Non si fermano gli sforzi per ritrovare e riportare in Italia Silvia Romano, rapita in Kenya nel villaggio di Chakama il 20 novembre 2018. Ad assicurarlo è la polizia keniana. Sequestro arrivato al quarantaseiesimo giorno. L’ispettore generale della polizia, Joseph Boinnat, nel corso di una conferenza stampa organizzata in occasione dell’inizio del secondo mese di ricerche, ha spiegato che “sono stati fatti arresti”, ma ha aggiunto che le persone fermate non hanno fornito alcuna informazione-chiave.
Notizie contraddittorie
“Le ricerche vanno avanti – ha assicurato – e non lasceremo nulla di intentato fino a quando non la ritroveremo”. Da queste affermazioni risulta evidente che le autorità keniane non hanno nessuna informazione “cruciale” che possa portare a una soluzione “rapida” del rapimento.
Informazioni, tuttavia, che collidono con quelle fatte dal capo della polizia della contea di Kifili, dove è stata sequestrata la giovane italiana, Fredrick Ochieng, solo quattro giorni fa: “Tre sospetti chiave stanno collaborando con la polizia nelle indagini. Crediamo e abbiamo la speranza che (Silvia) sia in Kenya e che sia viva”. Non solo. Ochieng ha anche aggiunto che il “dispositivo di ricerca rimane attivo nelle contee di Tana River e Lamu, dove crediamo possano nascondersi i rapitori”.
Silvia Romano (Facebook)
Oltre 100 arresti, nessuna verità
Da quando è iniziata l’inchiesta, sono state arrestate oltre un centinaio di persone nelle contee di Tana River e di Kifili e il 9 dicembre scorso è stato arrestato uno dei tre rapitori, Ibrahim Adan Omar, nel villaggio di Bangale.
Al lavoro c’è una forza congiunta composta da uomini della Polizia Nazionale e dell’esercito, responsabile anche della sicurezza al confine “in modo che i sospetti non possano fuggire in altri paesi”. Eventualità che fino a qualche giorno fa era stata fermamente negata dalle autorità keniane, che avevano assicurato di aver sigillato ogni via di fuga verso le zone dove sono operativi i terroristi somali di Al Shabaab e verso la Somalia.
Evidentemente ciò non è avvenuto, visto che le ricerche si sono estese nell’area di Lamu, nella famigerata foresta di Boni, a nord del fiume Tana, dove i rapitori potrebbero “vendere” la cooperante italiana ai terroristi. Fino a pochi giorni fa si riteneva che Silvia fosse tenuta nell’area del Tana River, a sud del fiume. Non è un fatto di poco conto.
Altra notizia che fa pensare che la polizia non sappia esattamente cosa fare è che l’ispettore generale della polizia Boinnat, ha rinnovato l’appello alla popolazione perché collabori nelle indagini e sono stati organizzati incontri con la popolazione del Tana Delta per sottolineare questa necessità.
Senza cibo né acqua?
Cinque giorni fa il comandante della polizia della Contea del Tana River, Patrick Okeri, aveva detto che le forze di polizia stavano seguendo le tracce della giovane volontaria, spiegando che “nessuno cammina a lungo nella boscaglia senza aiuto per acqua e cibo”. Aiuto che c’è stato e continua a esserci.
Secondo quanto riferisce l’agenzia Kenya News Agency (Kna), le autorità avrebbero imposto una sorta di “coprifuoco notturno nella sotto contea del Tana Delta e anche se il governo non lo abbia dichiarato ufficialmente, entrate e uscite nell’area sono consentite solo fino alle sette di sera”. Un modo, questo, secondo l’agenza Kna, per indurre la popolazione a collaborare. Secondo le autorità i rapitori sarebbero originari proprio di quella regione.