La battaglia per la successione di Jeremy Corbyn infuria senza esclusione di colpi. E la decisione del leader laburista di non volersi dimettere subito dopo la debacle elettorale in modo da permettere "una fase di riflessione" al partito non ha fatto che rendere lo scontro ancora più aspro. Lo scontento nel partito, per non dire peggio, è alle stelle, dato il crollo del Labour a Westminster da 262 a 201 seggi. Da una parte ci sono i cosiddetti 'moderati' ad annunciare guerra aperta, ma sono tutte le anime del partito - compresa la corrente più a sinistra che aveva portato Corbyn ai vertici del Labour - ad essere in subbuglio.
Così, mentre l'ex premier Tony Blair è partito all'assalto affermando che "è fallito il socialismo quasi rivoluzionario" di Corbyn che ha portato ad un risultato elettorale "che ci copre di vergogna", l'ultima di una lunga lista ad annunciare la propria candidatura nella corsa a prendere il posto dell'attuale capo laburista è Emily Thornberry, ministra-ombra degli Esteri. Apertamente pro-europeista, la deputata 59enne di Canterbury ha rivelato di aver avvertito i vertici del partito che "sostenere un nuovo voto sulla Brexit si sarebbe rivelato un atto di catastrofica follia politica".
In un articolo per il Guardian ha spiegato nel dettaglio come sfruttare i punti deboli del premier Boris Johnson, ma ha anche chiarito che secondo lei la scelta sulla nuova guida del Labour dovrebbe avvenire sulla base delle "visioni strategiche", non sulle posizioni dei candidati relative all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea.
Curiosamente, è quello che fa la candidata forse più vicina al leader uscente, ossia Rebecca Long-Bailey, che punta sin dalla campagna elettorale tutte le sue carte sul clima: una scelta che potrebbe, in teoria, garantirle l'appoggio dei giovani nel Labour, più sensibili al tema ambientalista. Proveniente dalla working class, Long-Bailey ha un curriculum degno di un film di Ken Loach: impiegata in un call center, poi in una fabbrica di mobili, un passaggio come postina, infine avvocato.
Quarant'anni e molto sostenuta dal cancelliere-ombra allo scacchiere, John McDonnell, si autodefinisce "una socialista orgogliosa": a quanto riferiscono alcuni media, Long-Baily intenderebbe candidarsi in ticket con la ministra-ombra per l'Educazione, la 35enne Angela Rayner - con la quale peraltro condivide un appartamento a Westminster - come eventuale vice-leader.
Uno dei favoriti nella corsa è il deputato londinese centrista Keir Starmer, anche se ancora non si è candidato ufficialmente. Ministro-ombra per la Brexit nonché baronetto grazie al suo impegno per i diritti umani, Starmer è considerato uno strenuo difensore del Remain: la sua critica rivolta alla leadership corbyniana è di non aver fatto abbastanza per "smontare" la retorica del "Get Brexit Done", ossia lo slogan centrale di BoJo e dei Tory. L'altro fronte dolente, secondo Starmer, è quello di non essere riusciti a contrastare con efficacia le accuse di antisemitismo rivolte al Labour, toccando qui un nervo scopertissimo tra i laburisti.
Un caso a parte è quello di Jess Phillips, nata nel 1981 e convinta femminista, deputata di Birmingham, che non ha mancato di sferrare uno degli attacchi più duri all'attuale leadership: "Nel Labour esiste una cricca a cui non importa affatto se la nostra capacità d'attrazione è crollata finché essa mantiene il controllo sulle istituzioni". Molto attiva sui social e molto presente in televisione, aveva previsto - sia pur non in queste dimensioni - la sconfitta del Labour: "Prenderò parte alla sua ricostruzione, qualsiasi cosa accada".
Una leader donna è sempre più probabile
Certo, a guardare i nomi in lizza, appaiono alte le probabilità che sarà una donna la prossima leader laburista: così la pensa anche Lisa Nandy, quarantenne ex ministra-ombra per l'energia e i cambiamenti climatici, che pero' sin dall'annuncio dei primi devastanti exit poll aveva puntato l'indice contro la perdita di contatto con la base, come si è visto con la bruciante sconfitta nelle roccaforti della sinistra. "Gli elettori ci hanno detto che non siamo stati in grado di ascoltarli", ha twittato Nandy poco dopo la chiusura delle urne, spiegando che "le persone che avevano votato per la Brexit sono state trattate come stupide o razziste, o come gente che non capiva la questione".
E ancora: "Le decisioni dei laburisti sono state prese da persone che sono molto, molto lontane dalla realtà di chi dovrebbero rappresentare", concludeva Nandy. Tra gli altri nomi che vengono fatti, quello dell'ex ministro-ombra alla Difesa del Labour, Clive Lewis, uno che spesso ha espresso posizioni divergenti rispetto ai vertici del partito, per esempio sulle armi nucleari e sull'immigrazione.
Ma le vere due 'carte coperte' nella corsa alla leadership sarebbero, secondo i media, il carismatico sindaco di Londra Sadiq Khan, di origini pakistane e su posizioni di matrice socialdemocratica, noto per aver fronteggiato apertamente gli attacchi del presidente americano Donald Trump, e l'ex ministro agli Esteri David Miliband, andato "in esilio" a New York dopo la lotta fratricida ai vertici del Labour che lo vide sconfitto, sia pur di misura, dal fratello Ed. C'è chi invoca a gran voce il suo ritorno. Lui ha battuto un colpo il giorno dopo le elezioni: "Corbyn ha tradito i britannici", il suo verdetto.