L'onda del rapporto tra criminalità organizzata e mondo della politica si abbatte sul governo slovacco, che dopo le dimissioni del ministro dell'Interno, Robert Kalinak, ha visto cadere il premier, Robert Fico.
E' così che Jan Kuciak, il reporter investigativo ucciso insieme con la fidanzata Martina Kusnirov lo scorso febbraio, comincia a ottenere una vendetta postuma. Tra il 9 e il 14 marzo sono stati decine di migliaia gli slovacchi scesi in piazza per chiedere chiarezza al governo, i cui legami sospetti con elementi della ndrangheta calabrese emigrati nel Paese erano stati indagati dal reporter ucciso.
Il domino delle dimissioni
A spingere Fico verso la cacciata di Kalinak era stato il partner della coalizione di governo, il partito Most-Hid, che aveva minacciato il premier di abbandono della coalizione se il ministro dell'Interno non fosse stato rimosso dall'incarico. Poi è arrivato il turno di Fico, che prima non si era accorto di avere come ministro dell'Interno un signore che sapeva dell'informativa su Antonino Vadalà, l'imprenditore calabrese arrestato per traffico di droga e sul quale Kuciak aveva fatto degli approfondimenti, e dopo aveva perfino litigato con il presidente della Repubblica, Andrej Kiska, che chiedeva un rimpasto di governo o elezioni anticipate.
Il premier aveva reagito parlando di "complotto per destabilizzare il Paese" e tirato in ballo l'onnipresente delle fake news: George Soros. La principale pista investigativa nell'inchiesta sulla morte del giornalista porta a Bova Marina, in provincia di Reggio Calabria, da dove diversi elementi legati alla ndrangheta partirono anni fa alla volta dell'est d'Europa e finirono per avere collegamenti cruciali nella politica e nelle istituzioni di Bratislava.
Il faccendiere e la bella imprenditrice
Il quadro di questo intreccio è stato fatto di recente da uno dei giornali più importanti della Repubblica slovacca, lo 'spectator.sme', che insieme a 'aktuality.sk' (il giornale per cui scriveva il reporter ucciso), riprende il filone sul quale Kuciak lavorava, ovvero il legame tra Antonino Vadalà, imprenditore, tra le altre attività, nel settore del fotovoltaico, Maria Troskova, primo consigliere di Stato di Fico.
Tutto comincia nel 2011, quando, scrivono lo Sme e 'aktuality.sk', la bella Maria Troskova incontra Antonio Vadalà, che con lui fonda un'azienda impegnata a far profitti nel settore del fotovoltaico. Jan, ha scritto su Politico Tom Nicholson, che con Kuciak aveva lavorato, "fece progressi importanti su una storia che aveva a che fare con il trasferimento illegale di fondi strutturali europei a italiani residenti in Slovacchia, i cui legami con la 'Ndrangheta erano provati" e il cui capo "esortava a votare per lo Smer", il partito di governo in Slovacchia.
"Il nome di Vadalà - scrive lo Sme - compare nel registro commerciale legato a 32 aziende, dieci delle quali operano nel fotovoltaico. Un uomo con lo stesso cognome e la stessa data di nascita compare in un mandato di cattura della polizia italiana, e nell'ordinanza di un tribunale si afferma che la 'ndrangheta collaborava con Vadalà nel trasporto merci". Maria Troskova lascia l'azienda fondata con Vadalà nel giugno del 2012; Vadalà la lascia nel 2015, e l'azienda passa nelle mani di Pietro Catroppa, che nel 2016 diventerà titolare della Prodest insieme con Viliam Jasan, ex parlamentare dello Smer e oggi del Consiglio per la sicurezza dello Stato nel governo guidato da Fico.
Tutte le bizzarrie che nessuno sa spiegare
La Prodest è stata monitorata dai servizi segreti slovacchi lo scorso anno per ordine del tribunale di Bratislava, ma il motivo per cui ciò è stato fatto è indicato come riservato nel documento giudiziario. E' con Jasan che Troskova entra nel mondo della politica, come sua assistente. Jasan non ha mai spiegato perché la prese nello staff. "Me la raccomandarono un mio ex assistente e un amico", si limitò a spiegare Jasan, che secondo il quotidiano 'Plus Jeden Den', è legato a Vadalà.
Neanche Robert Fico ha mai spiegato perché prese come sua consigliere Maria Troskova. Sia Jasan che Troskova hanno lasciato i rispettivi incarichi in seguito le proteste per l'assassinio di Kuciak. mentre la Commissione europea ha inviato una lettera alle autorità della Slovacchia per chiedere informazioni sull'utilizzo dei fondi dell'UE. Nel corso delle indagini sono stati arrestati e poi rilasciati sette italiani, ma per Vadalà sono di nuovo scattate le manette di recente nel corso di un'altra inchiesta, nata in Italia, a Venezia.
Vadalà, secondo la ricostruzione fornita dalle indagini, organizzava i traffici e le coperture economiche per far entrare cocaina in Italia nascosta in carichi di frutta, banane e manioca. Il suo compito era quello di fornire risorse e fatture false per giustificare le spedizioni di frutta. Secondo fonti investigative i reati di cui ora si è macchiato - associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio e autoriciclaggio - consentono l'estradizione, ma si tratta di valutazioni e decisioni che spettano alla magistratura slovacca.