Formalmente, con la destituzione delle autorità catalane decisa da Madrid dopo la dichiarazione d'indipendenza di Barcellona, la presidenza della Generalitat passa al primo ministro Mariano Rajoy. Il quale ha però ceduto subito la delega al suo braccio destro, Soraya Saenz de Santamaria, la coriacea "donna più potente di Spagna" che, nello scontro frontale con la Catalogna, ha giocato il ruolo del "poliziotto cattivo", mentre il premier, pur manifestando fermezza, cercava soprattutto di rassicurare l'opinione pubblica e le cancellerie internazionali. Un cipiglio espressione di una determinazione inflessibile contrapposto allo sguardo bonario, un po' da curato, di Mariano. "Fedele al suo leader, studiosa, battagliera e stakanovista" la descrisse El Pais, il giornale vicino all'opposizione socialista, in un articolo di nove anni fa intitolato "Pronta per la battaglia".
"Per settimane", scrive il Corriere, "è stata il cerbero che non ha ceduto di un millimetro sul terreno sempre più scivoloso per i ribelli della Generalitat: la legge. Ha promesso, e mantenuto, 'tutte le misure necessarie per ripristinare la legalità e la democrazia in Catalogna', ha assicurato che non c’era 'nessuna mediazione possibile tra la democrazia e l’imposizione, tra la legge e la disobbedienza'. Ha attaccato la sindaca di Barcellona, Ada Colau, accusandola di aver 'consegnato il municipio alla causa indipendentista'. Ha tagliato corto alle richieste dei parlamentari di Podemos per una mediazione nella crisi , quando ancora sembrava possibile evitare la rotta di collisione".
"Questa Camera non ha bisogno di mediatori. I mediatori di questa Spagna che voi dite di voler difendere, sono tutti seduti in questo scranno e con loro si deve parlare".
Una carriera in costante ascesa
Nata a Valladolid quarantasei anni fa, di formazione giuridica, sposata con un figlio, la vicepremier e "ministro della presidenza" (una carica simile al nostro sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) è a fianco di Rajoy dal 2008, quando il primo ministro la scelse come portavoce del Partito Popolare, tra le cui file sedeva in Parlamento dal 2004, dopo essere entrata ad appena ventisette anni nell'Avvocatura di Stato. Il punto di partenza di una carriera in costante ascesa che testimonia lo strettissimo rapporto di fiducia con Rajoy. Tra gli altri ruoli da lei ricoperti negli anni, quelli di ministro della Salute, ministro della Giustizia e portavoce del governo. Poltrone che Soraya ha spesso occupato in contemporanea, forte di una dedizione al lavoro incrollabile.
Di nuovo al lavoro a una settimana dal parto
La sua fama di mujer de hierro si consolidò nel novembre del 2011 quando, appena una settimana dopo aver dato alla luce suo figlio Ivan, si presentò in prima fila alla manifestazione conclusiva della campagna elettorale del Partito Popolare, che il mese dopo sarebbe tornato al potere dopo i due mandati a guida socialista di José Luis Zapatero. Un paio di giorni più tardi sarebbe tornata a lavoro con un ruolo delicatissimo: supervisionare il passaggio di consegne tra Zapatero e Rajoy in un momento difficilissimo per l'economia spagnola, uno degli anelli più deboli di un'Eurozona che stava rischiando di sfasciarsi: debito pubblico record, più di un cittadino su quattro senza lavoro e una devastante crisi bancaria in corso.
Un ritorno così precoce alla scrivania - ricorda il Telegraph - diventò un caso nazionale, aprendo un dibattito assai animato. Alcuni quotidiani scrissero che Soraya aveva "lanciato alle aziende un messaggio poco salutare per le altre donne", mentre le colleghe dell'opposizione difesero il suo diritto all'autodeterminazione. Questioni che non interessarono al mondo economico, rinfrancato di vedere una donna così risoluta in un posto così importante. "Se Soraya fosse stata a casa per quattro mesi, sarebbe stata irresponsabile", Dichiarò Nuria Chinchilla della Iese Business School, "stiamo soffrendo una congiuntura mai vista in Spagna e lei ha un lavoro straordinario da portare avanti". Un mese dopo Rajoy la avrebbe nominata vicepremier.
"La spaventa stare sempre a gestire casini"?
Vedere un avvocato di nemmeno quarant'anni, per giunta donna, diventare numero due del governo fece alzare parecchie sopracciglia nella vecchia guardia dei Populares, a volte per invidia, altre per machismo vecchio stile, altre ancora per scetticismo nelle sue capacità. La ritenevano inesperta. "La chiamavano "la niña", la bambina". E aveva appena ventinove anni quando, mentre lavorava all'Avvocatura di Stato di Leòn, lesse che a Madrid il governo cercava consiglieri giuridici. Si presentò alla Moncloa come a un qualsiasi colloquio di lavoro. "La spaventa stare sempre a gestire casini?", le chiese Francisco Villar, capo di gabinetto e braccio destro di Rajoy, allora vicepresidente del governo Aznar. "No", rispose lei. Ora le è toccato da gestire il casino più grosso della sua carriera. Ma Rajoy è sicuro che la persona giusta per farlo è lei.