Si intensifica l’azione delle forze di polizia per la liberazione di Silvia Romano, rapita in Kenya nel villaggio di Chakama, nella contea di Kifili, il 20 novembre. Nei giorni scorsi sono state effettuate numerose retate nei villaggi di Chira e Bilisa, a nord di Malindi, zona a sud del Tana River, dove si ritiene sia tenuta ostaggio la ragazza.
Nell’operazione sono state arrestate decine di persone e i capi dei villaggi sono stati convocati dalla polizia che continua raffiche di interrogatori per raccogliere più informazioni possibili. Le convocazioni, con molta probabilità, si sono rese necessaria perché l’appello lanciato dagli anziani della comunità semi-nomade di pastori Orma a "non aiutare i rapitori", potrebbe essere caduto nel vuoto.
Chiuse le vie di fuga verso la Somalia
L’azione della polizia si è resa necessaria anche per scongiurare il rischio che i rapitori possano raggiungere la Somalia e cedere la ragazza agli Shebaab, gli integralisti islamici somali, che infestano l’area a nord del fiume Tana. Le forze di sicurezza hanno chiuso tutte le vie di fuga verso la famigerata foresta di Boni, nell’asse viaria che collega Garsen - cittadina nella quale alcuni testimoni avrebbero visto Silvia viva con i suoi rapitori in un’abitazione – alla città di Lamu al confine con la Somalia.
Per raggiungere il Paese occorre attraversare il fiume, ma le autorità ne hanno anche vietato la navigazione e l’attraversamento. Nessuno può percorrerlo se non dopo esser stato sottoposto ad accurati controlli. Le perquisizioni vengono effettuate anche a chiunque attraversi il corso d'acqua passando per il ponte vicino al villaggio Garsen (luogo che ricorre spesso nelle ricostruzioni del rapimento fatte dagli inquirenti).