Doppio scacco per Donald Trump, in una delle peggiori giornate della sua presidenza. L'ex manager della sua campagna elettorale, Paul Manafort, è stato condannato per 8 capi d'imputazione, di cui cinque per frode fiscale. Contemporaneamente, il suo ex avvocato personale, Michael Cohen, ha ammesso di aver violato la legge sul finanziamento della campagna elettorale con il pagamento - durante le presidenziali del 2016 - di due donne (la pornostar Stormy Daniels e l'ex coniglietta di Playboy Karen McDougal) "in coordinamento e sotto la direzione di un candidato ad un incarico federale" perché tacessero sulla loro relazione con il suo cliente, ovvero Trump.
Una svolta giudiziaria in due diverse inchieste basate sulle prove raccolte dallo speciale procuratore Robert Mueller, che indaga sul Russiagate. La condanna di Manafort "non ha nulla a che vedere con le collusioni", ha tenuto a rimarcare Trump definendo l'ex capo della sua campagna elettorale "una brava persona" e il Russiagate "una caccia alle streghe".
Sul suo ex fedelissimo 'factotum' Cohen, Trump ha preferito non fare commenti. Cohen aveva segnalato a piu' ripresa la sua disponibilità a parlare. Rischia fino a cinque anni di carcere e la sentenza per lui arriverà il 12 dicembre. è libero su cauzione, fissata dal giudice in 500 mila dollari.
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Per il 69enne Manafort, sebbene la colpevolezza riguardi solo 8 dei 18 capi di accusa, perché sui restanti dieci non è stato raggiunto un verdetto, si profilano almeno 30 anni di carcere, praticamente a vita. Per ora nè la condanna di Manafort nè l'ammissione di colpevolezza di Cohen hanno rilevanza ai fini dell'impeachment, ovvero la messa in stato di accusa del presidente. Trump non ha escluso di poter concedere la grazia a Manafort sebbene la mossa potrebbe rivelarsi un boomerang, soprattutto se lo facesse prima delle elezioni di medio termine in calendario a novembre. Verrebbe letta come la volontà di nascondere qualcosa sulla Russia.
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I democratici lo hanno già avvertito. "Sarebbe un abuso di potere", ha dichiarato il senatore Mark Warner, "il Russiagate non è una caccia alle streghe". "Non si azzardi a parlare di grazia per Paul Manafort o Michael Cohen", è stato il monito del leader di minoranza al Senato, il democratico Charles Schumer.