Il processo a due degli 8 componenti la banda che ha sequestrato Silvia Romano il 20 novembre 2018 a Chakama, villaggio a 80 chilometri da Malindi, in Kenya, è stato rinviato a fine agosto agosto. Davanti alla Corte di Malindi sono comparsi Gababa Wariu e Moses Lwari Chende. I due sono rei confessi.
Durante le udienze del 29 e 30 luglio sono stati ascoltati diversi testimoni e in particolare colui che ha venduto le moto usate per il sequestro della giovane volontaria italiana. L’uomo, durante l’udienza di ieri, ha riconosciuto in Moses Lwari Chende l’acquirente delle motociclette e i giudici ritengono che sia, appunto, il basista del sequestro. Il venditore, inoltre, ha detto durante il processo che l’uomo, al momento dell’acquisto, era accompagnato da altre tre persone.
Il venditore ha prodotto agli atti la ricevuta della vendita delle moto. L’altro imputato, Gababa Wariu, invece non è stato riconosciuto. Chende, inoltre, appartiene ad un’etnia della costa di Malindi, quindi originario del villaggio dove si è consumato il sequestro. Moses Lwari Chende è libero su cauzione.
La prima udienza del processo si è tenuta, in maniera inaspettata, proprio nel villaggio di Chakama in un’aula, allestita a tribunale, della scuola elementare del villaggio, proprio perché i magistrati avevano l’esigenza di sentire più testimoni possibili, molti dei quali non avevano i mezzi per potersi recare a Malindi e tanto meno a Nairobi.
I due accusati hanno già ammesso le loro responsabilità e in parte hanno collaborato con le autorità keniane, rivelando informazioni ritenute credibili e cioè che Silvia Romano fosse viva fino a dopo Natale e che sia stata ceduta ad un'altra banda criminale. Non si sa nulla di più. Di certo, secondo le ultime informazioni, le indagini e le ricerche hanno preso un nuovo slancio, che si seguono ipotesi investigative precise, ma quali siano queste non è dato saperlo.
Gli investigatori, sul punto, mantengono il riserbo proprio per evitare che queste ipotesi possano venire compromesse. C'è però un fatto rilevante, e cioè che proseguono le ricerche, le attività di intelligence fervono. Questo significa che le autorità italiane, i carabinieri dei Ros e i servizi segreti italiani, in concerto con le autorità del Kenya, non solo indagano ma lo fanno avendo in mente una direzione, probabilmente precisa.
I carabinieri del Ros, così come concordato durante il vertice di Roma del 12 luglio, torneranno, infatti, a Nairobi. La nuova missione ha lo scopo di acquisire nuovo materiale probatorio raccolto dalle autorità locali, che sono al lavoro per catturare cinque degli otto elementi della banda di sequestratori - due sono sotto processo, un terzo elemento fermato dalla polizia, e cioè un cittadino somalo di 35 anni, trovato in possesso di una delle armi utilizzate in quel blitz in cui rimasero feriti anche due minori, ha ammesso le sue responsabilità - ma, soprattutto, per continuare a indagare, investigare e cercare possibili nascondigli dove Silvia è privata della libertà.
Dopo le iniziali difficoltà di cooperazione tra autorità italiane e keniane, il vertice ha definito una piena collaborazione per arrivare a una soluzione positiva della vicenda del sequestro della giovane italiana e lo scambio di informazioni avvenuto in quella occasione ha dato nuovo slancio alle indagini.