L'intesa tra Mosca e Ankara trovata a Sochi tra il presidente russo Vladimir Putin e il collega turco Recep Tayyip Erdogan ha sancito pochi giorni fa l'uscita di scena dal nord est della Siria degli americani e dei curdi siriani delle milizie Ypg. Questi ultimi costituiscono la stragrande maggioranza delle Forze Democratiche siriane (Fds), decisive per decretare la fine di Abu Bakr Al Baghdadi.
Meno di una settimana fa, l'ennesimo capitolo della guerra in Siria si concludeva con una vittoria della Russia e del regime di Damasco, che prendevano il controllo dı un territorio fino a pochi giorni prima in mano a curdi e americani. Una sconfitta sul campo che ora il binomio marines-Ypg ribalta con la vittoria di un'altra guerra: la guerra all'Isis. La morte di Al Baghdadi riporta infatti in primo piano la ragion d'essere dell'alleanza tra curdi e americani, unitisi nella lotta al califfato e consolidatasi con le vittorie ottenute a Kobane, Tel Abyad, Mosul e Raqqa, ma soprattutto con la vittoria ottenuta domenica.
Erdogan l'equilibrista
Da un lato Mosca-Damasco, dall'altro Washington-Ypg, con Erdogan che continua a giocare su entrambi i tavoli. Il presidente turco ha chiuso e mai riaperto i canali con Damasco e ritiene Ypg un'organizzazione terroristica tout court, tuttavia vanta recenti intese sia con il presidente americano Donald Trump che con Putin. Con il primo Erdogan ha trovato l'intesa per una tregua che lo scorso 17 ottobre ha posto fine all'offensiva militare turca in Siria. Con il secondo, cinque giorni dopo, è stato trovato un accordo sulla gestione della safe zone, che ha sostanzialmente posto le basi per il ritorno del presidente siriano Bashar el Assad nella regione. L'ennesimo pezzo di Siria che Putin ha riportato nelle mani di Damasco.
Torna il sereno tra Trump e il presidente turco
Se tra Putin ed Erdogan i rapporti sono idilliaci e le intese sulla Siria molteplici, ottime sono tornate anche le relazioni tra Erdogan e Trump. Appena un anno fa la lira turca era stata infatti messa in ginocchio da sanzioni americane peraltro poco più che simboliche, ma l'intero sistema economico di Ankara è finito sull'orlo del collasso ogni volta che Trump tuonava via Twıtter. Stessa cosa accaduta all'inizio dell'offensiva turca, quando le ripetute minacce della Casa Bianca di "distruggere l'economia turca" hanno fatto vacillare la lenta ripresa della moneta di Ankara.
L'accordo sulla tregua di 5 giorni per consentire il ritiro dei miliziani curdi ha riportato il sereno tra Trump ed Erdogan, conclusasi tra l'altro con l'abolizione delle sanzioni in vigore e il via libera di Trump a una safe zone senza Ypg. La morte di Baghdadi è stata salutata con giubilo da Ankara, con Trump che non ha lesinato ringraziamenti alla Turchia, riconoscendone la collaborazione attiva nel decretare la fine del califfo dell'Isis e meriti nel coordinamento con gli Usa e nella apertura dello spazio aereo.
Erdogan in Usa per la safe zone contro Ypg
Parole al miele, che precedono la visita di Erdogan a Washington del prossimo 13 novembre, segno di un'intesa ritrovata anche perché Erdogan ha ottenuto quello che voleva, la sua safe zone contro Ypg. Un progetto annunciato dal presidente turco più di un anno fa e tenuto in naftalina in attesa del ritiro americano dal nord della Siria. Erdogan e Trump hanno trovato il punto di intesa nella necessità di guadagnare consenso presso il proprio elettorato e quanto avvenuto dal ritiro americano dal nord est Siria a oggi, vale a dire negli ultimi 20 giorni, garantisce a entrambi una vittoria importante sul fronte interno.
Erdogan ha eliminato la minaccia curda separatista che incombeva al confine, argomento sempre di grande presa in Turchia, garantendosi un grande ritorno in termine di immagine e di voti. Ossigeno puro per il partito del presidente, dato ai minimi storici dopo le sconfitte ad Ankara e Istanbul. Per completare il proprio personale trionfo, Erdogan è deciso ora a realizzare il ricollocamento di "1 o 2 milioni di siriani" nella safe zone.
Al via il disimpegno dalla Siria
Un progetto enorme, rispetto al quale Trump ha dato il via libera con il graduale disimpegno dalla Siria. Un disimpegno che consente al presidente americano di porre fine a una di quelle "guerre senza fine", in cui gli Usa sono impantanati da anni e che così "smetterà finalmente di pesare sui contribuenti americani", per dirla con le parole dello stesso Trump. Un disimpegno che arriva dopo aver decapitato la testa dell'Isis, fatto saltare le basi di una qualsiasi rinascita del califfato e poter rivendicare dinanzi agli elettori americani la vittoria sul terrorismo islamico che ha tenuto per anni in scacco l'Occidente.
Trump rilancia l'immagine dei curdi
Con la morte dì Al Baghdadi e il riconoscimento del ruolo centrale dei curdi Ypg, il presidente americano rilancia l'immagine e il peso di questi ultimi, li lascia al tavolo delle trattative della nuova Siria con il trofeo più prestigioso: la testa di Al Baghdadi e la sconfitta del terrorismo. Un trofeo che però potrebbe avere più valore con l'elettorato americano che dinanzi al regime di Damasco e che difficilmente influirà sul destino di Ypg, con la Russia decisa a rimettere l'intera Siria in mano ad Assad e i curdi che continueranno a sognare uno stato autonomo, rimanendo per sempre "quelli che hanno sconfitto l'Isis".