Spotify è stata potenzialmente “raggirata” per più un milione di dollari. Si tratta di royalties che avrebbe ottenuto un playlister bulgaro con un sistema che, per di più, non avrebbe infranto alcuna legge. La vicenda è stata raccontata da Music Business WorldWide e avrebbe avuto luogo durante la scorsa estate per essere scoperta e bloccata solo all’inizio dell’autunno. E tutto è partito da due playlist di terze parti, molto sospette, con nomi molto generali ed evocativi: “Soulful Music” e “Music From The Heart”.
Cos’è successo
Entrambe le playlist, alla fine di settembre, ricoprivano posizioni molto alte nelle principali classifiche di Spotify. “Music From The Heart” poteva vantare la 24esima posizione in quella americana e l’84esima in quella mondiale. “Soulful Music” aveva registrato successi ancora maggiori: 11esima negli USA e 35esima in quella globale. Ma con quali canzoni? Soulful Music, ad esempio, vantava 467 brani appartenenti ad artisti sconosciuti e di cui si faceva fatica a trovare informazioni persino su Google.
Per di più erano pochissime le persone che avevano deciso, in quel periodo, di seguire la playlist. Appena 1797. Ogni canzone, infine, veniva ascoltata da circa 1200 persone al mese. Numeri molto limitati che non potevano giustificare quel successo. Numeri in grado di abbattere le grandi major della discografia mondiale grazie a una musica “di nicchia” e ad artisti molto lontani dai grandi palcoscenici internazionali. Improbabile, se non impossibile.
Il meccanismo, svelato
Secondo il giornale inglese l’ipotesi più probabile è che un individuo (o un collettivo di persone), in Bulgaria, abbia dato vita a circa 1.200 nuovi account Spotify. Account che hanno continuamente riprodotto queste 467 tracce in loop. Senza fermarsi e in modo casuale, cosa che spiegherebbe le leggere discrepanze negli ascolti. Un meccanismo che ha permesso alla playlist di scalare posizioni su posizioni.
Da una parte, dunque, c’è un deciso esborso: 1.200 nuovi profili Premium per circa 10 dollari al mese. Ma dall’altra, a conti fatti, c’è un guadagno finale molto maggiore. Music Business WorldWide, interrogando le sue fonti, ha calcolato la cifra totale partendo dal presupposto che il sistema andasse avanti a riprodurre i brani senza sosta, 24 ore su 24. Si contano così circa 72 milioni di ascolti al mese.
La stima, che lo stesso giornale ha definito “prudente”, del payout di Spotify è di circa o,oo4 dollari ad ascolto. Il totale è di 228 mila dollari. Ma non è finita qui. Se il meccanismo venisse accelerato e si passasse ad una canzone prima che la precedente fosse conclusa, ma in un tempo sufficiente (30 secondi) affinché venisse conteggiata, si arriva a 415 mila dollari. E questo solo per una singola playlist. Insomma, alla fine di tutte queste operazioni, si arriverebbe ad una cifra non troppo distante dal milione di dollari.
Scoperti per il troppo successo
L’errore dell’account bulgaro è stato quello di spingersi troppo oltre. La presenza delle due realtà, con quei contenuti, in posizioni così rilevanti ha spinto qualcuno a segnalare la stranezza alla stessa Spotify che ha provveduto a cancellare la maggior parte dei brani delle playlist. Un’operazione avvenuta dopo 4 mesi di attività. Ma quello che più sconvolge in questa storia è il fatto per cui, in realtà, non è stata infranta alcuna legge.
Agi ha interpellato Spotify, ma la risposta che abbiamo avuto è la stessa, identica, ufficiale pubblicata da MBW: “Spotify affronta molto seriamente la questione della manipolazione delle attività di streaming. La piattaforma dispone di sistemi di monitoraggio del consumo di musica per individuare, investigare e gestire attività sospette. Spotify continua ad investire molto per perfezionare questi processi, migliorare i metodi di identificazione e rimozione, e ridurre l'impatto che tali attività inaccettabili hanno su artisti, detentori di diritti e utenti”. Stavolta però non è bastato.