Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, non ha alcuna intenzione di cedere. Vuole portare fino in fondo la sua guerra contro i curdi della Siria nord-orientale. Nonostante i tentativi di mediazione avanzati dai pesi massimi della diplomazia globale. Il presidente russo, Vladimir Putin, lo ha chiamato al telefono e lo ha invitato a Mosca per discuterne di persona. Il presidente americano, Donald Trump, gli ha inviato emissari di primo ordine, i due Mike, Pence (il vice presidente che doveva incontrarlo domani ad Ankara) e Pompeo, il segretario di Stato, deus ex machina della politica estera di Washington.
Intanto i rapporti con l'Europa continuano a incrinarsi. L'Eastwest forum, il summit economico Italia-Turchia, è stato rinviato con ogni probabilità per le tensioni causate dall'operazione militare. Per il commissario Ue agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos, la Turchia "rimane un partner chiave quando si tratta della gestione delle migrazioni".
Finora ogni tentativo di mediazione è caduto nel vuoto. Erdogan chiude ogni porta. Domani non incontrerà Pence e Pompeo, ha fatto sapere. E potrebbe annullare anche la sua visita alla Casa Bianca, in agenda per il 13 novembre. "Alcuni leader stanno cercando di mediare. Non eèmai successo nella storia della repubblica turca che lo Stato si sia seduto allo stesso tavolo con un'organizzazione terroristica", ha dichiarato in un discorso al Parlamento. E sul tavolo ha messo la sua unica proposta. "I combattenti curdi, terroristi, devono lasciare le armi, abbandonare le zone di confine e l'offensiva finirà".
Altre strade per Ankara non sembrano percorribili. La Russia insiste per la tutela di Damasco: le forze militari siriane e turche devono studiare una "cooperazione concreta", sulla base dell'accordo di Adana, un patto di sicurezza che risale al 1998, il quale impone a Damasco di cessare di ospitare i leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), il gruppo curdo che da decenni combatte contro il governo turco per ottenere l'indipendenza, anche attraverso una lotta armata. La proposta porta la firma del ministro degli Esteri, Serghei Lavrov.
Sul campo di battaglia, Ankara continua ad aggiornare il bilancio dei miliziani curdi neutralizzati, arrivato a 637 "senza vittime civili". Cifre che non tornano per l'Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui sono almeno 71 i civili uccisi, tra cui 21 bambini. Gli sfollati sono oltre 300 mila. L'esercito di Damasco, nel frattempo, rivendica il controllo delle basi nel Nord-Est abbandonate dagli americani.