“Una potenziale minaccia di intelligence che non possiamo ignorare”, così i senatori statunitensi Chuck Schumer e Tom Cotton hanno definito TikTok, uno dei social network più diffusi tra i giovani e sviluppato da una società cinese. In una lettera indirizzata al direttore facente funzioni dell’Intelligence Nazionale, giovedì scorso, i due hanno “espresso preoccupazione per TikTok e i rischi di sicurezza nazionale connessi alla crescita del suo uso negli Stati Uniti”.
L’iniziativa riflette l’orientamento sempre più conservatore del governo statunitense nei confronti di prodotti, tecnologie e servizi di origine cinese, sospettati di contribuire alle operazioni di spionaggio di Pechino nei confronti dei Paesi occidentali. La paura dello spionaggio industriale e dell'acquisizione di informazioni personali e sensibili dei cittadini dei Paesi bersaglio allunga sempre di più la lista nera delle società cinesi.
Ampiamente diffuso tra i giovani, TikTok è un social network che permette di girare, caricare e condividere, piccoli video della lunghezza di quindici secondi. L’app è diventata molto popolare negli ultimi anni e, come osservano i due senatori, “nei soli Stati Uniti ha raggiunto più di 110 milioni di download”.
“I termini di servizio e le politiche sulla privacy di TikTok descrivono come l’app raccolga i dati dai suoi utenti e dai loro dispositivi, inclusi contenuti e comunicazioni degli utenti, indirizzi IP, dati relativi all'ubicazione, identificatori di dispositivi, cookie, metadati e altre informazioni personali sensibili”, precisano Cotton e Schumer nella lettera. “Sebbene la società abbia dichiarato che TikTok non opera in Cina e memorizza i dati degli utenti statunitensi negli Stati Uniti, ByteDance è comunque tenuta a rispettare le leggi cinesi”, aggiungono. ByteDance è la società che ha lanciato TikTok nel 2017, con sede a Pechino.
“Gli esperti di sicurezza hanno espresso preoccupazione per il fatto che il vago mosaico di leggi cinesi in materia d’intelligence, sicurezza nazionale e sicurezza informatica costringa le aziende cinesi a sostenere e cooperare con il lavoro di intelligence operato dal Partito Comunista Cinese”, e concludono: “Senza una magistratura indipendente che esamini le richieste di dati o altre azioni da parte del governo cinese, non esiste un meccanismo legale che permetta alle aziende cinesi di presentare ricorso in caso di disaccordo con una richiesta”.
In un post pubblico sul suo blog, TikTok ha negato che i dati di cittadini statunitensi vengano conservati in Cina, dove l’app non è disponibile. “I nostri data center sono interamente fuori dalla Cina - scrivono - e nessuno di quei dati e soggetto alle leggi cinesi”.
Lo spettro della censura
Ma le preoccupazioni della politica statunitense non si fermano ai temi legati alla privacy: i social network cinesi sono anche accusati di promuovere un’agenda vicina alla linea governativa del Paese, sostenuta con operazioni di censura volte a rimuovere contenuti scomodi per Pechino.
Come riportato in un’inchiesta del Guardian pubblicata lo scorso settembre, ByteDance avrebbe censurato contenuti critici nei confronti del governo cinese e rimosso qualsiasi menzione riguardante il Tibet o i fatti di Piazza Tienanmen, eseguendo delle linee guida interne ottenute dal giornale da una fonte anonima. Inoltre, lo scorso febbraio, la Federal Trade Commission statunitense aveva multato l’app Musical.ly (che diventerà parte di TikTok successivamente) per 5,7 milioni di dollari, per aver ottenuto dati di utenti minorenni senza il consenso dei genitori.
A tal proposito, il team di TikTok ha replicato che il social “non ha mai rimosso contenuti basati su (temi) sensibili collegati alla Cina. Non ci è mai stato chiesto da parte del governo cinese di rimuovere alcun contenuto né lo faremmo se ci venisse chiesto. Fine”. L’azienda si è difesa precisando che il team per la moderazione dei contenuti è basato in California e l’unica moderazione operata avviene sulla base delle leggi statunitensi: “Non siamo influenzati da alcun governo straniero, incluso quello cinese; TikTok non opera in Cina né abbiamo alcuna intenzione di farlo in futuro”, concludono.
Nelle scorse settimane si è osservato un inasprimento del dibattito sulle operazioni di spionaggio e censura da parte della Cina, accusata di aver “armato i social network” per diffondere false informazioni riguardanti i manifestanti di Hong Kong, come ha dichiarato il capo della National Security Agency (Nsa) Statunitense, Paul M. Nakasone. Il riferimento è agli episodi di quest’estate, durante i quali Facebook e Twitter avevano dovuto rimuovere centinaia di contenuti sponsorizzati e di account legati alla propaganda cinese, attiva nello screditare i manifestanti che protestano contro le ingerenze di Pechino sulla città autonoma di Hong Kong.