuto modo di sondarlo, c’è una causa «strutturale» di debolezza italiana dovuto all’alto indebitamento e c’è una causa «occasionale», ovvero il crollo della lira turca e l’esposizione delle banche italiane in Anatolia. Ma quello che provoca più danni, la ‘causa più vera’, per il ministro è la circostanza che sotto attacco politico c’è finito proprio lui, il guardiano dei conti”.
Il problema è anche un altro: la proposta di taglio delle pensioni superiori ai 4.000 euro, particolarmente cara si Cinque Stelle, fa sollevare più di un sopracciglio dalle parti della Lega. Il fatto è che il provvedimento rischia di andare a colpire il ceto medio, o poco più in su, con la conseguente perdita di consenso all’interno di un ampio fronte sociale. Una cosa che Salvini non sarebbe disposto ad accettare.
E quelli di Mattarella
Sullo sfondo si inizia a scorgere anche qualche segnale di stanchezza da parte del Quirinale. Scrive il Corriere della Sera che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non sia entusiasta di quello che potrebbe essere percepito come un fuoco di sbarramento in vista di una possibile bocciatura europea nei confronti della finanziaria. Come anche delle voci che vogliono far passare il ministro dell’economia come un suo cavallo di Troia nella compagine di governo. Lui Tria non lo conosceva nemmeno, prima che il suo nome gli fosse fatto da nientemeno che Paolo Savona.
I problemi del governo sono problemi del governo.