Poco prima di morire Stephen Hawking vide una linea d’argento in fondo al cielo, che notoriamente un fondo non ce l’ha. E vide che, infatti, in fondo al fondo del cielo c’era un altro cielo, e poi ancora un altro e un altro ancora. Uno, due, tre, infiniti cieli ed universi che si aprono uno dentro l’altro, come un fuoco d’artificio, pieni di stelle e di luci, e di pianeti e – chissà – altre forme di vita che un giorno qualcuno potrebbe essere tentato di andare a toccare.
Toccare materialmente: con la mano, perché se l’uomo è creatura speculativa portata dalla ragione ad una conoscenza teorica, è innegabile che la sua originaria e fondamentale tecnica di apprendimento, fin dalla prima infanzia, è di natura sensoriale, manuale quanto orale. Ma forse quell’uomo non tornerebbe indietro, o forse sì, perché Hawking a riguardo aveva qualche dubbio.
Così, nelle ultime tre settimane di vita, concluse l’ultima fatica e consegnò – adesso possiamo dirlo – in eredità ai suoi simili uno studio dal titolo incoraggiante: La dolce uscita dall’Eterna Inflazione. Dove per inflazione non si intende quel fenomeno di progressiva inesorabile crescita dei prezzi che terrorizzò gli uomini della sua generazione, negli anni ’70, ma la lenta, inesorabile espansione dell’Universo in seguito a quella tremenda esplosione primigenia che fu il Big Bang.
Non un solo big bang ma tanti. In un solo 'universo'
Ora, di big bang non ce ne sarà uno solo, ma tanti. Anzi, ve ne sono già stati, e altri ne verranno, e l’universo non è uno solo, ma tanti quanti ve ne sono stati e ve ne saranno. Tanto che il genio britannico, forse più uso alle lingue di ceppo germanico che non alle romanze, prima di lasciarci si è anche tolto lo sfizio di ritoccarci, a noi comuni mortali, il vocabolario. E di un solo universo ha smesso di parlare, nel rispetto della sua scoperta, ma di Multiverso.
Nel senso, per l’appunto, di universi ce ne solo molti. Ignorando però che in latino universus indica la completezza nella pluralità delle singolarità (in poche parole: “tutto quanto”, in inglese comprehensive) e quindi, a voler fare i sofisti, l’Universo è un concetto che comprende tutti gli universi. Ma per impegnarsi in una discussione del genere con un genio della fisica ci vuole coraggio.
Ora, come si fa a passare da un universo all’altro? Attraverso i buchi neri, naturalmente. Sulla Physical Review Letters è tutto messo nero su bianco: i buchi neri non sono neri come temevamo fossero, perché non è che cosa ci finisca dentro sia perduto per sempre. Qualcosa resta, e deve restare anche solo a livello di idea, di informazione.
Altrimenti tutto sarebbe cancellabile, e dalle dimensioni spazio-temporali dovremmo cancellare l’idea stessa della memoria, del passato, che poi per un uomo è quasi tutto: quello che è, come si chiama, da dove viene, cosa ha progettato di fare. Quindi i buchi neri non cancellano, a loro modo preservano. Per sempre? No, perché anche loro, come noi esseri umani di fronte a cotanti volterriani Micromega, sono caduchi. Nel senso che anche per loro verrà il giorno in cui si consumeranno, e lentamente, tremolando come candele nel vento, finiranno per spengersi.
L'ultima profezia di Hawking
È l’ultima profezia di Hawking: il mondo finirà, ma non per mani dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse. Semmai per consunzione, come una vecchia zia che troppe primavere ormai ha sulle spalle. E allora non possono che venire in mente i versi immortali di un grande della letteratura, Giuseppe Gioacchino Belli. Che immaginò la fine dei tempi con “quattro angeloni con le trombe in bocca” che “se metteranno uno per cantone” e poi diranno: “Sotto a chi tocca”. Ed alla fine “smorzeranno li lumi, e bona sera”.
Che poi è esattamente quello che anche Giotto dipinse nella Cappella degli Scrovegni: agli angoli della parete due angeli si mettono di buona lena ad accartocciare, come fosse carta da parati, la profana rappresentazione del mondo e della Storia. E dietro spunta la Gerusalemme Celeste. Un universo dentro l’altro, come in un fuoco d’artificio. Ma anche un solo universo, che tutto contiene. Anche la Rivelazione.