A due anni dall’ingresso della Russia nella guerra in Siria (30 settembre 2015), a fianco dell’esercito del presidente Bashar al-Assad, la narrativa del Cremlino sulle sue operazioni militari è costellata di successi, poche sconfitte e soprattutto un numero limitato di perdite di vite umane. C’è, però, un gruppo di giovani attivisti ed esperti russi di IT, che ha un’altra versione della storia, basata su un assiduo lavoro di fact-checking, incentrato esclusivamente sull’utilizzo di open sources.
Un team nato intorno a una foto
Si tratta del Conflict Intelligence Team (Cit), composto da sei ‘investigatori-attivisti civili’, che hanno unito le loro forze nel 2014 per scambiarsi informazioni e verificare quanto il governo russo raccontava, allora, sull’appena esploso conflitto in Ucraina dell’Est. “Siamo stati noi a trovare, sui social, una foto che provava che il ministro della Difesa, Serghei Shoigu, a febbraio 2015, si era recato in visita in ospedale a Mosca da un soldato russo, Yevgeny Usov, che era rimasto ferito nella battaglia di Debaltsevo (lo snodo ferroviario conquistato dai filo-russi nel 2015, dopo violenti scontri con l’esercito di Kiev) e gli aveva regalato un orologio commemorativo”, racconta via Skype all’Agi il blogger Ruslan Leviev, 30 anni, e anima del Cit.
“Si è trattato della prova indiretta che in Donbass non sono presenti semplici gruppi di volontari russi, come sostiene il Cremlino, e che l’escalation del conflitto in Ucraina e l’attacco a Debaltsevo è stata presa dai più alti vertici di Stato”. Il giorno dopo che il Cit ha pubblicato il materiale su Shoigu, - mai commentato dal ministero della Difesa - Ruslan è stato attaccato dal famigerato gruppo hacker Fancy Bear, considerato legato al Cremlino, e che ha pubblicato in Rete tutti i suoi dati personali: numero di telefono, numero di passaporto, indirizzo di casa. Non si tratta di una cosa da niente. Quello di cui si occupa il gruppo di debunker rientra nei segreti di Stato, un concetto ampliato due anni fa dal presidente Vladimir Putin e in cui ora rientrano anche le perdite di vite umane non solo in tempo di guerra, ma anche in tempo di pace durante lo svolgimento di operazioni speciali. Uno stratagemma, per alcuni analisti, con cui il Cremlino vorrebbe nascondere l’impegno di suoi militari a fianco dei separatisti filorussi in Ucraina dell’est.
Da Navalny al fact-checking, passando per le minacce di morte
Per ora Ruslan non pensa di emigrare perché, dice, “il mio lavoro d’indagine perderebbe autorevolezza se lo facessi dall’estero”. Vive a Mosca e ha un passato da attivista civile nello staff dell’oppositore Aleksei Navalny, dove si è occupato di corruzione. Le autorità accusano lui e i suoi colleghi del Cit di essere “un gruppo di ucraini, che non può essere ritenuto affidabile”. “Sanno benissimo che ci troviamo in Russia, io personalmente vivo a pochi chilometri dal ministero della Difesa, ma quando non possono evitare di commentare le nostre inchieste, allora ci screditano, è il loro metodo”, racconta il ragazzo, che conosce di persona solo uno dei suoi collaboratori, Kirill Mikhailov, l’unico a vivere veramente all’estero: è emigrato a Kiev, nel 2014, dopo essere finito sotto pressione di Mosca per il suo impegno politico. Con gli altri ha contatti solo di lavoro e online.
Per questioni di sicurezza, meglio sapere poco uno dell’altro e basarsi solo sulla qualità del lavoro di ciascuno. Le loro indagini sono finanziate dal grant di un fondo estero, di cui Ruslan preferisce non rivelare il nome, ed è suppurato dal gruppo di giornalismo investigativo internazionale Bellingcat, lo stesso - per intenderci - che ha consegnato diverso materiale sulle responsabilità russe, agli inquirenti che lavorano sul caso del volo MH17 della Malaysia Airlines, abbattuto il 17 luglio 2014 sui cieli del Donbass.
