La Russia prende in mano l'iniziativa per trovare una soluzione al conflitto nel Nord-Est della Siria. Sul terreno i combattenti curdi oppongono una dura resistenza alle forze turche e ai loro alleati a Ras al Ain mentre la coalizione internazionale anti-jihadista guidata dagli Stati Uniti ha abbandonato la città di Manbij, occupata lunedì sera dalle forze militari di Damasco e assediata dalle milizie alleate da Ankara.
Ritirati i militari, il presidente Usa, Donald Trump, ora minaccia la Turchia con le sanzioni e invia il suo vice, Mike Pence, ad Ankara per negoziare con i vertici turchi. Nel tentativo di togliere ossigeno alla sua azione militare, nelle ultime ore anche Londra (dopo Germania, Francia, Olanda) ha sospeso l'export di armi.
Quanto all'Italia, il capo della Farnesina, Luigi Di Maio, ha aggiornato il Parlamento: ha ripetuto la pesante condanna dell'offensiva, definita "ingiustificabile", ha ringraziato i curdi per la loro lotta contro l'Isis e ha annunciato "l'apertura di un'istruttoria per i contratti in essere sugli armamenti alla Turchia, confermando che "nelle prossime ore" formalizzerà "il blocco delle esportazioni future di armi verso Ankara". Il premier, Giuseppe Conte, ha anticipato che chiamerà Recep Tayyp Erdogan: "Tutta la comunità internazionale deve essere sensibilizzata a lavorare nella medesima direzione: questa iniziativa militare decisa unilateralmente deve cessare".
Il Cremlino assicura che non permetterà "alcuno scontro tra Turchia e Siria e schiera i militari russi lungo la 'linea di contatto' tra le forze siriane e turche. Mosca assicura anche che la Turchia è in contatto "in tempo reale" con Damasco, attraverso i rispetti ministeri della Difesa, i servizi di intelligence e i ministeri degli Esteri.
Gli Usa provano invece a fermare Erdogan con le sanzioni: misure contro tre ministri di Ankara e dazi reintrodotti sull'acciaio turco, con Trump che in una telefonata al collega turco ha chiesto "un immediato cessate il fuoco". Ma Erdogan fa orecchie da mercante: secondo il 'sultano', sono già stati liberati mille chilometri di territorio e l'operazione militare turca continuerà fino a quando "non avrà raggiunto i suoi obiettivi". Comunque, assicura il suo vice Fuat Oktay, la Turchia non si farà spaventare dalla minaccia: "Se ci vogliano sanzionare lo facciano pure, siamo decisi a ripulire il nostro confine dai terroristi e andremo avanti".
Intanto i membri europei del consiglio di sicurezza dell'Onu hanno chiesto una nuova riunione a porte chiuse su sull'offensiva militare turca, che si terrà mercoledì. Del resto la situazione sul terreno è disperata. Si sono interrotti completamente gli aiuti umanitarie e lo staff internazionale delle Ong è stato costretto a lasciare la zona. Anche il personale internazionale dell'Ong italiana Un Ponte Per, fino a ieri unica Ong italiana presente nel Nord-Est della Siria, ha abbandonato l'area. Secondo i curdi, gli sfollati sono oltre 275 mila, e tra di loro ci sono anche più di 70 mila bambini.