Quello della Siria è uno scacchiere in continua trasformazione. Da quando è scoppiata la guerra, il 15 marzo 2011, alleanze e rotture, sia militari che politiche, si sono alternate tra le forze in campo e le potenze che le sostengono.
Nella partita, oltre al regime di Damasco guidato da Bashar Al Assad e i vari ribelli (curdi, jihadisti, Esercito libero), ci sono i grandi portatori di interesse: dalla Russia agli Stati Uniti, passando per Turchia, Arabia Saudita, Iran e Israele. E gli sviluppi più recenti, con Ankara che invade l'enclave curda Afrin e l'esercito siriano che la difende, sembra delinearsi un nuovo scenario che contrappone Ankara e Mosca.
Oggi Assad controlla il 65 per cento del territorio e circa l'80 per cento della popolazione. I curdi comandano invece l'area a nord-est che comprende Raqqa e Kobane, ex roccaforti del sedicente Stato islamico che ora controlla solo piccole aree nel centro del Paese. A sud il regime sta portando avanti una carneficina per riprendersi l'area di Ghouta est, sotto assedio dal 2013 e in mano ai ribelli sunniti appoggiati dall'Arabia Saudita.
L'esercito di Assad
Il regime di Damasco ha subito gravi perdite nei sette anni di guerra. Ha rischiato la sconfitta in almeno due occasioni: nel 2013 e 2015. Solo grazie all'intervento della Russia è riuscito a riprendersi una importante fetta del territorio che aveva perso. L'esercito di Assad prima delle rivolte innescate con la "primavera araba" poteva contare su 300mila uomini, durante la guerra ne ha persi oltre la metà, tra i caduti in battaglia e quelli che hanno deciso di unirsi ai ribelli. I successi più grandi dei militari governativi sono rappresentati dalla riconquista di Damasco, Aleppo, Homs e Lattakia.
Le forze filo-governative
A sostenere l'esercito di Assad negli anni si sono formate nuove forze militari. In totale hanno portato sul terreno tra i 150mila e i 200mila combattenti. Di questi, circa 90mila appartengono alla Forza nazionale di difesa.
Hezbollah
Il braccio armato libanese è uno dei principali sostenitori di Damasco. In campo ci sono tra i 5mila e gli 8mila combattenti. In Siria ci sono anche milizie irachene e afghane, tra i 30 e i 40mila uomini addestrati dai Pasdaran iraniani.
Iran
Teheran e' il primo alleato del regime siriano. Negli anni non solo ha fornito migliaia di combattenti dei Guardiani della rivoluzione a supporto di Damasco ma ha dato anche un prezioso sostegno economico e logistico. Quella in Siria è stata soprattutto una guerra per procura tra l'Iran, dottrina sciita, e il principale rivale nell'area, l'Arabia Saudita, che ha appoggiato in tutto e per tutto le fazioni sunnite, compresi alcuni gruppi di jihadisti.
Russia
Senza Mosca Assad avrebbe perso la guerra almeno tre anni fa. L'intervento del presidente russo Vladimir Putin, attraverso i bombardamenti a partire dal settembre 2015, è stato decisivo. Un'iniziativa che ha assicurato alla Russia il controllo effettivo di tutti i territori recuperati, vincendo non solo il duello diretto con gli Stati Uniti ma anche la partita delle coalizioni: ne esce vincitrice quella formata appunto con l'Iran, ai danni di Usa, Arabia Saudita e, in parte, la Turchia.
Turchia
La preoccupazione principale di Ankara è rappresentata dai curdi delle Unità di difesa del popolo (Ypg) che sono riusciti a cacciare l'Isis dai territori del nord e a controllare l'area a nord della Siria. La Turchia continua a rivendicare parti delle province settentrionali. Dal 20 gennaio è in corso una sua offensiva sulla città di Afrin nel nord-ovest. Martedì scorso sono intervenute forze filo-Assad in appoggio ai curdi dell'Ypg. Un'azione che mette a dura prova la relazione già difficile tra il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e l'omologo russo Putin.
Curdi
I combattenti curdi controllano l'area settentrionale della Siria, con i turchi che rivendicano parte delle province di Raqqa, Aleppo, Idlib e Hasakah. L'obiettivo è creare la regione autonoma curda, in stile Kurdistan iracheno, che comprende anche Afrin. I combattenti dell'Ypg godono dell'appoggio degli Stati Uniti dai tempi della guerra allo Stato islamico. Un appoggio però che crea non pochi attriti con la Turchia, membro alleato della Nato.