Il passo dal'Ucraina alla Siria è stato breve
Il passo dal debunking sull’Ucraina, a quello sulle operazioni in Siria è breve. Il Cit è tra i primi a denunciare lo spostamento di truppe russe nel paese mediorientale, a inizio settembre 2015, e viene subito attaccato dai media ufficiali russi, che lo accusano di mentire. A fine mese, poi, Mosca ufficializza il suo ingresso nel conflitto siriano. “Il nostro contingente militare sembra essersi materializzato lì nel giro di sole 24 ore!”, fa notare con sarcasmo Ruslan. Ma “la guerra in Siria è molto più complessa di quella in Ucraina: - continua Ruslan - ci sono una pletora di fazioni, non è chiaro chi sia estremista, chi moderato e gli schieramenti cambiano spesso. Non è facile, per esempio, individuare le responsabilità precise di chi attacca obiettivi civili”.
Di una cosa è certo il Cit: Mosca mente sulla presenza di russi in Siria e sul numero delle perdite umane. Ci sono centinaia di mercenari sul campo e le perdite tra le loro fila e quelle dell’esercito regolare non corrispondono ai dati ufficiali. “Abbiamo iniziato a occuparci dei morti russi in Siria, solo a inizio 2017. - spiega Ruslan - Dopo la presa di Aleppo, nonostante il tono trionfante dei media filo-Cremlino, è aumentata la frequenza dei post, soprattutto su Vkontakte, con parola chiave ‘ucciso in Siria’”. Secondo il Cit, durante la prima parte della guerra russa in Siria, le perdite sono state basse perché il target erano i ribelli moderati e non l’Isis. “Dopo che i terroristi hanno ripreso Palmira, nel dicembre 2016, con la conseguente controffensiva di Mosca e Damasco, il numero di perdite è cresciuto rapidamente, a causa del massiccio uso di attacchi suicida dell’Isis, con cui non si è mai potuto siglare una tregua”.
La versione ufficiale di Mosca e il misterioso gruppo 'Wagner'
A subire le perdite maggiori, secondo Ruslan, è il fronte dei mercenari russi, che combattono sul campo a fianco dei militari di Assad e delle forze speciali di Mosca. “Ufficialmente la Russia in Siria impiega solo la sua aviazione, ma sul campo invece sono presenti almeno 700 mercenari del misterioso ‘gruppo Wagner’. - riferisce il blogger - Si tratta di una compagnia militare privata, di cui la Russia non può ammettere l’esistenza perché la legge ancora ne vieta l’operato. Sui social, troviamo molte informazioni su questi contractor uccisi: foto postate dai parenti, messaggi di amici; poi ci rechiamo sui luoghi dove sono sepolti, verifichiamo le informazioni con testimonianze oculari”. Secondo il Cit, in due anni di guerra, sono morti tra i 300 e i 400 mercenari, di cui però non viene data notizia ufficiale. I dati di Mosca parlano finora di 37 soldati russi morti in Siria, ma anche qui le stime del Cit sono più alte: intorno ai 60-70. “Per il Cremlino è importante far passare l’idea che le perdite umane sono limitate, perché questo conferma che l’operazione siriana è un successo; il governo, inoltre, non può ammettere che sia coi ‘boot on the ground’ visto che ha sempre assicurato di appoggiare Assad solo via aerea”, fa notare Ruslan.
Ma come sta andando veramente per Mosca in Siria?
Per il giovane blogger, il bilancio di questi due anni d’impegno russo in Siria non può rientrare nelle categorie di ‘positivo o negativo’: “C’è l’aspetto dell’addestramento dell’esercito e dei test di nuove armi e tecnologie, che sicuramente è un successo; ma poi c’è da considerare le conseguenze dell’immagine del Paese, che schierandosi apertamente con Assad ha cambiato anche la sua posizione nel mondo arabo, e poi le perdite di vite umane, non solo soldati e contractor, ma anche civili. Non dimentichiamo l’attentato al volo russo sui cieli del Sinai (224 vittime), le bombe alla metro di San Pietroburgo (14 morti). E non dimentichiamo neppure che se anche le ostilità finissero presto, per consolidare quanto ottenuto, Mosca non potrà lasciare la Siria almeno per i prossimi 10 anni”.