Sui muri dell'Italia fascista spiccavano manifesti il cui slogan minatorio - "taci: il nemico ti ascolta" - invitava a non parlare troppo in luoghi in cui potevano essere in ascolto orecchie indicrete. Oggi il problema non è solo parlare troppo: scattarsi un selfie e postarlo, significa rivelare non solo cosa si sta facendo, ma anche dove. Un particolare di poca importanza per molte persone, ma non per i soldati, che in questo modo possono svelare al nemico dove si trovano.
La questione non è affatto marginale, tanto che, in nome della sicurezza, il ministero della Difesa russo ha presentato una bozza di legge per vietare ai propri militari di postare immagini e video sui social network. La direttiva - che dovrebbe entrare in vigore nel gennaio 2018, riferisce la Bbc - riguarda i militari professionisti, che possono essere inviati all'estero, e non i soldati di leva.
Un modo per correre ai ripari dopo che già in passato messaggi di questo tipo avevano rivelato la presenza di forze russe dispiegate in Ucraina e Siria. Un problema di sicurezza, certo, ma non solo. Dopo l’annessione russa della Crimea nel marzo 2014 e la rivolta delle regioni russofone nell’est dell’Ucraina, Mosca ha sempre negato le accuse di Kiev e dell’Occidente di aver inviato truppe regolari a sostegno dei ribelli, ammettendo solo la presenza di alcuni ‘volontari’.
Ma nel luglio 2014, la giornalista della Bbc, Myroslava Petsa, ha twittato l’immagine di un post di un soldato russo che orgogliosamente mostrava il trasferimento di missili Grad ai ribelli pro-russi in Ucraina.
Another day,another #Russia's soldier bragging abt attacking #Ukraine. Mikhail Chugunov wrote "With Grads to Ukraine" pic.twitter.com/DKWyGIubXu
— Myroslava Petsa (@myroslavapetsa) 28 luglio 2014
E ancora, in un video su YouTube il giornalista di Vice News, Simon Ostrovsky, ha rivelato come post sui social media gli hanno permesso di confermare il ruolo diretto dei militari russi nei combattimenti nell’Ucraina orientale.
Nell’agosto del 2014 è stata la volta del team investigativo di Bellingcat di provare, grazie ai social media, la morte nella regioni ucraine in rivolta di uomioni del 76esimo reggimento aviotrasportato russo, che però è di stanza a Pskov, nella Russia occidentale.
L’intreccio tra tecnologia, social e cyber sicurezza non riguarda solo i soldati russi. Pochi giorni fa, il Wall Street Journal, ripreso da La Stampa, ha sostenuto che 4mila soldati Nato, dispiegati in Polonia e negli Stati Baltici, sono stati spiati dalla Russia attraverso l’hackeraggio dei loro smartphone. Lo scopo, si sostiene nell’articolo, è quello di ottenere informazioni operative, valutare la concreta forza delle truppe degli Alleati e intimidire i soldati.